25 aprile: festa di tutte le liberazioni

Di PAOLA NAVOTTI

La Festa della Liberazione celebrata il 25 aprile tocca ogni anno le corde della sensibilità civile. Più le circostanze storiche – come quelle attuali – sono minacciate dalla guerra, tanto più questo giorno diventa occasione di memoria: non solo dell’ideologia nazifascista all’origine della Seconda guerra mondiale, ma della follia di ogni ideologia. Cioè di ogni sistema concettuale che si traduca in una politica di violenza, di crudeltà e di persecuzione.
Tutte le guerre, nel loro fondo, nascono da un’ideologia e per questo la Festa della Liberazione è ancora da celebrare: abbiamo bisogno di ricordarci che la libertà è il bene più grande e che qualcuno, sacrificando la vita per difenderla, ha salvato tutti. Come diceva don Chisciotte dalla penna di Cervantes: “I tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono eguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita, quando per lo contrario la schiavitù è il peggio male che possa arrivare agli uomini”.

Sulla carta, questa citazione trova l’assenso di tutti, ma i fatti dicono diversamente. I dati raccolti dal Conflict index 2024 – il rapporto annuale pubblicato dall’Acled (organizzazione non governativa che si occupa di monitorare i conflitti nel mondo) – registrano che nel 2023 i conflitti sono aumentati del 12% rispetto al 2022 e di oltre il 40% rispetto al 2020. Attualmente oltre 50 paesi sono caratterizzati da conflitti definiti “estremi”, tra cui Ucraina, Palestina, Myanmar e Messico. Una persona su sei, mentre scriviamo, vive in un’area in cui vi è un conflitto attivo. Appunto, di tante “liberazioni” abbiamo urgente bisogno.

Per non sottovalutare questa impellente necessità e per mobilitarci sempre contro ogni ideologia – di qualsiasi colore o multicolore – è utile far memoria dei fatti e celebrarli: farli cioè rimanere vivi, “parlanti” a ciascuno di noi. Ciò che accadde nel 1945 testimonia che solo una mobilitazione di popolo può vincere anche la più efferata delle ideologie. E che ciascun componente di tale popolo è un eroe.

Dopo lo sfondamento della Linea Gotica da parte delle forze alleate dei partigiani della Resistenza, il 25 aprile 1945 i soldati tedeschi e quelli della Repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e da Torino. La guerra non era ancora finita (terminerà un paio di settimane più tardi), ma l’inizio della ritirata dei nazifascisti fu considerata l’inizio della vittoria: l’avvio della liberazione da quell’ideologia folle che, dal 1938 al 1945, squartò di orrore il nostro Paese e l’Europa intera.
La guerra terminò qualche settimana più tardi: il 7 maggio, quando a Reims il generale nazista Alfred Jodl firmò l’atto di resa alla presenza del generale Eisenhower e, contestualmente, a tutte le forze tedesche fu inviato l’ordine di cessare il fuoco entro le 23:01 del giorno successivo. L’8 maggio, dunque, è la data che segna la capitolazione incondizionata del regime nazista e la fine della Seconda guerra mondiale. Un anno più tardi, il 22 aprile 1946 – su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi – Re Umberto II decretò che la Festa della Liberazione, ogni 25 aprile, fosse festa nazionale.
La liberazione dalle ideologie – e dalle guerre – è possibile finché ci sarà qualcuno disposto a rischiare tutto per difendere la libertà di tutti.