A cura di Rebecca Conti

 

Negli ultimi anni il mondo della scuola e dei servizi educativi o ludico-ricreativi è stato positivamente invaso da nuovi approcci e strumenti che rientrano nelle cosiddette discipline STEAM(ScienceTechnologyEngineeringArtsMathematics). Come è indicato nell’acronimo, STEAM unisce le discipline scientifiche alle espressioni artistiche, perché in effetti entrambe richiedono un approccio creativo.

Viviamo in un’epoca in cui il digitale è parte sempre più consistente della nostra quotidianità e su questo, a prescindere dall’età, ognuno di noi è chiamato in causa. Il fulcro del mondo digitale è sintetizzato nel coding, termine con il quale si fa riferimento alla programmazione informatica. L’insegnamento del coding è oggi sempre più protagonista anche nelle attività scolastiche ed extrascolastiche, poiché lo si riconosce come un vero e proprio strumento didattico che consente di sviluppare rilevanti abilità: dalla creatività, alla capacità di problem solving (singolarmente e in squadra) e di inclusioni. Da tutto ciò derivano innumerevoli spunti, tutti accomunati da un chiaro fil rouge: quali sono le potenzialità di integrazione che coding, robotica educativa e intelligenza artificiale pongono nei contesti educativi e sociali? Attraverso quali best practice è possibile esplorare come le tecnologie possano essere utilizzate per ridurre il divario sociale e di genere? Gli esempi non mancano.

Se ne è parlato sabato 5 ottobre 2024 a Culturelink, in un incontro dal titolo “Empowering digital inclusion. Coding, robotica educativa e intelligenza artificiale in educazione e nel sociale”. Insieme a Serena Bignamini (Coordinatrice Stripes Digitus Lab) hanno dialogato: Luisa Zecca (Professoressa ordinaria in Didattica e Pedagogia Speciale presso l’Università Milano-Bicocca); Francesco Mondada (Professore di robotica e direttore accademico del centro LEARN del Politecnico di Losanna); Paolo Rossetti (Ingegnere Sistemi Informativi e Gestionali); Alessandra Vitanza (Ricercatrice presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR) e Igor Guida (Direttore scientifico Stripes Digitus Lab e Vicepresidente Stripes coop).

L’evento ha dato a Stripes l’occasione di comunicare l’avvio ufficiale del progetto di Stripes “ZIPtheGAP: Empowering Digital Inclusion” (vincitore del finanziamento di Microsoft Lombardia Community Challenge), che si propone di realizzare diverse attività volte all’insegnamento delle discipline STEAM a minori che si trovano in condizione di svantaggio economico e sociale.

Perchè le discipline STEAM si stanno sempre più rivelando fattori di inclusione, oltre che di valorizzazione dei talenti? Perché si tratta di un apprendimento esperienziale che, come ha sottolineato la prof.ssa Zecca, è il modo in cui si dovrebbe imparare sempre, non solo nell’età dell’infanzia. Imparare a fare cosa? Non a fare coding, per cui servono precise competenze informatiche, ma a porsi dei problemi, a scomporli e ad ipotizzare delle soluzioni. Nei primissimi anni di vita, nei quali non si è ancora capaci di esprimersi con il linguaggio, un robot che si muove autonomamente suggerisce subito una domanda: cosa sta facendo questo oggetto e, soprattutto, come riesce a farlo? Da qui si sviluppano le cosiddette no cognitive skills: tra cui la capacità di stare attenti, di perseverare, di avere pazienza, di riuscire a mettersi d’accordo con gli altri per arrivare ad un giudizio condiviso. È un approccio olistico, in cui le dimensioni cognitive e affettive, matematiche e narrative, sono strettamente connesse.

Anche in Europa, oltre che negli Usa, l’inserimento di dispositivi robotici nei contesti scolastici per l’infanzia ha fatto sviluppare un mercato specifico di robot didattici, in compagnia dei quali i bambini sviluppano la capacità di problem solving. L’esempio più noto è quello del piccolo robot Thymio, riconosciuto come miglior progetto didattico in Europa nel campo degli strumenti digitali. Tymio è stato progettato da Francesco Mondada del Politecnico di Losanna, in collaborazione con l’Università d’arte e design della stessa città ed è stato prodotto da Mobsya, associazione no-profit che si prefigge di offrire percorsi STEAM coinvolgenti per studenti di tutte le età.

Ma come si fa a divulgare tutto ciò nelle scuole? Serve una specifica formazione agli insegnanti che, purtroppo, in Italia ancora non è adeguata, nonostante la ricerca scientifica in ambito pedagogico ne metta continuamente in luce la necessità. Alla diffusione di ciò si sta dedicando, per esempio, “Roteco”, una comunità di insegnanti che aiuta questi ultimi a rimanere aggiornati nel merito e a scambiarsi attività didattiche di robotica educativa pronte per essere utilizzate in classe.

Il robot Tymio è stato anche protagonista di una sperimentazione italiana – del CNR di Roma e dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione – che ha preso le mosse dall’osservazione delle api: visto da lontano, uno sciame di api appare come un unico corpo composto da migliaia di insetti coordinati alla perfezione grazie alla collaborazione tra loro. Come ha sottolineato Alessandra Vitanza, si tratta di una intelligenza collettiva che ha pedagogicamente molto da insegnare: da qui è partita una sperimentazione di “robotica di sciame” che ha coinvolto bambine e bambini tra gli 8 e i 10 a partecipare a delle attività? cooperative sotto forma di ?giochi? robotici. Ogni gioco ha previsto una serie di test basati su problemi decisionali, da risolvere da soli e in gruppo, a seguito dei quali i bambini hanno sperimentato due verità: per raggiungere un obiettivo comune è necessario lavorare in gruppo; si impara di più unendo teoria e pratica,? learning by doing? appunto. Allo stesso tempo, tale lavoro cooperativo ha stimolato la fioritura di diverse modalità di risoluzione dei conflitti all’interno del gruppo, così come molte altre abilità trasversali e anche il coinvolgimento di tutti i partecipanti.

È chiaro, dunque, il nocciolo del problema. Robotica educativa, tecnologie digitali, intelligenza artificiale: tutto ciò riguarda il mondo sociale e dell’educazione, ancor prima del mondo informatico. E proprio per questo, sottolinea Igor Guida, è nato nel 2018 Stripes Digitus Lab: per scoprire e insegnare che protagonista è l’inventore di uno strumento e chi lo sa usare, non è lo strumento in sé (che infatti non si muove né agisce senza input umani).

Anche se l’interesse degli insegnanti verso questi argomenti risulta in crescita, tuttavia continua a registrarsi un certo immobilismo: il tempo dei docenti è sempre troppo pieno per farci stare altro.

Ma non è tutto. I dati Ocse e Eurostat illustrati da Alessandra Vitanza rilevano che, a livello globale, solo il 30% dei laureati in materie STEAM è rappresentato da donne; in Italia, solo il 16% delle donne lavora nel settore delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione, mentre solo il 4% degli uomini sceglie di studiare nel campo pedagogico. Anche da questi ultimi dati, risulta palese la necessità di una formazione diversa, sia in ambito pedagogico, sia su quell’educazione digitale – tra cui la robotica – dalla quale oggi è difficile prescindere: non appena per preparare gli informatici del domani, ma per mettere tutti nella condizione di capire e usare meglio gli strumenti e i talenti che si hanno a disposizione. Tutti, nessuno escluso: non solo i bambini e i giovani, ma ogni componente della popolazione, anche le persone della terza età. È quanto dimostra “Robottiamo”, il kit di giochi robotici progettato dall’ingegner Paolo Rossetti con operatori sanitari, fisioterapisti ed educatori che operano in residenze per anziani. Giocando con piccoli robot – programmati in modo tale da poter variare la difficoltà, per esempio in caso di deficit cognitivi o disabilità – le persone anziane hanno beneficiato di una terapia occupazionale che li ha divertiti e stimolati. Come hanno dimostrato gli studi su 16 ospiti di una Rsa milanese, l’effetto di questa terapia occupazionale è stato pari a quella dei farmaci.

Aveva proprio ragione Isaac Asimov (biochimico e scrittore russo naturalizzato statunitense, tra i più importanti scrittori di fantascienza e ricordato anche per aver teorizzato le leggi fondamentali della robotica): «Se la conoscenza può creare dei problemi, non è con l’ignoranza che possiamo risolverli»[1].

 

[1] Isaac Asimov, Il libro di fisica, Mondadori 1986, p. 13.

Quali sono le potenzialità di integrazione che coding, robotica educativa e intelligenza artificiale pongono nei contesti educativi e sociali?


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