Dare del tu agli ideali (per dare del tu alla politica)

Di MICHELE ROSBOCH
Professore ordinario di Storia del Diritto italiano ed europeo, Università di Torino; Presidente dello Study Center Vasilij Grossman.

 

 Le recenti consultazioni elettorali, sia a livello locale sia a livello nazionale o europeo, hanno evidenziato, fra le altre cose, un preoccupante astensionismo. Molti analisti hanno cercato di spiegare i motivi contingenti o profondi di tale diffusa disaffezione alla politica; si è peraltro anche osservato che il fenomeno non è certo solo italiano, anzi l’Italia era un’eccezione positiva fino agli anni Novanta del secolo scorso. Alcuni osservatori hanno evidenziato che alla scarsa partecipazione politica si contrappone nel nostro Paese un grande impegno in campo sociale e nel volontariato, benché le più recenti statistiche indichino un calo anche in questo ambito.
Può essere utile fare qualche considerazione sulla partecipazione politica e provare a individuare qualche punto di ripresa di un impegno.
Senza scomodare i ‘classici’ della scienza politica (come B. Constant e A. de Tocqueville) è abbastanza evidente che, salvo eccezioni, la politica sia percepita come uno degli aspetti della vita quotidiana, accanto ad altri (lavoro, famiglia, salute, etc.) in genere considerati più importanti. Peraltro, è altrettanto evidente, anche se meno percepito, che in qualche modo la stessa politica con le sue scelte incida sia sulle condizioni di lavoro, sia sui servizi sanitari, sia sul regime familiare. Dicevo che ciò non è percepito; più precisamente, si ritiene che i risultati elettorali non comportino più di tanto cambiamenti significativi e quindi per molti è inutile andare a votare.
La politica è però ben di più della mera amministrazione o governo della cosa pubblica; essa implica da sempre un dibattito (e anche uno scontro) su diverse visioni della società, che chiamano in causa i valori ultimi e gli stessi ideali. In questo senso la politica si interseca, direttamente o indirettamente, con le varie ideologie, le concezioni filosofiche e con le appartenenze religiose. Le recenti consultazioni presidenziali americane hanno visto un incremento della partecipazione, probabilmente anche in ragione della netta differenza ideologica delle proposte politiche in campo.
Insomma, parlare di politica in modo costruttivo significa cecare di coniugare due elementi apparentemente distanti: gli ideali e le scelte ‘tecniche’ di tutti i giorni. Infatti, una politica senza ideali è un insieme di opzioni senza prospettiva, ma una prospettiva senza adeguate competenze risulta essere disincarnata e inefficace.
A questo punto occorre fare un’altra domanda: come è possibile mantenere unite queste due dimensioni e quindi mantenere viva una vera passione politica? È impossibile in modo solitario: occorre piuttosto partecipare ad ambiti associativi prepolitici (capaci però di incidere anche sulla politica), in cui siano assicurati – in forza di tradizioni vive – valori e ideali permanenti, oltre a una adeguata formazione nei diversi ambiti di azione politica, a partire dal livello locale e fino a quello sovranazionale.
Per molto tempo fra tali realtà si annoveravano i partiti politici, soggetti intermedi della società civile capaci di canalizzare verso progetti generali istanze particolari; e in grado di creare – a partire dai territori e dall’impegno dei giovani – una buona classe dirigente.
La storia della nostra Repubblica, fin dall’Assemblea Costituente e poi nei decenni della ricostruzione del “miracolo” economico, è strettamente connessa a ruolo di soggetti come la Democrazia Cristiana e ai suoi leader autorevoli e preparati, a iniziare dalla grande figura di Alcide De Gasperi e da una mentalità creativa diffusa, come di recente osservato da un bel saggio di Nicola Rossi[1].
Purtroppo la crisi dei partiti (frutto anche dei loro errori) ha coinciso con la crisi della cosiddetta Prima Repubblica e le soluzioni istituzionali successive non hanno individuato meccanismi adeguati di creazione di una nuova classe dirigente. Oggi i partiti sono molto cambiati nella struttura e il loro assetto e posizionamento politico cambia rapidamente, dipendendo per lo più dalle scelte individuali dei loro leader, più o meno capaci e carismatici.
Di soggetti politici aggregati e radicati anche a livello territoriale è però anche oggi impossibile fare a meno, se non ci si vuole rassegnare all’astensionismo e alla prevalenza dell’antipolitica sulla politica.
Servono però partiti diversi, efficienti, frutto non solo delle capacità di leadership, ma attenti a due fenomeni: il primo è la vivacità del tessuto sociale a cui attingere idee, esempi di operosità, buona amministrazione locale, persone e ambiti di formazione politica; il secondo è il livello europeo: pur con molte difficoltà e contraddizioni, le grandi famiglie politiche europee (ad esempio i popolari, i socialisti e i conservatori) assicurano ancora una certa elaborazione politica, a cui si deve attingere per ricostruire soggetti partitici più solidi a livello nazionale.
A questo punto, è di un certo rilievo riflettere sugli stessi fondamenti della democrazia quale alveo e contesto in cui avviene l’operare della politica, che – peraltro – della stessa democrazia è elemento costitutivo. Richiamo qui un interessante dibattito aperto dalla rivista “Il Mulino” nel numero 2/2024, dedicato interamente al tema “Senso della politica e religione civile”. Risulta, infatti, evidente che le idee della politica come mera tecnica e della democrazia come contorno indifferente ai valori (concezione procedurale), abbiano fallito ed occorra quindi interrogarsi piuttosto sulla presenza di un “nucleo di senso originario della politica”, come osserva Carlo Galli nel suo articolo e come aveva già evidenziato decenni fa Ernst Wolfgang Böckenförde, facendo notare come le moderne democrazie non siano in grado di assicurare i princìpi e i presupposti su cui si fondano[2].
Il ragionamento di Galli muove dall’affermazione per cui ogni forma politica ha bisogno di un nucleo originario che la fa essere e la connota; tale nucleo può essere di diverso tipo: religioso, basato sulla tradizione, o su eventi storici fondanti. A ben vedere nella storia dell’Occidente tutto ciò prende sostanza storica con riferimento al cristianesimo (si parla di res publica christiana), anche se il processo di secolarizzazione della politica avviato nel XVI secolo ha progressivamente eroso tale patrimoni, fino a delegittimare la presenza pubblica della Chiesa. Peraltro, pur nel moderno contesto laicizzato la politica e la democrazia sono alla continua ricerca di sostituti degli elementi religiosi fondativi, con altri nuclei e simbologie valoriali, giungendo purtroppo in molti casi a costruire ideologie totalitarie e violente.
La questione è quindi un nervo scoperto dell’attuale dinamica democratica, che interseca profondamente la stessa legittimazione della politica e si ripercuote sulle motivazioni e le ragioni dell’impegno. Carlo Galli conclude la sua riflessione con una giusta considerazione: «… è di nuovo urgente l’interrogazione sul significato, sulla presenza o sull’assenza di questa energia politica pre-istituzionale, in una fase storico-politica in cui le democrazie devono affrontare crisi e sfide la cui eccezionalità implica appunto il ricorso al nucleo di senso originario della politica. Se questo è disponibile»[3].
Si torna, perciò, a dover riflettere sulla fucina prepolitica dei valori politici e della stessa democrazia; al proposito si possono fare due brevi considerazioni. La prima riguarda ancora il ruolo sempre più centrale dei corpi ed elle comunità intermedie quale elemento di “forza della società”[4]. Esse sono, infatti, fucina e deposito di valori positivi e diffusi, custodia delle tradizioni e luogo di esercizi delle virtù della partecipazione sociale, essenziali per la stessa vita politica. Certamente anche i corpi intermedi tradizionali (come i partiti politici) subiscono una crisi, ma essi sono comunque ancora insostituibili per una corretta cerniera fra società e politica e accanto a essi si sono sviluppate numerose altre forme di organizzazione sociale.
A ben vedere, infatti, le comunità intermedie contribuiscono all’espressione e al ‘potenziamento’ della stessa libertà umana e documentano capillarmente il primato della società nei confronti dello Stato, contribuendo non poco alla costruzione del bene comune.  Si può affermare, accanto alla loro insostituibile valenza pratica, anche il valore ‘ideale’ delle aggregazioni come contributo alla libertà politica, determinante anche le pur necessarie considerazioni etiche, essenziali altresì per la vita e la partecipazione politica.
La seconda considerazione riguarda ancora il concetto di democrazia e il suo fondamento; se, infatti, la legittimazione della convivenza democratica e – di conseguenza – della stessa politica fatica a ritrovare la propria “anima”, il motivo non può essere attribuito soltanto agli accidenti della storia e ai tentennamenti di alcune esperienze recenti (come ad esempio la stessa Unione Europea), ma risiede forse anche nella dimenticanza della centralità della persona umana, pur vivendo nell’epoca dei diritti… La dignità della persona, per essere effettivo fondamento, deve infatti richiamare il suo intrinseco “valore metafisico” e la necessaria sua strutturale e originaria relazionalità; come giustamente osservato da Augusto Del Noce: «La democrazia come valore si può cioè giustificare unicamente a partire dall’affermazione della trascendente dignità dell’uomo che, nel singolo, sorpassa ontologicamente l’intera specie, perché il singolo è capax Dei, e trascende quell’ordine delle nature finite nel quale la specie umana è inserita. … Premessa della democrazia è dunque il riconoscimento dell’essere umano come realtà trascendente il mero ordine naturale. Quando si rinunci a questo pensiero e si riassorba l’individuo nella specie, viene allora a mancare qualunque fondamento etico per la democrazia, che si riduce a mera tecnica di esercizio del potere. È mia persuasione – non è ora l’occasione di illustrarla, ma mi pare confermata dagli studi sull’argomento – che la definizione adeguata di totalitarismo sia quella di democrazia dissociata dalla concezione dell’essere umano di cui prima si è detto; e che la pienezza del totalitarismo sia appunto da ravvisare nella pienezza della società tecnocratica, di cui oggi tanto si discorre, e che è il vero esito della rivoluzione, non sia che l’altra sua faccia, né sia suscettibile di altra definizione. Il puro efficientismo è per definizione ‘senza senso’; perciò autorizza una protesta che, essendo anch’essa ‘senza senso’, non riesce a formularsi come progetto, e in realtà protegge il suo avversario, a cui si trova unita, nell’assenza di senso»[5].
Si tratta di uno spunto, a ben vedere, di notevole interesse e di sorprendente attualità: per fondare e rifondare la democrazia e l’impegno politico non bastano vaghe parole d’ordine o il semplice riferimento alle ‘tecniche’; occorre un richiamo ideale centrato sul valore dell’essere umano, altrimenti la stessa dialettica fra politica e antipolitica si colloca all’interno del medesimo perimetro di una politica ‘senza senso’ adeguato. Altrettanto prezioso è il cenno alla società tecnocratica, oggi ancora più rilevante per cogliere l’importanza di una vera politica e i condizionamenti di essa da parte della tecnologia e da parte degli strumenti di comunicazione di massa ormai universalmente diffusi.
Torna qui opportuno quanto già accennato circa l’importanza di “mediazioni” comunitarie (sia politiche, sia soprattutto prepolitiche) al fine di contrastare l’invadenza delle parole d’ordine e delle nuove ideologie, e al fine di coltivare quelle virtù civiche essenziali anche per la politica a tutti i livelli.
Recentemente si è fatto rifermento, anche a proposito della comunicazione politica, alla necessità di ritrovare un “realismo ricco”, che implica l’attenzione alle visioni del mondo e agli ambiti concreti in cui sono inserite e da cui provengono: relazioni sociali, istituzioni, comunità, territori. Una ricerca della verità intessuta di legami forti, e da “relazioni comunitarie vitali”[6].
Il quadro attuale per la ripresa dei valori umani e del valore della politica non è certamente confortante; peraltro, che la storia non abbia un fosco destino inevitabile lo testimoniano alcuni eventi che hanno segnato, in modo assolutamente imprevedibile, la seconda metà del XX secolo; mi riferisco, ad esempio, allo sviluppo nel dopoguerra – dopo gli orrori del secondo conflitto mondiale – del sogno europeo e alla caduta del muro di Berlino con la fine della cosiddetta guerra fredda.
Certamente nessun passo di sviluppo della civiltà umana può essere considerato per sempre acquisito, ma si comprende piuttosto che, fra le necessarie virtù per una buona politica, ci sia quella della speranza, come ha ricordato recentemente Papa Francesco: «Giorgio La Pira aveva pensato al protagonismo delle città, che non hanno il potere di fare le guerre ma che ad esse pagano il prezzo più alto. Così immaginava un sistema di “ponti” tra le città del mondo per creare occasioni di unità e dialogo. Sull’esempio di La Pira, non manchi al laicato cattolico italiano di “organizzare la speranza”. Questo è un compito vostro, di organizzare. Organizzare anche la pace e i progetti di buona politica che possono nascere dal basso»[7].

 

NOTE BIBLIOGRAFICHE
[1] Rossi N. (2024), Un miracolo non fa il santo. La distruzione creatrice nella società italiana, 1861-2021, IBL, Milano.
[2] Böckenförde E.-W. (2007), La nascita dello Stato come processo di secolarizzazione, in Id., Diritto e secolarizzazione. Dallo Stato moderno all’Europa unita, (a c. G. Preterossi), Laterza, Roma-Bari, pp. 33-54.
[3] Galli C. (2024), Il nucleo di senso originario della politica, il Mulino, 2024 (2), p. 51.
[4] Cfr. Quaglia G.-Rosboch M. (2018), La forza della società- Comunità intermedie e organizzazione politica, Aragno, Torino.
[5]  Del Noce A. (1981), Il cattolico comunista, Rusconi, Milano, pp. 409-411.
[6] Cfr. Gili G.-Maddalena G. (2017), Chi ha paura della post verità?, Marietti, Genova.
[7] Francesco, Discorso alla 50a Settimana sociale dei cattolici in Italia, Trieste, 7 luglio 2024.