Parole della mente

Risulta difficile oggi orientarsi nel labirinto delle menti. Dalla mente biologica a quella computazionale, da quella cognitiva a quella fenomenica e via andando ove ciascuna di esse si pone come chiave per la comprensione di fenomeni che ci toccano da vicino, come la coscienza, la razionalità, l’intenzionalità.

Per orientarsi in questa geografia, il libro di Eddy Carli Cervelli che parlano. Il dibattito su mente coscienza e intelligenza artificiale, è sicuramente un’utile mappa di alcuni percorsi teorici. Il libro è composto da una serie di contributi di alcuni tra i maggiori
esponenti dei vari approcci al mondo della mente nell’ambito della filosofia analitica, del cognitivismo e delle neuroscienze.

Il primo intervistato è Antonio Damasio, che critica la concezione della mente come qualcosa di estraneo all’ordine naturale, legando la possibilità di comprendere i fenomeni mentali ad uno stretto rapporto con il corpo.

Un altro contributo, che rimanda alla dimensione biologica è quello di Edelman, con la sua teoria della mente darwiniana, come prodotto del cervello, che sviluppa attraverso la selezione la capacità di interagire con la realtà e sviluppare il pensiero autocosciente.

A questi due studiosi critici dell’analogia tra mente e computer si contrappongono le teorie portate avanti da Fodor e Dennet, entrambi sostenitori di questa analogia. Un discorso a parte merita l’approccio di Searle, sostenitore dell’identificazione tra mente e coscienza, noto critico dell’intelligenza artificiale, in polemica da anni con la scienza cognitiva.

Un po’ datate appaiono le posizioni di Dreyfus, che parla della mente come spazio antropologico, mentre le posizioni radicali di Rorty portano a definire come errore filosofico il parlare di stati mentali privati. Infine l’accento posto da Stich sulla costruzione sociale e l’interazione sociale nei desideri e nelle credenze apre a prospettive differenti tutto il percorso.

Dunque una geografia abbastanza estesa, quella che si delinea in Cervelli che parlano, che può servire come primo invito ad accostarsi allo studio dei singoli autori, le cui opere sono in gran parte già tradotte in italiano, ma che si rivela utile come manuale di orientamento, aprendo a possibilità di confronto tra i diversi approcci.

Se un limite è presente nel testo della Carli, come altri recensori hanno sottolineato, questo sta nell’assenza di Chomsky e di tutto l’approccio linguistico. Per superare questo limite consigliamo ai lettori di unire il testo della Carli a L’istinto del linguaggio, di Steven Pinker che presenta un livello forse più alto di divulgazione. Il linguaggio nell’approccio di Pinker non è un artefatto culturale, ma è una parte ben distinta della costituzione biologica del nostro cervello. E’ universale e relativamente indipendente da altre capacità cognitive. Per spiegare la relativa facilità con cui i bambini imparano a parlare fa ricorso al concetto di “grammatica universale”.

La modalità che permette di spiegare come, a partire da quella, ogni bambino impara ad usare la propria lingua, rimane un mistero. Secondo Pinker l’imparare a parlare è una capacità che aumenta le probabilità di sopravvivenza.

Unire la lettura dei due testi permette di inoltrarsi in un percorso di studi affascinanti: dibattiti che sembrano lontani dalla quotidianità ci toccano, in realtà, da vicino, determinando orientamenti di studio e di comprensione di fenomeni che fanno parte della nostra vita.

Cervelli che parlano. Il dibattito su mente coscienza ed intelligenza artificiale di Eddy Carli, ed. Bruno Mondadori, Milano 1997, L. 16.000

L’istinto del linguaggio di Steven Pinker, ed. Mondadori, 1997, L. 32.000