“Af-fresco” di vita

 

 

Mi sembra di vederla, di corsa, in ritardo, caparbia nella sua lotta contro il desiderio di continuare a dormire, anche stamattina.

Carolina Sala è una forza della natura, e “Pandajmòs”
è lo specchio dell’autrice; una sequenza di emozioni, stati d’animo ed impressioni che irrompono con una logica finalmente ingenua in un contesto che è abituato a descriversi e ad essere descritto o in maniera burocratico-formale, o secondo categorie più pretenziose, di carattere psico-sociale, ma che raramente restituiscono la complessità e la ricchezza della realtà che osservano.

Carolina riesce in questo senso a rappresentare il nesso inscindibile che si crea tra una realtà istituzionale ed i suoi attori, a prescindere dal ruolo che interpretano.

I ragazzi del “Beccaria” acquistano nel suo libro la stessa cittadinanza dell’amico scomparso prematuramente o della compagna di strada, invidiata-amata, che ci lascia con tutti i nostri dubbi ed i discorsi a metà. Le sue storie appena accennate, lasciate alla sensibilità interpretativa di chi legge, acquistano allora un significato, si completano e “risuonano” emotivamente in funzione dei livelli di istituzionalizzazione, di entusiasmo o di curiosità che animano il lettore.

Molti sorrideranno, altri tratteranno a stento un moto di stizza, quasi a sentirsi scoperti, messi in piazza, senza il decoro familistico-istituzionale della menzogna.

I quadri di vita tratteggiati in questo “af-fresco” restituiscono in maniera rigorosamente strampalata la complessità interattiva del contesto istituzionale e la profondità dei significati e dei vissuti che si realizzano all’interno del suo angusto panorama affettivo. Un alternarsi di macro e micro descrizioni, di Me, di Noi, di Loro, di piani sistemici e di gorghi individuali, insomma, come direbbe Carolina, un posto dove il “dito di Dio” è andato a cacciarsi proprio nell’occhio dello sfigato che cerca di capirci qualcosa.

Credo che tutti coloro che sono impegnati in contesti istituzionali debbano in qualche modo ringraziare questa artista di strada-cantastorie-insegnante, per ciò che ha saputo restituire ad una realtà così improbabile e controversa. Grazie a questa donna-bambina, che non fa distinzioni tra le caratteristiche del detenuto e quelle dei suoi colleghi, dei direttori, dei vari responsabili e di quant’altri si prendono troppo sul serio. Finalmente qualcuno che ha il coraggio di raccontare che in carcere si soffre, si ride, si cresce; che si conoscono ragazzi ma ancor più si ri-conoscono gli adulti, quelli veri, quelli di facciata e quelli che cantano mentre “lavorano”.

 

Carolina Sala Pandajmòs (Galera) Editrice Nuovi Autori, Milano, 1988. Lire 18.000.

 

*vice direttore dell’Istituto

Penale Minorile “Cesare Beccaria” – Milano