Alle frontiere del Web

Un’applicazione specifica delle nuove tecnologie nella didattica delle discipline umanistiche.

Nella produzione di un sito web lo studente è sollecitato ad armonizzare gli strumenti di discipline che la didattica tradizionale tiene normalmente separate.

La fruizione di ipertesti e la navigazione su Internet sono strumenti ormai ampiamente utilizzati nella didattica della scuola media inferiore e superiore. Guardati in un primo momento con sospetto, hanno poi fatto un ingresso prepotente nel normale svolgimento, se non della lezione frontale, dei compiti assegnati: molti libri di testo di storia e perfino di latino propongono temi di approfondimento ed esercizi interattivi su CD allegati alla più tradizionale versione cartacea. E quante ricerche vengono svolte dagli studenti, in modo forse non sempre consapevole, sul Web, per reperire notizie, fonti o addirittura scaricare l’esito della ricerca già compilato e pronto per essere stampato! Fra i due strumenti, la rete si è rivelata senz’altro quello di maggior successo: mentre gli ipertesti didattici hanno fatto il loro tempo, Internet appare sempre più agli occhi di discenti e insegnanti come la panacea di tutti i mali culturali. Fonte pressoché inesauribile di notizie, più o meno dettagliate, la rete presenta gli indiscutibili vantaggi della gratuità, dell’immediatezza e della semplicità dell’informazione. Allo scarso controllo della validità scientifica o didattica delle informazioni, la scuola risponde sempre più spesso con corsi di Information Literacy, onde spiegare come ottimizzare i tempi di ricerca e saper vagliare un sito in termini di affidabilità e completezza.

A fronte di un sempre più ampio utilizzo passivo del Web, è purtroppo ancora troppo negletta dalla didattica la pratica della partecipazione attiva alla rete, che consiste nel creare uno specifico ipertesto da pubblicare su Internet.

Le finalità didattiche sono molteplici. In primo luogo Internet rimane attualmente l’unico media democratico, in quanto chiunque, purché dotato delle conoscenze necessarie, può anche del tutto gratuitamente confezionare un sito
e renderlo visibile a milioni di persone, mentre solo a pochi è concessa la possibilità di scrivere libri, articoli, di apparire in televisione o addirittura di condurre uno specifico programma. Non servono fama, ingenti somme di denaro o relazioni clientelari per diffondere le proprie idee in rete, ma bastano un PC (anche quello della scuola, purché se ne abbia l’accesso), un collegamento Internet anche a 56Kb e alcune conoscenze informatiche di base.

Proprio in virtù delle ampie potenzialità comunicative del Web, la progettazione di un sito costituisce anche una grande opportunità per responsabilizzare gli allievi che tendono a sottovalutare le implicazioni che la libertà di parola e la tendenziale assenza di censura comportano. Sapere che la libera pubblicazione delle proprie idee, del proprio lavoro, dell’esito della propria ricerca è liberamente fruibile da un notevole numero di persone comporta un’assunzione di responsabilità notevole; proprio perché nessuna autorità superiore vaglia ed emenda il sito, l’autore del medesimo si assume interamente la responsabilità dei suoi contenuti, molto di più di quanto non facciano gli scrittori o i conduttori di un programma televisivo, le cui parole sono comunque, in misura più o meno parziale, filtrate dall’editore o dall’emittente televisiva. Il Web impartisce dunque una lezione di profonda democrazia: non solo concede a chiunque spazio per esprimere le proprie opinioni, ma costringe (o almeno dovrebbe) i curatori di un sito a soppesare bene la scelta dei contenuti, a verificare la veridicità delle affermazioni e a prevedere esiti ed eventuali ripercussioni. È insomma lo stesso principio della parrhesia, la libertà di parola di cui godeva ogni cittadino ateniese nell’assemblea legislativa. Ogni ateniese, dotato di diritti civili e politici, poteva proporre l’introduzione di una nuova legge o l’abrogazione di una vecchia; però, nel caso in cui la sua proposta, una volta accolta, si fosse rivelata dannosa per lo Stato, il proponente sarebbe stato perseguibile a norma di legge. Il Web non funziona esattamente nello stesso modo, ma si richiama a quei medesimi principi: la libertà del curatore di un sito non può essere disgiunta in nessun caso dall’assunzione di responsabilità circa i suoi contenuti, pena la cancellazione del sito da parte del gestore del server, in caso di violazione della legge, o l’oblio inflitto dai visitatori, nel caso i contenuti non si rilevassero affidabili.

In secondo luogo un sito è un mezzo di comunicazione che attiva più strategie comunicative di quanto non faccia una qualsiasi verifica scolastica tradizionale. La produzione di un sito sollecita, infatti, problematiche linguistiche, estetiche, visive, uditive e musicali, giacché le pagine Web non contengono di solito esclusivamente testi, ma anche colori, immagini, suoni e musiche. Il discente è dunque sollecitato in diversi ambiti, ma è costretto soprattutto ad armonizzare gli strumenti di discipline che la didattica tradizionale tiene normalmente separate. Le necessità di rendere omogeneo il messaggio, tramite scelte linguistiche, visive e uditive, porta i docenti a svolgere un effettivo lavoro interdisciplinare e lo studente a compiere un reale salto di qualità.

In terzo luogo, senza misconoscere i meriti del Web, non si devono neppure dimenticare le insidie che tuttavia presenta. Il riferimento ai siti vietati ai minori sarebbe fin troppo semplicistico; la vera insidia è più occulta e nasce dall’ incontrollabilità delle notizie fornite su Internet, che aprono potenzialmente la via a gravi fraintendimenti storici e scientifici, a imposture, a truffe e financo ad autentici plagi. Il modo migliore per imparare una corretta e sicura fruizione del Web e per ottimizzare la navigazione è quello, a parer mio, di apprendere tutte le tecniche formali e contenutistiche per veicolare i messaggi su Internet, quello cioè di impadronirsi dell’arte di confezionare un sito.

L’apparente difficoltà non deve spaventare il docente meno edotto in tecnologie informatiche, perché sono ormai invalsi software che aiutano a progettare e produrre siti senza bisogno di conoscere alcun linguaggio di programmazione. È il caso di FrontPage della Microsoft, perfettamente compatibile col pacchetto Office, o di Dreamweaver MX della Macromedia. Questi software sono dotati di un’interfaccia grafica molto simile, per intenderci, a Word: usando i menu e i pulsanti, un utente digiuno di programmazione può comunque allestire un discreto prodotto, fornito anche di “effetti speciali” minimi per migliorare le prestazioni e la navigazione del sito. Purtroppo alcuni software sul mercato non sono gratuiti e l’acquisto di ogni singola licenza può diventare un problema per scuole a budget limitato. Esiste però del software freeware, cioè scaricabile gratuitamente da Internet, e Open Source. Questo ultimo termine indica software di cui viene reso noto anche il codice di programmazione e non solo il programma già implementato, con evidenti vantaggi in termini di flessibilità per gli utenti molto esperti e per i programmatori. Uno dei più noti software freeware e open source è Mozilla Composer, dotato anch’esso di menu, di pulsanti e di un’interfaccia grafica che mostra passo dopo passo che cosa sta accadendo sulla pagina Web. Le funzionalità di Mozilla Composer sono per certi versi inferiori a quelle di Dreamweaver, ma hanno ben poco da invidiare a quelle di FrontPage. Né si deve temere che Mozilla sia installabile solo su sistemi operativi Linux, giacché funziona perfettamente anche su MacOS e su Windows, garantendo in più la gratuità del prodotto e la possibilità, per chi ne è in grado, di intervenire sui codici di programmazione.

Come seconda fase del lavoro, occorre fornire ai propri allievi le conoscenze sufficienti a utilizzare il software scelto; se lo scopo non è quello di insegnare la programmazione, basterà mostrarne la struttura, i comandi principali e qualche esempio pratico. Solo a titolo occasionale si potranno illustrare alcuni aspetti del linguaggio HTML, senza tuttavia scendere in particolari. Il breve corso dovrà essere concluso con una serie di esercitazioni svolte dagli studenti al fine di vagliarne il grado di apprendimento e di mettere immediatamente in luce le difficoltà da loro incontrate. Una volta accertato il livello di competenza raggiunto dagli allievi, il docente dovrà suddividere il lavoro in piccoli gruppi, badando che la difficoltà del compito assegnato non superi le loro reali capacità. Se per esempio emerge in un gruppo di allievi un rifiuto, anche psicologico o meramente pratico, nell’uso delle nuove tecnologie, accompagnato però da una spiccata propensione per le lettere o per le arti figurative, il docente potrà sfruttare comunque le qualità di questi suoi studenti “atecnologici”, se così si puo dire, affidando loro i lavori di ricerca, la produzione dei testi da inserire nel sito, la scelta dei colori o il reperimento delle immagini. Questa tecnica consente inoltre di sviluppare nuove facoltà di apprendimento, sia a livello di singoli studenti che di gruppi. Nel caso in cui, infatti, siano richiesti più tipi di interventi al medesimo studente, si attiveranno in lui, allo stesso tempo, due altri canali di comunicazione che dovrà rendere omogenei e coerenti. Questa necessità dovrebbe condurre il discente a cogliere con maggior immediatezza i richiami, i contrasti e i parallelismi fra i differenti settori della comunicazione. Un esempio pratico è quello dell’interrelazione fra colori, suoni e parole: se si prescinde da alcune stimolanti performance artistiche, limitate tuttavia a un ristretto numero di persone, sarà ben difficile trovare un altro strumento di comunicazione così ad ampio raggio come il Web. Anche nel caso in cui le competenze  siano divise in più allievi, se cioè alcuni si occuperanno della tecnica informatica, altri dei testi e altri ancora delle immagini, si otterrà comunque il vantaggio di abituare il gruppo classe in un lavoro di équipe, che obbligherà gli studenti a uno sforzo sinergico onde armonizzare fra loro le singole componenti del sito. Li obbligherà, insomma, a riflettere, in un’esperienza interdisciplinare, sulla portata di ogni sistema semiologico e sulle possibili interferenze reciproche dei codici segnici.

Non si deve confondere, poi, un qualunque prodotto ipertestuale con un sito Web. Benché i software applicativi coinvolti siano quasi sempre gli stessi, un ipertesto, nato per restare su un CD, è ben diverso da uno creato per essere pubblicato in rete. Il supporto fa la differenza ed è questo il secondo ostacolo, dopo la scelta del software, che il docente interessato a insegnare ai propri allievi come esprimersi tramite Internet, deve mettere in conto. Una volta pubblicato, il sito deve essere infatti potenzialmente fruibile da chiunque, a prescindere dalla lentezza del collegamento e dalla potenza del computer in uso. Mentre un ipertesto su un CD può permettersi il lusso, per esempio, di utilizzare immagini ad altissima definizione; un browser non molto recente, una connessione lenta o un vecchio modello di PC potrebbero ostacolare la navigazione di pagine con immagini molto dettagliate e dunque molto “pesanti” in termini di Byte. Una risposta a questi e simili inconvenienti viene dall’adozione dello standard prescritto dal World Wide Web Consortium (W3C) che mette in luce le caratteristiche indispensabili per consentire a tutti un buon utilizzo del sito. Le norme suggerite dal W3C tengono conto infatti delle limitazioni visive, uditive o motorie dei portatori di handicap, nonché delle difficoltà che può incontrare un utente che si serva di un sistema hardware e software obsoleto. L’applicazione delle norme del W3C, accolte perfino dal Disegno di legge Stanca, svolge in ambito didattico una duplice funzione: da un lato accresce, come è previsto, il grado di usabilità del sito; dall’altro è anche un potente strumento educativo, per insegnare agli allievi il concetto di diversità e le modalità di apprendimento e di percezione per esempio dei portatori di handicap o degli allofoni. Adottare queste linee guida richiede oltretutto, in certi casi, uno sforzo minimo. Vediamone nel dettaglio alcune: per venire in aiuto ai non vedenti, è indispensabile che i colori siano solo decorativi, ma non veicolino significati, e che le immagini siano adeguate a una “traduzione” in braille o a una sintesi vocalica. Sono da evitare (o meglio da mettere sotto controllo), invece, gli oggetti in movimento, lampeggianti, scorrevoli o che si auto- aggiornano: persone con disabilità fisiche potrebbero non avere la velocità o la precisione sufficiente per interagire con oggetti in movimento, mentre chi soffre di epilessia fotosensibile può manifestare crisi provocate da lampeggiamenti o da luci intermittenti.

Si deve consentire una navigazione perspicua e sicura fra una pagina e l’altra del sito, palesando nel modo più evidente gli strumenti di navigazione (barre, pulsanti, collegamenti ipertestuali, etc.) ed esplicitando i percorsi che l’utente potrebbe scegliere (mappa del sito). Senza dimenticare però che non tutti i visitatori del sito saranno per forza in grado di servirsi di un mouse; è possibile, infatti, che utilizzino tastiere, comandi vocali, bacchette manovrabili con la testa e via dicendo.

Un’ultima considerazione sia tecnica che didattica riguarda il numero delle visite di cui il sito godrà a pubblicazione effettuata. A questo proposito è importante che gli studenti capiscano che il Web, per quanto vasto, è a tutti gli effetti una comunità fondata sui contatti fra siti. Perciò, se si ritiene utile far conoscere alla comunità i risultati del proprio lavoro, occorre adottare le strategie volte a incrementare i contatti e il numero dei visitatori. Per raggiungere questo obiettivo non è sufficiente mandare un e-mail ai webmasters dei motori di ricerca né, d’altra parte, è indispensabile pagare per garantirsi una buona posizione nel loro elenco. Ripulire il codice HTML e dare un titolo a ogni pagina aiuta il motore di ricerca a individuare e pubblicizzare tutte le pagine del sito, mentre una home page carica di immagini e di effetti visivi attrae forse i visitatori umani, ma non ha nessuna efficacia nei confronti dei motori di ricerca, oltre ad essere in contrasto con lo standard W3C. Il modo migliore per entrare in contatto con visitatori interessati resta comunque quello di trovare siti di argomento affine, mettere un link, cioè un collegamento ipertestuale, che punti su ognuno di loro, chiedendo prima il permesso via mail ai rispettivi webmaster. Più sono i link da e verso siti affini, e più elevato sarà il posizionamento nell’elenco dei motori di ricerca. Così facendo si ottengono due risultati: il primo è quello di entrare in contatto con gestori di siti affini che possono essere interessati ai contenuti della ricerca prodotta e possono anche fornire consigli e ulteriori informazioni; il secondo è quello di offrire un servizio agli utenti, perché, se i vari siti di un medesimo argomento si citano a vicenda, aiutano gli utenti a reperire tutto quello che in materia è stato pubblicato sul Web, svolgendo così le stesse funzioni della bibliografia di un libro. Ci sono libri il cui pregio maggiore è proprio l’accuratezza e la completezza dei rimandi bibliografici, così come i siti più importanti sono quelli che si limitano a inviare l’utente su altri siti (per esempio i portali o i motori di ricerca).

*Docente di Lettere, referente nuove tecnologie informatiche Liceo Elio Vittorini, Milano

Bibliografia

J. Nielsen, Web Usabilità, Apogeo, Milano, 2000

S. Magnaghi, L’accessibilità dei siti web della pubblica amministrazione, con particolare riferimento al mondo della scuola, in S. Rolando – R. Fedriga – P. Galeazzo, a cura di, Scuola, comunicazione e relazioni con il territorio, FrancoAngeli, Milano, 2005, pp. 171-230

Sitografia:

www.mozilla.org                                             per scaricare il software Mozilla

www.w3.org                                                    il sito del World Wide Web Consortium

www.anybrowser.com                                 per verificare se il sito è accessibile o meno da ogni browser