Arte Terapia

In questi ultimi anni l’Arte Terapia ha assunto un ruolo sempre più ampio e consolidato nella cura e trattamento del disagio psichico. Di questo tema si è parlato a Torino nel convegno “Arte Terapia e Depressione” organizzato l’8 maggio scorso dall’Associazione per l’Arte Terapia “Edith Kramer”. Nello stesso contesto si è anche dato spazio ad un’area di intervento che sempre maggiormente riscuote interesse e attenzione: la prevenzione.
In tale ottica l’Arte Terapia si presenta come strumento per incoraggiare la creatività quale momento indispensabile per uno sviluppo armonico della personalità. Mai come in questi ultimi anni la psicologia accademica ha messo in evidenza il recupero del pensiero divergente inteso come “motore cognitivo” della creatività.

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Esso include, infatti, la possibilità di individuare un gran numero di risposte diverse, di pensare a metodi e approcci differenti ad uno stesso problema, o di concepire l’insolito ed il nuovo. Come ricordano Lowenfeld e Brittain (1984): “L’individuo curioso e creativo, che pone dei problemi, deve essere una delle finalità del nostro sistema educativo”.
Il caso di cui parlerò si riferisce ad un’esperienza di Arte Terapia svolta per un intero anno scolastico in una scuola materna di Torino.
Obiettivo del lavoro era fornire ai bambini uno spazio in cui poter esprimere la propria creatività partendo dal presupposto che il Sé sia costantemente in conflitto con l’ambiente e che le modalità con cui il bambino risolve questi conflitti determinano il grado di salute della sua personalità. In tale ottica il prodotto diventa importante, non solo come registrazione dei conflitti e dei problemi evolutivi che il bambino fronteggia, ma anche come segnale del suo progresso nella crescita.
Il setting prevedeva un lavoro settimanale con gruppi omogenei per età (dai tre ai cinque anni). Ogni bambino aveva a disposizione un tavolino con pennelli di varie dimensioni, vasetti con i colori primari, barattoli per l’acqua e spugnette.
In tale ambito veniva offerta la possibilità di usare le tempere in modo libero senza temi e soluzioni predeterminate con particolare attenzione al processo creativo e non solo al prodotto. L’esperienza del fare arte consente, infatti, al bambino di aprire le porte e dare forma al suo mondo interno. Il bambino si rivela, quindi, attraverso il processo creativo inteso come area di vera crescita.
La scelta di parlare di Marco è motivata dal controtransfert analizzato in supervisione che ha fatto emergere questioni rilevanti.
Marco è un bambino di 5 anni con capelli corti castani, grandi occhi blu, ciglia lunghe e folte sopracciglia. Non è molto alto per la sua età, ma ben proporzionato: appare come un bambino energico. Ciò che mi ha particolarmente colpita in Marco è il suo sguardo: da un lato dolce e seducente, dall’altro richiedente e determinato. Appartiene ad una famiglia di livello socio-culturale medio-alto e ha due fratelli maggiori, di 7 e 9 anni. L’insegnante mi informa che Marco ha alcune difficoltà nell’eseguire qualsiasi piccolo lavoretto che viene fatto in classe eccetto giocare, non si concentra sul suo compito e dice subito di aver finito.
Marco viene sempre molto volentieri a pitturare: corre nel corridoio, prende il suo grembiule e si dirige verso il tavolino con i materiali.
Da uno sguardo complessivo dei suoi lavori artistici, non emerge un cambiamento lineare, che procede da una produzione più semplice ad una più ricca, bensì un rapido oscillamento dal piano figurativo a quello informale in cui il colore è utilizzato in modo più impulsivo. Questo aspetto riflette l’effettivo andamento dello sviluppo infantile che, per trovare nuove modalità di risposta, necessita, talvolta, di ricorrere a quelle pregresse. Il continuo scambio, non privo di difficoltà, tra formale e informale nel lavoro artistico di Marco mostra il processo della crescita nel suo divenire.
Osservando i suoi lavori figurativi si può notare come questi siano cambiati. Ha iniziato con “A-team” (fig. 1) in cui parla di un telefilm che guarda a casa sua in cui vi sono degli eroi che combattono e ha terminato con “Brusson” (fig.2) che rappresenta la sua casa di montagna dipinta con tutte le stanze, lui e i suoi fratelli che si alzano al mattino e fanno colazione. Lui si è rappresentato come il primo che raggiunge il tazzone di latte sul tavolo.
Questo passaggio sembra evidenziare il ruolo dell’Arte Terapia come momento che aiuta a dare forma all’esperienza e a trovare la forza interiore per esprimere il proprio mondo. In questo caso Marco sembra esser passato da un mondo lontano di uomini “forti” e “aggressivi” ad uno più caldo e nutriente rappresentato dalla sua casa di vacanza in cui c’è spazio per lui e i suoi fratelli.
Marco ha preso sempre più confidenza con la tempera: all’inizio utilizzava i primari o un solo colore, mentre in seguito si è divertito a fare le “magie di colore”. Giocava con una bambina del gruppo a sperimentare nuovi colori partendo dai primari che avevano a disposizione. Si facevano chiamare i maghi del colore. In tale attività è emerso in modo evidente il piacere ludico dell’uso dei materiali artistici quale elemento fondamentale per lo sviluppo infantile. Il piacere del gioco evidenzia, qui, il libero accesso alla vita immaginativa del bambino. Tale esperienza talvolta si rivela dirompente e l’eccitazione ad essa legata è stata da Marco affrontata in modi differenti, forse anche in connessione con le mie diverse risposte.
Durante una seduta in cui faceva magie di colore Marco voleva fare gli acquerelli ed ha versato dell’acqua da un barattolo grande in altri più piccoli; l’eccitazione è aumentata finché il barattolo si è rovesciato sul suo foglio. A questo punto sono intervenuta e, come ultimo tentativo di contenere la situazione, ho piegato il foglio per assorbire l’acqua (fig.3). In tale circostanza è emerso come il mio atteggiamento di non intervento fosse più una difesa di tipo passivo piuttosto che una presenza attenta ai bisogni di quel momento. Ho percepito, infatti, la sua irruenza ed energia dirompente non senza un certo disagio il che mi ha messa in difficoltà. La fig. 4 “Lava” mostra l’irruenza del colore e l’immediatezza del gesto quali aspetti del bambino. A questo proposito, talvolta, ho sentito Marco come impetuoso, quasi “lavico”, difficile da contenere, specialmente quando insieme all’eccitazione per i materiali si aggiungeva quella per le parolacce (altri disegni erano intitolati:” Scemo”, “Stupido” e “Cacca”). Il tema del contenimento si è riproposto in altre situazioni e quello che è parso utile a Marco è stata la possibilità di organizzare temi aggressivi e vissuti “caldi” in uno spazio ben limitato e circoscritto quale è il foglio di carta su cui ha dipinto.
Nel disegno intitolato “Piedino e Mordicchio”, due dinosauri protagonisti del film “La Valle Incantata” (fig.5, v. pag.42), Marco sembra rappresentare sé stesso con le braccia protese verso l’altro con tutta la sua determinazione e richieste dirette. Sovente chiedeva, infatti, le coccole e una volta mi ha chiesto un bacio sul collo come faceva sua mamma quando lo salutava al mattino. Alla fine dell’incontro Marco è caduto e ha iniziato a piangere, io l’ho sollevato e gli ho dato un bacio sul collo per consolarlo. Questo aspetto è stato un problema nel mio lavoro perché non è stato facile astenermi dall’agire come lui “suggeriva” in modo seduttivo.
Il tema della seduzione rappresenta, comunque, un punto nodale nel lavoro con i bambini. Recuperare il ruolo positivo della seduzione è stato importante: sedurre in termini di portare a sé, portare verso la curiosità e l’ignoto. In questo senso l’adulto, che seduce e accompagna nella “caverna dei fantasmi e delle fate”, nel mondo interno a vedere cosa c’è, diventa un elemento fondamentale per incentivare la curiosità. Sentirmi trascinata verso richieste seduttive del bambino mi ha permesso di recuperare una più consapevole posizione seduttiva in termini di rispetto per il bambino e agevolazione della sua curiosità. Il problema evolutivo di Marco era quello di affrontare la frustrazione implicita in ogni “lavoro” (anche mentale). A tal proposito uno degli ultimi suoi disegni è stato “Il leone selvaggio” (fig. 6) in cui Marco ha rappresentato “Un lavoratore che ha catturato il leone selvaggio” messo in gabbia e sollevato da una gru.
Questo dipinto potrebbe esprimere la possibilità di essere un bambino che può lavorare e affrontare le difficoltà che questo implica. Ha bisogno di una gru: un grande strumento, forse a causa del grande lavoro che sente di dover fare da solo. Il fatto che abbia iniziato il disegno a partire dalla faccina sorridente in alto a destra che è diventata poi la gru da cui è partito il tema del disegno mi fa pensare al tipo di relazione instauratasi con il bambino e come questa sia stata vissuta in modo costruttivo, non senza, però, difficoltà e “lotte”. In tale circostanza Marco è riuscito a rappresentare le sue pulsioni energiche e vitali (= leone) catturate dal suo Io (= lavoratore), forse grazie allo strumento della relazione vissuta durante l’attività di Arte Terapia. Ripensando al lavoro in termini di prevenzione mi pare importante aver fornito a questo bambino la possibilità di entrare maggiormente in contatto con le proprie emozioni per essere poi in grado di avere maggiore padronanza e controllo nella sua vita quotidiana.