Arte terapia

L’arte terapia include l’insieme delle tecniche e delle metodologie che utilizzano le attività artistiche visuali come mezzi terapeutici. Non si interviene direttamente sul deficit, trattandosi di persone che presentano gravi patologie a livello organico o, nel caso di handicap mentale, che hanno avuto gravi compromissioni nello sviluppo psico-evolutivo.

Si opera, invece, attorno al deficit nell’area d’innesto di nuove sofferenze ad esso correlate, sofferenze che si evidenziano soprattutto nelle difficoltà relazionali. l’intervento tende ad attivare diverse modalità di comunicazione che aumentino l’autostima e la possibilità di percepirsi come individuo capace di fare e di esprimere, riconosciuto dal gruppo in cui è inserito.
Spesso l’intervento attraverso l’arte terapia viene accostato all’esperienza dell’oggetto transizionale che il bambino sperimenta nella fase di negoziazione nella separazione con la madre.
Non si può dire con certezza se questo avvenga o meno nei pazienti durante le sedute di arte terapia, non essendo disponibili tra l’altro dati sufficienti sulle esperienze infantili e sulla strutturazione delle relazioni oggettuali.
E’ possibile, invece, porre l’accento sulla particolare atmosfera che si cerca di creare nell’atelier dove si lavora, in cui fenomeni transizionali possono riaffiorare nel paziente e venire in primo piano. Per questo è importante che lo spazio dell’atelier abbia qualcosa che lo caratterizzi e lo diversifichi dagli altri contesti del quotidiano. In questo spazio la persona potrà rivivere la propria separazione con modalità nuove.

Gli obiettivi dell’arte terapia

l’intervento attraverso sedute di arte terapia con pazienti che soffrono di patogie medio-gravi, si pone i seguenti obiettivi:
-ricerca di una situazione in cui il ragazzo possa interagire con i materiali, sentendosi libero di usarli a piacimento, traendone godimento ed esprimendosi secondo le proprie possibilità
– ricerca dell’espressione di emozioni e di sentimenti attraverso l’uso dei materiali artistici e facilitazione dei comportamenti comunicativi;
– attenzione allo sviluppo cognitivo, incentivazione delle scelte personali e dell’organizzazione del lavoro secondo le possibilità di autonomia della persona.
– ricerca del cambiamento a partire dalle risorse della persona; creazione di un contesto che permetta la crescita senza forzature.

Metodo

Le sedute di arte terapia vengono organizzate in uno spazio il più possibile caldo e accogliente.
La ripetizione delle sedute ne permetterà il riconoscimento, facendolo percepire come uno spazio protetto in cui potersi esprimere liberamente.
I materiali vengono offerti con molta attenzione, calibrando le possibilità e i bisogni che ogni partecipante può offrire. A livello simbolico questi materiali sono percepiti come nutrimento: è importante che ogni paziente possa averne nella quantità che desidera, sentendosi libero di scegliere.
l’arte terapeuta accompagna il ragazzo nella scoperta e nell’espressione, cercando di ricreare, a livello simbolico, il ruolo della madre nello spazio transizionale, ricalcandone il linguaggio di rinforzo e di incoraggiamento. E’ al suo fianco con funzione di protezione e di aiuto, dandogli un senso di sicurezza e di rispetto per lui come persona e per i lavori artistici, quale che sia il modo con cui vengono presentati.
Vi è l’accettazione incondizionata del prodotto dell’allievo, considerato come il migliore possibile in quel dato momento, avendo attenzione nel cogliere bisogni e richieste. E’ importante sentire il momento di un possibile cambiamento, senza forzare la situazione. L’arte terapeuta si pone in una posizione di flessibilità e di ascolto.
Nella seduta deve poter accadere qualsiasi evento, trattandosi di uno
spazio protetto in cui l’allievo deve sentirsi accolto e contenuto.
Occorre creare un clima di non giudizio e di libertà, senza timore che il lavoro artistico prenda forme caotiche e che si creino situazioni di sporco.

Un’esperienza

Già all’inizio del lavoro si è lasciato spazio alle modalità espressive di ognuno, con libertà di contatto con i diversi materiali e strumenti. Le caratteristiche intrinseche e le potenzialità particolari dei materiali artistici superano le modalità di sviluppo didattico, che può risultare non idoneo in un percorso terapeutico dove devono essere considerati al massimo i bisogni e le possibilità dei soggetti.
Il percorso terapeutico si è svolto in due parti, di 48 sedute settimanali di un?ora, la prima, di 22 identiche sedute la seconda.
La prima parte della terapia si è caratterizzata come momento di conoscenza dei diversi utenti e di costruzione di una relazione positiva con loro, a cui si è accompagnata una attenta osservazione delle reazioni delle persone, di quanto avveniva nel corso delle sedute stesse e dell’opportunità dei metodi seguiti e dei materiali offerti.
Si è cercato di capire se era il momento di introdurre uno stimolo al cambiamento o se era meglio rispettare la fase che il ragazzo stava ancora sperimentando. Queste scelte ponevano delle domande su quanto avveniva a livello intrapsichico nella persona, domande a cui spesso era difficile dare risposta, e che restavano interrogativi presenti nelle nostre osservazioni.
Obiettivo prioritario è stato, quindi, quello di far vivere ai ragazzi uno spazio di libera espressione, senza compiti prefissati né aspettative di risultati. Dopo una prima fase di presentazione del materiale e di spiegazione di come usarlo, sono stati fatti passi verso l’autonomia e la scelta personale.
Le risposte sono state sorprendenti: ogni individuo si è espresso creativamente in uno stile personale e riconoscibile.
Sono stati anche incoraggiati il riordino e la pulizia come fasi conclusive di riorganizzazione delle emozioni e di aiuto alla separazione. Nella seconda fase del lavoro i gruppi sono stati ridotti per poter seguire maggiormente alcune situazioni e per un utilizzo più appropriato dello spazio a disposizione. In questa fase, dove è stato possibile attuare piccoli interventi volti al cambiamento, i materiali utilizzati sono stati le tempere, le matite e i pastelli, i pennarelli.

I percorsi individuali

Volendo analizzare i singoli percorsi può essere utile ricordare in modo sintetico le particolarità espressive degli utenti. Alcuni allievi erano in grado, con modalità diverse, di arrivare alla simbolizzazione attraverso il disegno di forme riconoscibili o il loro riconoscimento nei lavori.
In altri hanno prevalso l’uso astratto dei colori, la gestualità e il godimento dato dalle caratteristiche di vischiosità e scorrevolezza del materiale.

Il lavoro in équipe

Molto stimolante è stata l’interazione di professionalità diverse (educatori, fisioterapista, arte terapeuta), per cogliere diversità complementari di interazione con i ragazzi e per creare sinergie di intervento.
La presenza costante dell’educatrici è stato un tramite molto utile nella conoscenza dei ragazzi, nel mettere a fuoco comportamenti stereotipati, per avere informazioni tempestive su situazioni di malessere e di difficoltà. Interessante è stato anche confrontare metodi di intervento diversi, partendo dal dato comune di una ricerca del benessere del ragazzo.
La presenza della fisioterapista ha permesso di osservare il cambiamento dei ragazzi che svolgevano in parallelo le due attività, con interessanti risultati che hanno fatto ipotizzare un lavoro abbinato.
La supervisione mensile di una psicologa ha permesso molto positivamente di mettere a confronto tutti i dati comportamentali dei pazienti e la loro evoluzione.

Le schede di osservazione

Inizialmente è risultato difficile riuscire a stilare le note di processo. Per questo ho messo a punto una scheda che mi ha permesso di fissare gli elementi di maggior rilievo e che si è modificata man mano che le mie capacità di osservazione si andavano sensibilizzando.
Di fronte a comportamenti in apparenza ripetitivi per le difese e stereotipie strutturate è importante cogliere le più piccole variazioni.

I materiali e gli strumenti

Come si è accennato, i materiali offerti sono stati le tempere, le matite e le matite colorate, i pastelli a cera e ad olio, i pennarelli e i gessi.
Malgrado la possibilità di scelta, i ragazzi hanno quasi sempre privilegiato l’uso delle tempere.
Sono stati scelti costantemente pennelli piuttosto grossi, a cui corrispondeva un varietà di movimenti – gestuali o di pennellate ripetitive – con cui venivano coperte superfici piuttosto grandi.
La scoperta delle possibilità di maggior controllo e precisione date dal pennello piccolo è stata effettuta da una sola persona alla fine dell’esperienza.
Elemento di grande attenzione è stata la scelta della carta. Si è passati dai fogli da disegno alla carta da pacco bianca, che ha aperto la strada a nuove possibilità espressive. La carta da pacco presenta la particolarità di avere un lato lucido che non assorbe il colore e un lato opaco. Il ragazzo si è trovato di fronte ad una nuova possibilità di scelta e ad una resa diversa del colore a seconda del lato che privilegiava.
l’uso delle tempere è stato anche influenzato dai contenitori in cui venivano poste. Ci è stato di aiuto in questo la grande varietà di contenitori in plastica che è possibile reperire riciclando le varie confezioni. Inizialmente si sono utilizzati dei bicchieri di plastica trasparente che permettevano un facile riconoscimento dei colori presentati uno alla volta, nettamente separati gli uni dagli altri.
Successivamente si sono introdotte quelle che abbiamo chiamato “tavolozze”, in realtà vaschette di plastica porta-uovo a sei scomparti o altri contenitori a tre e a quattro vaschette.
Si sono impiegati anche dei vasetti di vetro che permettevano una migliore conservazione del colore.
E’ stato possibile notare come il bicchiere porti il ragazzo all’esplorazione del materiale attraverso il travaso di più colori in uno stesso contenitore e il loro mescolamento, operazione che ne può assorbire l’attenzione anche per 10/20 minuti e di cui deve essere sollecitata l’interruzione, tanto sembra gratificante. A questa prima fase segue, a volte, una stesura regressiva del colore, che può portare alla sua fusione e al suo impiego in quantità eccessive, in una situazione gioiosa in cui però la perdita del controllo sconfina facilmente in situazioni di sporco e di caos.
La tavolozza, che presenta più colori accostati, stimola comportamenti di esplorazione più controllata, di accostamento di più colori sul foglio che solo in una seconda fase, a volte, vengono fusi. Nei casi di comportamento regressivo viene rovesciata direttamente sul foglio, ossservando quello che succede e mescolando poi i colori. Più facilmente la tavolozza spinge ad una espressione più controllata, anche se non sempre risulta gradita, probabilmente perché crea una situazione complessa dove la persona si trova a scegliere tra più possibilità. Spesso è stato possibile osservare come l’utente annulli la diversità mescolando i colori scomparto per scomparto, realizzando alla fine un colore unico. I vasetti di vetro permettono con minor piacere operazioni di mescolamento e fusione dei diversi toni. Mantengono maggiormente divisi e puliti i colori. Possono essere un buon mezzo per cercare di contenere le fasi regressive.
Le piccole dimensioni, che permettono l’utilizzo di resti di colore, hanno stimolato in noi operatori la creazione di nuovi toni di colore. Si sono usati questi vasetti “speciali” come regalo personalizzato, che i ragazzi hanno mostrato di gradire molto.

I soggetti rappresentanti nei lavori

Terminato di dipingere spesso i ragazzi erano in grado di esprimere a parole cosa avevano rappresentato. Il tema che con più frequenza veniva descritto è stato il mare. Spesso si trattava del mare di una certa località dove la persona era stata in vacanza, magari con i genitori, altre volte si trattava di mare e basta, ma nello sguardo e nell’espressione veniva comunicata anche una sensazione di benessere, come se l’esperienza del dipingere fosse stata messa in relazione con altri momenti significativi. Questo tema è stato ripetuto con colori e modalità differenti, in dipinti astratti senza l’intenzione di una rappresentazione realistica.
Davanti all’insistenza con cui questo soggetto è apparso, mi chiedo se vi sia l’evocazione di temi e ricordi molto profondi, legati ad un originario stato di benessere assoluto e non sia da ritenersi, in un certo senso, una espressione simbolica.
Un secondo soggetto è stato il cielo, seguito dal tema del sole.
Anche in questi casi l’opera non suggerisce i contenuti con rimandi realistici,
se non nel caso della ricerca della luminosità. Mi ha stupito osservare il grande consumo di giallo con cui i ragazzi hanno dipinto interi fogli da disegno. Questo avveniva particolarmente nelle giornate grigie, quasi venisse effettuata una sorta di cromoterapia per compensare il brutto tempo e la mancanza di luce.

Reazioni controtransferali

L’intervento nell’ambito dell’handicap fisico e mentale si confronta con i gravi limiti relazionali, operativi e cognitivi dell’utente. Anche con le migliori intenzioni è possibile cadere nella spirale discendente descritta da Spivak (la ?spirale viziosa? della desocializzazione)(1): si offre a un paziente un inserimento in una nuova attività con la speranza che possa affrontare quanto viene proposto e ambientarsi nel gruppo. Di fronte alle nuove difficoltà incontrate e al nuovo fallimento si riducono le aspettative nei suoi confronti, offrendo successivamente campi d’azione e autonomie sempre più ristrette, con scarsa stimolazione al mettersi nuovamente in gioco del soggetto.
L’arte terapia per le caratteristiche già evidenziate ha la possibilità di rompere situazioni di stagnazione, anche se reazioni controtrasferali all’impossibilità del cambiamento possono essere presenti, malgrado ogni intenzione programmatica.
I partecipanti di questa esperienza terapeutica non risultavano inseriti in altre attività.
All’inizio l’intervento ha ottenuto l’effetto sperato: ogni persona è stata in grado di esprimersi con modalità personali, con stupore degli operatori con cui era a contatto da tempo.
Nel susseguirsi delle sedute, si è potuto osservare come spesso alla gioia, all’eccitazione, al piacere che facevano seguito all’attività artistica, non seguisse il formarsi di un’esperienza, di ricordi e apprendimenti. Si era come di fronte ad una bellissima spiaggia piena di impronte e di segni, che veniva “lisciata” dal gioco continuo della risacca.
Questo era presente soprattutto nelle persone che si esprimevano in modo regressivo, trasformando l’uso dei colori in un gioco scatenato, o in una stesura del fondo con caratteristiche ossessive compulsive, indipendentemente dalle loro possibilità cognitive.
Nel ripetersi delle sedute il risultato era lo stesso, senza che apparisse una pur piccola crescita. Non potevo però paragonare quello che andavo osservando alla regressione che avevo avuto modo di vedere in pazienti psicotici o borderline, dove, da un livello di rappresentazione organizzato si passava a modalità più regredite. Avevo invece l’impressione che riuscendo a far utilizzare a questi ragazzi i materiali artistici si riuscisse a liberare energia e vitalità, che nascoste da comportamenti più stereotipati, fuoriuscivano in modo non controllato perché scarsamente sperimentate.
Mi trovavo nella situazione di sentirmi a tratti sommersa da queste modalità, ma nell’impossibilità di intervenire con un?operazione di contenimento che prevedesse in qualche modo di limitare la loro creatività.
Sentivo troppo importante per queste persone l’essere in un uno spazio che non ponesse nessuna richiesta e nessuna aspettativa.
In mancanza di desideri altrui potevano esprimere desideri propri(2), e questo era troppo importante per introdurre limitazioni che non fossero quelle utili a salvare il loro lavoro e quello dei compagni. Mi sono chiesta, inoltre, se non fosse estremamente facile far passare delle richieste e ottenere delle risposte compiacenti, che nutrissero atteggiamenti legati al falso sé. Mi preoccupava che il turbamento che provavo, ad esempio, di fronte ad un uso eccessivo del colore, potesse passare come comunicazione inconscia condizionando l’espressione del soggetto.
Scherzando mi dicevo che probabilmente erano le difficoltà di approvvigionamento dei materiali che mi rendevano ansiosa di fronte ad un loro utilizzo massiccio Ho continuato, pertanto, ad osservare e ad aspettare, per vedere se la persona fosse riuscita a nutrirsi con i materiali artistici e con l’accettazione incondizionata che le veniva offerta in un setting protetto e, quindi, contenitivo, nella speranza che riuscisse a raggiungere un senso di sazietà nel corso delle sedute. In qualche caso si sono avuti dei piccoli cambiamenti, in altri il gioco continua a ripetersi con le stesse modalità.

Conclusione

Restano aperte una serie di domande, prima fra tutte se quello che ho potuto osservare sia o meno un comportamento regressivo.
Sottolineo questo ulteriore elemento di riflessione pensando a quei ragazzi che per arrivare a “giocare” in modo caotico con i colori, hanno comunque dovuto superare una fase di rifiuto legata alla paura di sporcarsi e di toccare i materiali. In questo soggetti vi è stato in ogni caso il raggiungimento di una fase di espressione positiva e una evoluzione nel comportamento.
Secondariamente mi chiedo come utilizzare questo tipo di comportamento giocoso e vitale, che ho definito in questa fase “regressivo”, per lo sviluppo del soggetto, soprattutto nei casi in cui non è possibile demandare alla simbolizzazione e al linguaggio verbale funzione di traino.

l’esperienza descritta fa parte dell’attività condotta all’interno del CSE della Ussl 33 di Rho (Mi) dall’arte terapeuta Elvira Impegnoso per conto della cooperativa Stripes

Note(1) M.Spivak, Introduzione alla riabilitazione sociale: teoria, tecnologia e metodi di intervento (traduzione e presentazione di L. Burti), in Rivista sperimentale di Freniatria, 111, 1987.
(2) M.Mannoni, Il bambino ritardato e la madre, Bollati Boringhieri, 1971