Bambini venuti dal freddo

Non è semplice fare chiarezza su quelle che potrebbero essere le conseguenze delle varie tecniche di fecondazione assistita sul normale sviluppo del bambino e sulla sua famiglia data la scarsezza di materiale esistente e la relativa novità che esse rappresentano. Il materiale più interessante in questo senso è rappresentato dalla ricerca “The European study of assisted reproduction families: family functioning and child development” pubblicato su “Human reproduction” volume 11, n.10. Questo importante studio è stato condotto da S. Golombok, A. Brewaeys, R. Cook, M.T. Giavazzi, A. Mantovani, Evan Hall, P.G. Crosignani e S. Dexeus, in Gran Bretagna, Italia, Olanda e Spagna.

Questa ricerca ha avuto come obiettivo quello di studiare la relazione tra genitori e figli e lo sviluppo socio-emotivo di bambini nati in provetta, attraverso i due metodi più diffusi FIVET (fecondazione artificiale in vitro con embrio transfert) e DI (donazione di sperma), comparati a gruppi di controllo di famiglie con bambini concepiti naturalmente e con bambini adottati. L’utilità di questo studio è data dal fatto che non esistono dati empirici che rivelino eventuali e reali conseguenze per queste famiglie, direttamente imputabili alle loro scelte
riproduttive, e dal far luce sulle convinzioni sempre più contrastanti che circolano tra ricercatori, operatori ed opinione pubblica.
Da quando è stata introdotta la fecondazione in vitro, infatti, i grandi passi in avanti compiuti nelle tecnologie di fecondazione assistita hanno portato alla creazione di alcune tipologie familiari che non sarebbero altrimenti esistite. In caso di fecondazione artificiale infatti, il bambino può essere geneticamente imparentato con entrambi i genitori o, a seconda dell’utilizzo dell’ovulo e/o dello sperma donato, con uno dei due o con nessuno dei due. Quest’ultimo caso è simile a quello del bambino adottato in quanto non si ha parentela con entrambi i genitori, la diversità sta nel fatto che essi hanno vissuto l’esperienza della gravidanza (esperienza non priva di importanti implicazioni psicologiche e per la mamma e per il bambino stesso) e sviluppano una relazione con il bambino a partire dalla nascita.
Come sottolineato da Einwohner (1989) è quindi oggi possibile per i bambini avere cinque genitori: la donatrice dell’ovulo, il donatore di sperma, la madre che dà alla luce il bambino e i due genitori sociali che il bambino conosce come madre e padre. La creazione di queste nuove tipologie di famiglie impone di porsi delle domande importanti sulle conseguenze psicologiche per il bambino; è da queste considerazioni quindi che parte la ricerca.
Si è spesso sostenuto, in particolare da parte di ricercatori e operatori nel campo dell’adozione, che i bambini hanno bisogno di avere informazioni sui loro genitori biologici e che se essi non hanno queste informazioni saranno confusi sulla loro identità e saranno a rischio di problemi emotivi (Sants, 1964: Triseliotis,1973; Hoopes,1990; Schechter and Bertocci 1990). Nel campo degli studi sulla fecondazione assistita è stato fatto un parallelo con le adozioni dove si affermava che un mancato legame genetico tra genitore e figlio potrebbe essere un elemento che minaccia la relazione tra questi (Warnock, 1984). Si sostiene che il segreto che circonda la donazione dell’ovulo o dello sperma, potrebbe minare le relazioni familiari e far sì che i bambini concepiti con donazione di gamete si sentano confusi riguardo la loro identità (Snowden et al. 1983; Claman 1989; Snowden, 1990; Daniels and Taylor, 1993). Si ritiene che il tener segrete le origini del bambino sia deleterio per le dinamiche familiari perché crea delle barriere tra chi sa e chi non sa e inoltre è causa d’ansia nel momento in cui si discute di argomenti correlati alla fecondazione (Karpel 1980). Se il bambino nato con fecondazione artificiale debba sapere o meno delle sue origini genetiche rimane una delle questioni etiche più scottanti aperte dalla fecondazione artificiale. Mentre i genitori generalmente non sono stati incoraggiati a parlarne ai loro figli, c’è una parte sempre più consistente dell’opinione pubblica che pensa che non sia giusto omettere certe informazioni, motivata sia dal diritto del bambino di sapere sia dalla preoccupazione sugli effetti che possono avere segreti di tale portata all’interno della famiglia. Esistono inoltre altre preoccupazioni più generali rispetto alla fecondazione assistita relative alle esperienze cui sono sottoposti i genitori durante gli esami e le indagini sulla loro sterilità che spesso durano anni. Si è sostenuto che i genitori che non sono riusciti ad accettare la loro sterilità potrebbero avere difficoltà nella relazione con i figli (Burns, 1990). Questo sembra costituire un problema anche per i genitori adottivi (Brodzinsky, l987; Humphrey and Humphrey, 1988). Inoltre mentre se per alcune coppie l’esperienza della sterilità non ha effetti deleteri sul loro matrimonio, per altre lo stress dovuto alla sterilità, così come le stancanti procedure legate alla cura della stessa, si traducono in difficoltà coniugali (Cook et al. 1989). Per quelle coppie dove i problemi persistono si hanno forti probabilità che i problemi si riversino anche sui bambini (Cox et al. 1989; Howes and Markman, 1989).
Esistono comunque prove empiriche sempre più consistenti che dimostrano come il corso dello sviluppo socio-emotivo del bambino sia strettamente legato alla qualità delle relazioni d’attaccamento nei confronti dei suoi genitori (Rutter 1995) e secondo la teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1969, 1973; Main et al., 1985), è il tipo di risposta dei genitori e non il loro essere biologicamente imparentati col bambino a essere decisiva per lo sviluppo di relazioni d’attaccamento sicure. Poiché la maggior parte dei bambini concepiti con donazione di gamete non sanno nulla delle loro origini, non è possibile mettere in relazione o attribuire le eventuali difficoltà che incontrano al fatto che essi sappiano di non essere geneticamente imparentati coi loro genitori o con uno di essi. Ci si potrebbero aspettare quindi unicamente delle conseguenze negative al concepimento artificiale in quanto la mancanza di legami genetici potrebbe interferire nella qualità della relazione tra genitori e figli.
Il contesto sociale delle famiglie è stato oggetto negli ultimi anni di una attenzione sempre maggiore e si sono indagati in particolare i processi nell’ambiente sociale che possono influenzare le relazioni familiari. E’ importante ricordare a questo proposito che vi possono essere atteggiamenti negativi nei confronti delle nuove tecnologie di fecondazione assistita, le quali possono talvolta essere giudicate immorali o innaturali. Di conseguenza è possibile che le famiglie con bambini nati in provetta si vengano a scontrare con un aperto pregiudizio non solo da parte della comunità allargata ma anche dei loro stessi parenti o amici. Il fatto che la ricerca sia stata condotta in paesi del sud e del nord Europa permette di analizzare i diversi comportamenti culturali nei confronti della riproduzione artificiale, ma permette di esaminare anche quale sia l’influenza che gli atteggiamenti predominanti esercitano sul funzionamento di queste nuove tipologie di famiglie. Ci si potrebbe aspettare ad esempio che i genitori DI del nord Europa a maggioranza protestante parlino ai loro figli delle loro origini molto più facilmente di quanto non lo facciano genitori DI provenienti da paesi cattolici del sud dell’Europa e che i bambini a cui era stata detta la verità fossero psicologicamente più stabili degli altri a cui non era stato detto niente.
Per far luce su queste importanti problematiche sono state prese in considerazione 116 famiglie con bambini, tra i 4 e gli 8 anni, nati con fecondazione in vitro FIVET e 111 famiglie con figli nati da donazione di sperma DI. Il gruppo di controllo delle 115 famiglie adottive è stato reperito attraverso le agenzie di adozione selezionando le famiglie con bambini tra i 4 e gli 8 anni adottati nel primo anno di vita. Le 120 famiglie con bambini concepiti naturalmente sono state selezionate nei reparti maternità degli ospedali e nelle scuole, e accoppiate in maniere il più possibile simile alle altre famiglie per quanto riguarda l’età e il sesso del bambino/a, l’età della madre, la classe sociale e la grandezza della famiglia.

Raccontare ai bambini le loro origini

Nemmeno uno dei genitori dei bambini concepiti tramite donazione in nessuna delle quattro nazioni considerate nello studio ha raccontato al proprio bambino il metodo di concepimento. Quando e’ stato chiesto alle madri se avessero intenzione di dirlo al proprio figlio nel futuro, la maggior parte (75%) ha riportato che erano risolutamente decise a non farlo, il 13% non aveva ancora deciso e solo il 12% aveva intenzione di dirlo al bambino. Una significativa differenza tra nazioni e’ stata rilevata rispetto all’intenzione di dirlo al bambino. I genitori Italiani erano decisamente contrari a dirlo, il 100% ha infatti deciso di non farlo mai, seguono i genitori inglesi e olandesi, dei quali rispettivamente l’82% e il 76% ha deciso che non ne avrebbe parlato col bambino. In Spagna i genitori sono sembrati più aperti all’idea di dirlo, con solo il 48% deciso a non farlo mai.
Sebbene la maggior parte dei genitori DI abbia deciso di non dirlo ai propri bambini, più della metà (56%) lo ha detto ad amici o a familiari. Inoltre, più di un terzo (39%) dei nonni materni e’ stato informato, paragonato a meno di un quarto (23%) dei nonni paterni. Non c’è stata una differenza significativa tra le varie nazioni nell’informare i nonni materni o paterni, né nel dirlo agli amici. Nel complesso, il 71% del campione non si è confidato con nessun amico, il 28% con pochissimi amici e solo l’1% lo ha detto a molti amici.

Qualità del parenting

Sono state formulate quattro considerazioni globali sulla qualità del parenting prendendo in considerazione le informazioni ottenute da un’intervista completa alla madre:
1) il calore
E’ risultato che le madri che hanno concepito attraverso fecondazione assistita esprimono un calore verso i loro figli significativamente superiore a quello espresso dalle madri di figli concepiti naturalmente. Le madri da fecondazione assistita non differiscono dalle madri adottive per questa variabile, e non c’è stata una differenza significativa nel calore espresso verso il figlio in funzione del tipo di fecondazione
utilizzato.
2) il coinvolgimento emotivo
Le madri di bambini concepiti attraverso la fecondazione assistita hanno dimostrato un maggiore coinvolgimento emotivo rispetto alle madri di figli concepiti naturalmente senza alcuna differenza tra le madri di tipo FIVET e DI. Il livello di coinvolgimento emotivo mostrato dalle madri con fecondazione assistita era simile a quello delle madri adottive.
3/4) l’interazione madre-bambino e padre-bambino
I padri dei bambini concepiti attraverso la fecondazione assistita hanno dimostrato una maggior interazione con i loro figli rispetto ai padri naturali. Non c’è stata differenza nella qualità dell’interazione tra padri FIVET e DI, inoltre i padri adottivi non hanno differito in maniera significativa dai padri di figli concepiti attraverso la fecondazione assistita.
Sebbene non sia stata trovata una differenza di gruppo nell’interazione madre-figlio, il contrasto tra madri da fecondazione assistita e madri naturali e’ stato significativo, indicando una maggiore interazione tra madri e figli in famiglie con fecondazione assistita.

Le emozioni del bambino, il suo sviluppo, le sue relazioni

La presenza di problemi comportamentali o emozionali nel bambino è stata valutata usando la scala “A” Rutter che veniva compilata dalla mamma e dalla scala “B” Rutter che veniva completata dall’insegnante del bambino. Non e’ stata riscontrata differenza tra i punteggi dei gruppi “A” e “B” dimostrando che i bambini non differiscono rispetto alla presenza di problemi emotivi o comportamentali, tuttavia l’interazione gruppi-nazionalità e’ stata significativa mostrando punteggi di scala “A” più alti per bambini DI in Olanda. Non è stata riscontrata alcuna differenza tra gruppi nei punteggi di scala “B”, indicando che le valutazioni degli insegnanti relative alle difficoltà emotive e comportamentali dei bambini non differivano rispetto al tipo di famiglia, ma c’è stata una significativa interazione gruppo- nazionalità, ancora esprimendo punteggi più alti tra i bambini DI in Olanda.
Per quanto riguarda una valutazione standardizzata dei sentimenti dei bambini verso i loro genitori è stata sottoposta ai bambini una versione modificata del Family Relations Test (Bene e Anthony, 1985). Il bambino sceglie un padre e una madre immaginari da un set di figure ritagliate e queste vengono collocate di fronte al bambino insieme a una figura neutrale, il ?sig. Nessuno’. Poi vengono date al bambino un set di carte con stampato su ognuna un messaggio emozionale (ad es. ?il bambino pensa che tu sia simpatico’) e gli viene chiesto di distribuirle alla persona alla quale sente sia più giusto dare quel messaggio. Il test si proponeva di verificare e misurare i sentimenti positivi e negativi dal bambino verso ciascun genitore, e, al contrario, da ognuno dei genitori al bambino. Le risposte dei bambini al test rispecchiavano le valutazioni espresse in separata sede da entrambi i genitori in merito ai sentimenti nei confronti dei figli (Bene e Anthony 1985). E’ significativo che un numero superiore di bambini le cui madri sono state inserite nella categoria “accepting/accoglienti” (in base ai dati ottenuti da interviste con le madri che erano all’oscuro delle risposte dei bambini), attribuirono sentimenti prevalentemente positivi alle loro madri rispetto ai bambini le cui madri appartenevano alla categoria “neglecting/negligenti”. Allo stesso modo un piccolo gruppo di bambini, i cui padri venivano descritti dagli operatori sociali o dalle madri come ostili, punitivi, o con una bassa autostima, attribuirono, durante la somministrazione del test, prevalentemente sentimenti negativi ai loro padri. In questo studio i punteggi venivano combinati per dare due valutazioni globali per ogni bambino:
1) sentimenti positivi tra bambino e madre [(sentimenti positivi verso la madre + sentimenti positivi dalla madre) ? (sentimenti negativi verso la madre + sentimenti negativi dalla madre)];
2) sentimenti positivi tra bambino e padre [(sentimenti positivi verso il padre + sentimenti positivi da parte del padre) ? (sentimenti negativi verso il padre + sentimenti negativi da parte del padre)], dove ad un punteggio alto corrisponde un sentimento molto positivo.
Rispetto al Family Relations Test, non e’ stata riscontrata alcuna differenza tra gruppi per quanto riguarda i sentimenti dei bambini sia verso la madre che verso il padre e nemmeno vi sono state interazioni di gruppo-nazionalità significative per queste variabili. Ad ogni bambino è stata inoltre somministrata la Pictorial Scale of Perceived competence and social acceptance for young children (Harter e Pike, 1984). Questo test permette di misurare la percezione del bambino delle sue competenze fisiche e cognitive, e la sua percezione del livello di accettazione da parte della madre e dei pari, in considerazione del collegamento esistente tra questi fattori e lo sviluppo dell’autostima nella seconda infanzia. Si ottiene un punteggio per ognuno di questi indicatori:
-competenza cognitiva
-competenza fisica
-accettazione materna
-accettazione dei pari.
Più il punteggio è alto più sono positive le autopercezioni del bambino rispetto alle sue competenze e all’accettazione sociale. Non è stata riscontrata nessuna significativa differenza di gruppo e nessuna significativa interazione gruppo-nazionalità per ogni subscala della Pictorial Scale of Perceived Competence and Social Acceptance.

Conclusioni

I risultati del presente studio dimostrano che le madri di bambini concepiti tramite fecondazione assistita esprimono più calore nei riguardi dei propri figli, sono più coinvolte emotivamente con i propri figli, interagiscono di più con essi e riportano un minore stress associato alla loro maternità rispetto al gruppo di madri che hanno concepito i propri bambini per via naturale. Analogamente i padri da fecondazione assistita interagiscono di più con i loro figli e contribuiscono di più alla qualità del parenting (in modo particolare in Olanda) rispetto ai padri di figli concepiti naturalmente. Che si sia fatto uso di spermatozoi di un donatore per concepire il figlio oppure no, non sembra fare molta differenza per la qualità della genitorialità in famiglie con fecondazione assistita, poiché i genitori DI non hanno mostrato differenze rispetto ai genitori FIVET per nessuna delle variabili considerate. Un’ulteriore prova del fatto che la mancanza di un legame genetico tra uno o entrambi i genitori e il bambino non ha alcuna conseguenza negativa nel rapporto genitori-figli, viene dalla scoperta che le famiglie adottive sono simili a quelle da fecondazione assistita rispetto ai modelli di parenting. La sola eccezione trovata sta nel maggior contributo alla disciplina dei figli da parte di padri adottivi rispetto a quelli con fecondazione assistita. Dove sono state rilevate differenze in relazione al benessere emotivo dei genitori, tali differenze riflettono un miglior adattamento psicologico tra le madri di bambini da fecondazione assistita e una maggiore soddisfazione coniugale tra le madri adottive. Per quanto riguarda gli stessi bambini non sono state notate differenze globali di gruppo sia per quanto riguarda la presenza di disturbi psicologici, sia per lo sviluppo dell’amor proprio dei bambini.
E’ stato inoltre dimostrato che i dati acquisiti sulla qualità del parenting e sullo sviluppo socio-emotivo del bambino sono simili in ciascuna delle quattro nazioni considerate. Le poche eccezioni sono quasi interamente associate allo stato psicologico dei genitori piuttosto che alla qualità delle relazioni famigliari. Tuttavia i bambini DI in Olanda hanno mostrato una maggior evidenza di problemi emotivi e comportamentali rispetto ai bambini DI delle altre nazioni come misurato sia dalle madri che dagli insegnanti. Sebbene la ragione di questo fenomeno rimanga poco chiara, si suppone che queste differenze fossero associate alla bassa classe sociale delle famiglie DI paragonate alle altre famiglie in Olanda.
Contrariamente alle attese non è stata trovata alcuna prova della differenza tra famiglie DI tra nord e sud Europa. Colpisce il fatto che nessuna delle 111 famiglie DI che hanno partecipato alla ricerca abbia detto ai propri bambini delle loro origini genetiche. Ciò suggerisce che la donazione di sperma non viene in genere percepita come una via accettabile alla genitorialità in nessuno dei paesi studiati. Per quanto tenere segreto al bambino di 4-8 anni il metodo di concepimento non sembri avere impatti negativi sulle relazioni familiari o sullo sviluppo psicologico del bambino, resta da vedere se questo silenzio possa causare delle difficoltà man mano che il bambino cresce. Potremmo aspettarci che i problemi possano manifestarsi nell’adolescenza, il periodo in cui emergono i problemi di identità e le difficoltà nelle relazioni con i genitori diventano più evidenti. E’ dimostrato che i bambini adottati mostrano una maggiore comparsa di problemi comportamentali e emotivi durante l’adolescenza rispetto a bambini non adottati (Maughan and Pickles, 1990) allo stesso modo mostrano un aumento di interesse verso i loro genitori biologici (Hoopes, 1990). E’ importante evidenziare che il tasso di risposta delle famiglie DI in
questo studio e’ stato solo del 47%, e che quelle famiglie che avevano problemi potrebbero aver avuto meno interesse a partecipare a questa ricerca. E’ impressione dei ricercatori, tuttavia, che il basso tasso di risposta rifletta largamente la preoccupazione dei genitori che, partecipando alla ricerca, avrebbero potuto mettere in pericolo la segretezza riguardo al concepimento del proprio bambino.
In alcuni paesi europei l’assistenza alle famiglie che stanno considerando la fecondazione assistita attraverso l’utilizzo di gameti donati, è diventata legge, o lo sta per diventare. Assistenza che dovrebbero ricevere per capire le possibili conseguenze per la futura famiglia nell’avere un figlio geneticamente non legato ad uno o entrambi i genitori. E’ infine cruciale ottenere dati sistematici sulle reali conseguenze per i bambini e i loro genitori sulle procedure per la fecondazione assistita per far sì che i legislatori prendano decisioni informate e per fornire consulenze efficaci ai potenziali genitori.

L’intervista:

Maria Teresa Giavazzi, psicologa alla Prima clinica ostetrica e ginecologica dell’Università di Milano, è la responsabile del gruppo italiano della ricerca europea sui bambini nati con fecondazione assistita diretta da Susan Golombok della City University di Londra. Da 15 anni lavora come consulente in un centro privato per la fecondazione assistita e da tempo si occupa di famiglie “non tradizionali”. Le abbiamo rivolto alcune domande.

Come è nata la ricerca e con quali criteri è stata effettuata?
La ricerca è stata commissionata dall’Unione europea tra il 1995 e il 1996 ed è a tutt’oggi la più ampia e completa mai effettuata sui bambini nati con fecondazione assistita. Sono coinvolti quattro gruppi nazionali, Olanda,Gran Bretagna, Italia e Spagna, che hanno esaminato in totale circa 400 famiglie con bambini tra i 4 e gli 8 anni. In Italia abbiamo seguito 83 famiglie provenienti da ogni parte del paese. Attualmente siamo nella seconda fase della ricerca e stiamo esaminando gli stessi gruppi a qualche anno di distanza per controllare lo sviluppo a 11 anni. L’importanza di questo studio è quella di aver fatto un follow-up su bambini di una certa età nati sia da fecondazione in vitro ma anche da inseminazione da donatore.

A che punto è arrivata la seconda fase della ricerca?
Delle 83 famiglie coinvolte nello studio sono 31 le famiglie in Italia con bambini che hanno già compiuto gli 11 anni, età necessaria perchè l’intervista possa essere ripetuta. Di queste 31 solo per tre famiglie non è stato possibile ripetere l’intervista (in un caso la madre era deceduta, nel secondo caso i genitori si erano separati e la madre trasferitasi non era più rintracciabile e infine per una coppia adottiva si è registrato il rifiuto a ripetere l’intervista). Mentre per quanto riguarda le restanti 52 famiglie che formavano il gruppo iniziale è necessario attendere che i bambini raggiungano l’età da intervista ed è per questo motivo che la seconda fase della ricerca terminerà nel 2001.
Quali sono le aspettative e le ipotesi riguardo gli esiti della seconda parte della ricerca?
Benché non siano ancora disponibili dati certi e definitivi, personalmente non ho riscontrato per il momento variazioni rispetto ai risultati della prima fase. In questa seconda fase abbiamo bambini in età preadolescenziale. Le mie aspettative sono che questi bambini siano tanto positivi quanto lo erano nella prima fase e che eventuali problemi scolastici o di comportamento siano ricollegabili alla loro età e non al fatto che siano adottati o nati da fecondazione assistita.

Dai dati in vostro possesso vi risulta che i genitori informino i bambini sulla loro nascita “diversa”?
Occorre distinguere tra i bambini nati in vitro, per i quali il “segreto” è meno pesante ed è più facile parlarne perchè il bambino è figlio biologico di entrambi i genitori, dai bambini nati da sperma donato. Per i genitori di questi ultimi è preferibile tacere poiché ci sono timori legati sia all’accettazione sociale e al giudizio delle persone con i conseguenti problemi che potrebbero sorgere per il bambino, sia a un inconscio bisogno di rimozione da parte dei genitori. In particolare in Italia e in Spagna, quindi, la coppia preferisce tacere e gestire la paura del ?fantasma del donatore’ al suo interno senza coinvolgere il bambino.
Questo segreto non potrà poi nella fase adolescenziale causare dei problemi ai ragazzi?
Per questi bambini di 11 anni che si trovano appunto nella fase preadolescenziale, in cui ad esempio il bambino adottivo ancora non tira fuori il ?genitore fantasma’, è ancora troppo presto. E’ difficile quindi allo stadio attuale della ricerca ipotizzare alcunché riguardo la fase adolescenziale dei ragazzi. Al momento non è previsto che la ricerca segua le famiglie quando i ragazzi avranno 15 anni, nel cui caso sarebbe possibile dire qualcosa in più rispetto a questo argomento.