Cambiamento e persistenza
E’ un dato abbastanza normale della nostra esperienza che, ogni volta che osserviamo una persona, una famiglia o un sistema sociale più ampio con problemi che persistono nonostante il desiderio e lo sforzo di cambiare la situazione, ci poniamo domande del tipo: “Come mai persiste questa situazione”? e “Cosa bisogna fare per cambiarla”?.
Nell’arco della sua storia la cultura occidentale ha elaborato diverse teorie sulla persistenza e sul cambiamento. Ha considerato però i due termini in maniera assoluta, non concentrando l’attenzione sul loro aspetto relazionale e complementare; è arrivata quindi ad una concezione simile a quella di un universo in cui tutto è azzurro e nel quale perciò è impossibile elaborare il concetto di azzurrità perché mancano colori che fanno contrasto.
Il cambiamento (o la persistenza) fa parte di una dicotomia che ha nella persistenza (o nel cambiamento) il proprio termine opposto e complementare. Soltanto però con lo sviluppo della Cibernetica e della Teoria generale dei sistemi i problemi connessi tanto alla persistenza che al cambiamento hanno avuto un ruolo di primaria importanza e hanno trovato la loro giusta collocazione.
P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch del Mental Research Institute di Palo Alto propongono come una valida struttura concettuale della dipendenza caratteristica fra persistenza e cambiamento una teoria matematica: la “Teoria dei Gruppi”. Riconoscono tuttavia che tale teoria non ci offre alcun modello di quei tipi di cambiamento che trascendono un dato sistema o schema di riferimento e a tale scopo ricorrono ad un’altra teoria di carattere logico-matematico, la “Teoria dei Tipi Logici”, elaborata da Whitehead e Russell nella loro opera monumentale “Principia Mathematica”.
Cambiamento 1
La Teoria dei Gruppi nasce dalle considerazioni e dai pensieri che Evariste Galois, un matematico francese di vent’anni, riuscì a fissare su pochi fogli la notte prima di essere ucciso in duello per motivi politici, nel 1832.
Definizione
Per definizione un Gruppo è un insieme G di elementi per cui sono soddisfatte le seguenti proprietà: 1) E’ definita in G un’operazione (*) che associa a due elementi qualsiasi a, b di esso un elemento c dello stesso insieme (a*b = c); 2) Tale operazione gode della proprietà associativa: (a*b)*d = a* (b*d); 3) Esiste un elemento e di G, detto unità, tale che, per qualunque elemento a di G, si ha a*e = e*a = a; 4) Ad ogni elemento a di G si può associare un elemento a^, sempre di G, detto inverso di a, tale che a*a^ = a^*a = e.
Esempio
Gli elementi di un gruppo possono essere di qualsiasi natura, numeri, oggetti, concetti, eventi, purché abbiano una caratteristica comune (che ne fa un insieme), l’operazione dia ancora come risultato un elemento del gruppo e non fuori di esso (invarianza), siano rispettate le altre proprietà. Un esempio di gruppo in campo matematico è l’insieme Z dei numeri interi (…-3,-2,-1,0,1,2,3,..) con la somma come operazione: 1) essa dà come risultato ancora e sempre un elemento di Z; 2) (3+5)+7 = 3+(5+7); 3) 0 è l’elemento e per cui -2+0 = 0+(-2) = -2; 4) se prendo un numero qualsiasi di Z (p.e. -4) ho il suo inverso sempre in Z (cioè 4) e vale che -4+4 = 4+(-4) = 0.
Applicata agli organismi sociali, la teoria dei gruppi ci offre una struttura concettuale sul genere di cambiamento che può verificarsi all’interno di un sistema il quale resta invece immutato: il cambiamento, introdotto dall’operazione e dalle proprietà del gruppo stesso, non produce niente di esterno al gruppo e tantomeno un cambiamento delle regole che lo governano. Questo tipo di cambiamento viene chiamato dagli stessi autori “Cambiamento1” e, da quanto si è appena detto, risulta chiaro il suo stretto legame con la persistenza; persistenza che si riferisce alla struttura del sistema in cui esso
agisce. Un sistema che può passare attraverso tutti i suoi possibili cambiamenti interni senza provocare un cambiamento del sistema stesso, si dice che è preso in un gioco senza fine e non può generare al suo interno le condizioni del proprio cambiamento.
Esempi tipici di Cambiamento 1 si hanno nelle situazioni in cui la soluzione tentata per risolvere un problema diventa il problema stesso. Il proibizionismo come soluzione al problema delle droghe pesanti per esempio può rivelarsi peggiore del male iniziale: nascono un’industria e un commercio clandestini in mano alla malavita che riutilizza i guadagni per altre attività illegali e per la corruzione politica, si presentano sul mercato prodotti di qualità scadente o addirittura letali ecc. ecc. Anche se le leggi proibizionistiche vengono imposte con maggiore severità non si ottengono i cambiamenti desiderati e alla fine la “soluzione” diventa il peggiore dei due mali: prima c’era tra la popolazione un certo numero di tossicodipendenti; ora invece, oltre all’alto numero di tossicodipendenti, occorre far fronte ad un problema di organizzazioni criminali ben strutturate che controllano tutti i traffici illegali, dalle armi alla prostituzione, corrompono, uccidono e riescono addirittura a controllare alcuni governi.
Un errore comune commesso da chi soffre di insonnia consiste nel credere di potersi addormentare con un atto di volontà, per poi scoprire amaramente di non riuscirci. Il sonno, per sua natura, può sopravvenire solo in modo spontaneo ma non può verificarsi in modo spontaneo un fenomeno che è voluto. Tuttavia il soggetto colpito da questo disturbo, angosciato dal tempo che passa, si comporta in realtà come se ciò fosse possibile e il rimedio che tenta di applicare finisce col diventare la sua vera malattia.
Cambiamento 2
Il riferimento alla Teoria dei Tipi Logici serve a Watzlawick e agli altri ad introdurre il concetto di Cambiamento2, ovvero un cambiamento che, come si è già accennato, produce qualcosa di esterno al sistema di riferimento e “cambia” il sistema stesso.
La Teoria dei Tipi Logici nasce dall’esigenza di evitare le contraddizioni a cui dava luogo la Teoria degli Insiemi così come l’aveva elaborata G.Cantor; contraddizioni che derivano dal fatto di poter trattare una classe come un qualsiasi elemento che appartiene ad essa considerando quindi una classe come elemento di se stessa. Il genere umano è la classe di tutti gli individui ma non è a sua volta un individuo e quindi non è un elemento di quella classe. La più nota delle antinomie, quella scoperta da B. Russell nel 1902-3, è la seguente:
L’insieme di tutti gli insiemi che non contengono se stessi come elemento è e non è contemporaneamente elemento di se stesso. Infatti se questo insieme non contiene se stesso come elemento allora, per la definizione data, è elemento dell’insieme e quindi di se stesso; se viceversa è elemento di se stesso, questo significa che, sempre per definizione, non contiene se stesso come elemento.
La Teoria dei Tipi Logici distingue quindi il livello logico di un elemento da quello della classe a cui esso appartiene; il livello di tale classe da quello della classe delle classi a cui essa appartiene e così via. Questo evita, riprendendo un esempio scherzoso di Bateson, di mangiarsi il menù al posto del cibo (il menù è la classe dei nomi dei cibi).
Il Cambiamento 2 viene rappresentato come un passaggio, un salto che è quindi anche rottura e trasformazione, da un livello a quello immediatamente superiore (p.e. da un elemento alla classe cui appartiene) che ci dà la possibilità di uscire “fuori” dal sistema di riferimento. Durante un incubo si può correre, strillare, cadere, nascondersi, ma nessun cambiamento da un comportamento ad un altro può por fine all’incubo stesso; l’unico modo di uscire fuori da esso è destarsi. L’essere desti però non fa più parte del sogno e implica un cambiamento ad uno stato completamente diverso. Il Cambiamento2 è molto più difficile da identificare nelle scienze del comportamento che non, ad esempio, nella fisica. E’ innegabile tuttavia che il Cambiamento2 è un fenomeno quotidiano: la gente riesce sempre a trovare soluzioni nuove, gli organismi sociali sono capaci di autocorreggersi, la natura trova sempre nuovi adattamenti; il processo della scoperta scientifica, quello della creazione artistica e quello di buona parte della invenzione tecnologica consiste nell’uscire da una struttura vecchia per entrare in una nuova. Siamo molto vicini al trattare argomenti che hanno a che fare col pensiero creativo e col pensiero laterale.
Un aspetto importante già accennato del Cambiamento2 è che le sue manifestazioni pratiche, se osservate all’interno di un sistema che si presuppone strutturalmente immutabile, cioè in termini di Cambiamento1, possono apparire illogiche, paradossali e brusche dal momento che tale cambiamento è caratterizzato sempre da una “rottura” o un salto logico. Il Cambiamento2 non appare né familiare né comprensibile in termini di Cambiamento1 e la sua natura risulta inspiegabile e capricciosa. Visto dall’esterno del sistema però esso non è altro che un cambiamento delle premesse che regolano il sistema in quanto tale. Questo significa anche che le stesse premesse possono essere considerate a loro volta un gruppo soggetto all’invarianza e che quindi un cambiamento di queste premesse dovrebbe essere introdotto da un livello ancora superiore. In questa prospettiva anche i metodi di Bateson, del don Juan di Castaneda e di Erickson per indurre il cambiamento assumono un significato; metodi che si basano su l’incoraggiamento di comportamenti scabrosi, ampliamento di deviazioni, suggestioni di ricadute, accentuazione degli aspetti positivi del sintomo e inserimento della confusione.
Conclusioni
Per le quattro proprietà dei gruppi che presiedono alla creazione della interdipendenza fra cambiamento e persistenza all’interno del gruppo si può dire, secondo la Teoria dei Tipi Logici, che non sono esse stesse elementi del gruppo, bensì sul gruppo, esterne ad esso. I gruppi quindi restano immutati nella loro struttura solo a livello di Cambiamento1, ma sono soggetti al cambiamento a livello di Cambiamento2 (nel nostro esempio, se cambiamo l’operazione di somma con quella di divisione, lasciando immutato il resto, si “esce” dal gruppo): Teoria dei Gruppi e Teoria dei Tipi Logici risultano allora non solo compatibili ma anche complementari.
Note bibliografiche
P.Watzlawick, J.H.Weakland, R.Fisch, Change, Astrolabio, 1974, Roma.
Bradford P.Keeney, L’estetica del cambiamento, Astrolabio, Roma, 1985.
E.Casari, Questioni di filosofia della matematica, Feltrinelli, Milano, 1976.
G.Zappa, R.Permutti, Gruppi corpi equazioni, Feltrinelli, Milano, 1972.