I Centri di Aggregazione Giovanile

Una risposta ad un bisogno fondamentale dei giovani e dei ragazzi

Un ambito privilegiato dove sperimentare il gioco della vita

Il Centro di Aggregazione Giovanile (CAG)

può essere definito come un’unità di offerta rivolta ai giovani e ai ragazzi, che presenta caratteristiche atipiche nel panorama dei servizi socio-assistenziali. Il CAG, infatti, non trova il suo fondamento in una legge specifica a livello nazionale, bensì è regolamentato dalle legislazioni regionali che permettono una notevole flessibilità nella costituzione e nella gestione del servizio, ma non favoriscono un’offerta omogenea di prestazioni sul territorio nazionale.

Se da un lato, quindi, la totale dipendenza del servizio dalla programmazione regionale frammenta gli interventi rivolti ai giovani, dall’altro ne costituisce il punto di forza, in quanto permette il radicamento del servizio nel territorio e la costruzione di progetti adeguati ai bisogni emergenti ed una elaborazione culturale vivace ed attuale.

L’aggregazione viene ormai riconosciuta come un bisogno fondamentale dei giovani e dei ragazzi e come ambito privilegiato dove poter sperimentare il gioco della vita. La richiesta che i giovani esprimono è in continuo cambiamento e comprende tutti gli aspetti della vita: lavoro, tempo libero, scuola, cultura, arte, divertimento, problemi legati alla crescita, famiglia.

Non si intende, quindi, il Centro di Aggregazione Giovanile come un servizio specializzato in una problematica e rivolto ad un’utenza predefinita, ma come luogo di incontro dove, con l’aiuto di operatori formati, si conosce se stessi e gli altri all’interno di un ambito protetto e con modalità creative.

La dimensione del gruppo dei pari assume un’accezione positiva se rispetta l’individualità dei suoi membri, se rimane una struttura aperta all’ingresso e all’uscita dei ragazzi e se tollera la molteplicità e la diversità dei singoli, pur creando una propria identità di gruppo.

Se il gruppo, invece, non presenta queste caratteristiche può diventare dannoso per lo sviluppo dell’identità dei ragazzi che vi partecipano e può creare delle difficoltà anche alla vita del CAG. Per questo il gruppo diviene l’ambito privilegiato di osservazione e di intervento degli operatori, i quali necessitano di una formazione professionale e di una capacità relazionale adeguate e specifiche.

Come e perché i CAG?

La nascita dei CAG avviene intorno agli anni Ottanta, quando la comunità adulta si rende conto della crisi che coinvolge le agenzie educative tradizionali, come la scuola e l’oratorio, e si fa carico della “questione giovanile”, modificando ed ampliando le strutture già presenti sul territorio.

I percorsi ricorrenti nello sviluppo di questo servizio si possono sintetizzare in tre modalità fondamentali:

• CAG sorti e gestiti dall’ente locale sulla base di una richiesta popolare o di una scelta politica effettuata dall’amministrazione;

• servizi sorti dal privato sociale e gestiti autonomamente o in convenzione con l’ente locale di riferimento;

• CAG legati a parrocchie e oratori che hanno assunto anche delle funzioni educative prettamente laiche.

L’organizzazione del servizio appare molto diversificata e si differenzia da centro a centro per l’orario di apertura, la fascia prevalente di utenti a cui si rivolge, la presenza quantitativa e qualitativa di ragazzi, ma soprattutto per le proposte educative realizzate.

Vi sono CAG focalizzati su di un’unica problematica o tipologia di utenza e CAG che riescono a far coesistere in modo costruttivo proposte strutturate (come laboratori di attività) e momenti informali, utenza positivamente integrata e soggetti più problematici, preadolescenti e giovani-adulti.

Anche la modalità di accesso al servizio diviene una variabile importante per discriminare la filosofia e l’orientamento culturale che sottende al lavoro educativo:

• alcune strutture hanno un accesso libero e considerano utenti tutti i ragazzi che “circolano” nel servizio, propongono diverse modalità di partecipazione ed organizzano attività più strutturate prevedendo una sorta di iscrizione;

• alcuni CAG utilizzano una regolamentazione formale che connota fortemente l’accesso al centro, la sua immagine e il confine che lo delimita e lo collega al mondo esterno. L’accesso alla struttura prevede l’invio degli utenti da parte di altri servizi, ad esempio il consultorio, delineando così una popolazione destinataria dell’intervento ben definita e un lavoro con progetti mirati e specifici;

• altri utilizzano una regolamentazione informale, definendo l’utenza del centro a posteriori, attraverso una selezione sulla base delle motivazioni e della continuità con cui i ragazzi aderiscono alle iniziative proposte.

Gli operatori  e il progetto educativo

Le figure professionali centrali dei CAG sono senza dubbio gli educatori e gli animatori, anche se l’analisi delle situazioni e la progettazione degli interventi necessitano di un lavoro di équipe e di una stretta collaborazione con gli altri operatori.

Le teorie pedagogiche giocano un ruolo di rilievo nella gestione del servizio e necessitano delle teorie psicologiche e sociologiche sulla comunicazione e sui gruppi di pari per ottenere una visione unitaria dei ragazzi con cui si interagisce. Nella gestione quotidiana degli interventi possiamo individuare degli orientamenti espliciti, che fanno riferimento a scuole o correnti delle varie discipline, e teorie più implicite, che derivano dalle competenze personali degli operatori, dalla cultura del servizio e dalla contingenza delle situazioni incontrate.

Un cambiamento notevole nella cultura dei CAG è rappresentato dal passaggio dall’ottica della prevenzione del disagio e dell’emarginazione giovanile, a quella della promozione del benessere e della crescita. Se è vero che l’efficacia della prevenzione si basa su interventi mirati e precoci, che garantiscono lo sviluppo dei fattori positivi di crescita e limitano gli aspetti non funzionali ad una elevata qualità di vita, il presupposto dell’intervento volto alla promozione relativizza questo presupposto e non individua nella precocità dell’intervento il suo punto di forza, ma pone l’attenzione sull’analisi delle potenzialità reali presenti nella persona e sulle capacità di rafforzare ed incrementare la positività e gli orientamenti valoriali di cui i ragazzi sono portatori.

Queste due finalità, solo apparentemente contrastanti, sono necessariamente complementari e devono orientare l’intervento educativo senza che una funzione prevalga in maniera preponderante sull’altra, al fine di costruire un progetto e un lavoro che rispetti l’unità della persona.

Le proposte attuate dai CAG hanno subito numerose modificazioni dalla nascita del servizio ad oggi, passando dall’animazione ispirata alla pedagogia attiva, cioè a setting istituzionali strutturati che, ricalcando uno schema di tipo scolastico, sperimentano modalità di intervento diversificate e originali.

Attualmente si ritengono fondamentali una condivisione del progetto educativo sia da parte degli operatori che da parte dei destinatari cui l’iniziativa è rivolta, una creazione di “spazi transazionali” dove incontrarsi e co-costruire una domanda esplicita di aiuto e di accompagnamento alla crescita, una contrattazione delle regole che sottendono la relazione educativa e l’intervento messo in atto.

Alla base di questa evoluzione culturale possiamo individuare alcuni fattori determinanti: la visione unitaria dell’utente, che da portatore di una difficoltà specifica, diventa portatore di desideri e prospettive di cambiamento globale della propria situazione; lo sviluppo della prospettiva di rete nel lavoro socio-educativo che ha creato connessioni tra servizi diversi e tra istituzioni e comunità; l’integrazione dei soggetti a rischio di disagio in ambienti connotati positivamente e ricchi di stimoli creativi per elaborare delle situazioni diverse e personali, socialmente condivise.

Una delle funzioni che maggiormente connota il lavoro in questa unità d’offerta è la possibilità che gli operatori costruiscano un canale privilegiato, un ponte che metta in relazione il mondo giovanile con quello più adulto, pur mantenendo un linguaggio e uno stile proprio dei ragazzi. Il CAG rimane un territorio esclusivo dei giovani, una sorta di “riserva protetta” dove poter costruire una propria dimensione relazionale pur confrontandosi con l’esterno e da cui uscire gradualmente.

La funzione educativa del CAG non si esaurisce al suo interno e con l’intervento sui ragazzi, ma trova il suo ambito anche nella comunità dove il servizio è inserito. Non sono poche le occasioni in cui questo servizio ha legittimato e reso comprensibile un modo di comunicare, una visione della realtà tipicamente giovanile, ma che ha portato delle ripercussioni positive e delle elaborazioni culturali anche nel mondo adulto: un esempio possono essere la spray-art, che da puro vandalismo si è trasformata in forma artistica e creativa, e i giochi di ruolo, che hanno contribuito
alla conoscenza e alla diffusione della mitologia e delle saghe nordiche, favorendo un confronto culturale.

*assistente sociale