Il fantasma… scozzese

 

 

In un castello posto in una ventosa brughiera abitava un fantasma di nobili origini, di nome Mc Lenz. Il maniero era meta di persone temerarie, che per misurare il loro coraggio, cercavano di passare lì un’intera notte. Ma quasi tutti scappavano al primo calar delle tenebre, terrorizzati dal fantasma.

Un giorno il castello venne posto in vendita e i nuovi proprietari lo trasformarono in un esclusivo albergo. Tutte le modernizzazioni effettuate quali illuminazioni in ogni luogo, allarmi a raggi infrarossi e altre diavolerie moderne, resero difficile la vita di Mc Lenz, che non poteva più muoversi liberamente come una volta, quando strusciava per ore le catene nei bui corridoi, faceva cigolare le porte ed echeggiare i suoi gemiti rabbrividenti. Ora, invece, appena si muoveva, squillavano sirene, si accendevano fari ed una moltitudine di turisti con macchine fotografiche, telecamere e registratori, correvano di qua e di là alla sua ricerca. Anche le mura del castello non erano più quelle di una volta, in alcuni punti non riusciva più ad attraversarle perché erano fatte di cemento armato e lui era pieno di bernoccoli. Per non parlare di quelle porte che si aprivano senza che nessuno le toccasse, nelle quali per un filo non vi era rimasto intrappolato.

Il fantasma era sull’orlo di una crisi di “fili”. «Non ne posso più, qui il mio ruolo è privo di significato, la mia incolumità è a rischio in ogni momento, questa situazione non si può sopportare oltre».

Così prese la decisione di andarsene in città, dove i fantasmi, pensava, erano ancora temuti. Vi arrivò in una “bellissima” giornata di pioggia, con lampi, tuoni e saette.

Il tempo almeno era favorevole. Dopo diversi giri di perlustrazione, gli piacque una casa con soffitto che, con le dovute riduzioni e con tanta fantasia gli ricordava il suo castello. Poi, i suoi inquilini erano perfetti: un solo bambino con i genitori, più persone avrebbero fatto troppa confusione. Si stabili quindi nella soffitta ritenuta sufficientemente buia e polverosa e cominciò a preparare il programma settimanale di terrore: un giorno stridio di catene, un altro gemiti agghiaccianti e così via. Ma, aimè già alle sue prime esibizioni, Mc Lenz non ottenne i risultati sperati. Gimis, così si chiamava, il bambino che abitava in quella casa e la sua famiglia, erano tutt’altro che spaventati. La presenza del fantasma li divertiva un mondo, non vedevano l’ora che arrivasse il buio per sentire e vedere ciò che il “nuovo ospite” aveva preparato. Questo fece irritare il fantasma che cercò allora di scuotere il sangue freddo dei suoi ospiti rovinando il prezioso tappeto del salotto, imprimendovi a fuoco, con i tizzoni del camino, il proprio nome. Ma anche questo grave danno non turbò la famigliola, che interpretò l’incisione del nome come un atto di socialità, un volersi presentare. Così da quel momento fu Mc Lenz a non avere più pace, Gimis e la sua famiglia cominciarono a chiamarlo in continuazione: «Mc Lenz. Vieni a giocare, Mc Lenz vuoi prendere il tè con noi?». Ma la cosa che fece più arrabbiare il fantasma era che Gimis ad un certo punto finse anche di spaventarsi per fargli piacere. «Basta! La mia pazienza è finita, ne va del mio prestigio; questo ragazzino coraggioso ed impertinente merita una lezione!». Così il fantasma preparò un cattivissimo scherzo. Un giorno mentre il ragazzino stava facendo la doccia, fece scendere
acqua freddissima, così fredda, che la vasca si riempì di piccoli ghiaccioli.

Gimis si buscò un terribile raffreddore, che in fondo sarebbe stato poca cosa se non avesse anche comportato la sua assenza alla partita finale del campionato di basket, che, attendeva da un anno e per la quale si era preparato con ferrei allenamenti.

La squadra senza la sua presenza perse e Gimis provò la sua prima grande delusione. Intanto Mc Lenz, tutto soddisfatto, faceva riecheggiare in tutta la casa le sue sghignazzate, che si alternavano ai continui starnuti del bambino che nei giorni in cui fu costretto in casa, pensò con amarezza e una punta di risentimento all’ingratitudine di quello spirito. La città non era luogo adatto ai fantasmi, alle prime manifestazioni molti avrebbero chiamato i “Ghost Busters”, invece lui e la famiglia lo avevano ospitato di buon grado, ricevendo in cambio quel cattivo scherzo. Comunque, essendo Gimis un tipo forte e spiritoso, in breve superò sia il raffreddore che la delusione, ma come tutte le persone spiritose, non si faceva fare oggetto di tiri mancini senza pensare di rispondere in modo altrettanto adeguato. Prese così la decisione di fare lui uno scherzo al fantasma.

Un giorno che Mc Lenz era fuori casa, lo si capiva perché ormai, diventato esagerato nelle precauzioni, dopo le esperienze traumatiche al castello, per uscire spalancava le finestre non fidandosi più ad attraversare i muri, o qualsiasi struttura chiusa, Gimis salì in soffitta e liberò da un cumulo di teloni che la nascondevano, una vecchia lavatrice. Si accertò che funzionasse e confidando nell’innata curiosità del fantasma, attese il rientro della sua “vittima”.

Quando Mc Lenz tornò si accorse subito di quel nuovo oggetto presente nella sua soffitta. La quardò prima con dìffidenza, poi lasciò che la curiosità avesse il sopravvento. Nel suo vecchio castello di oggettì simili non ce ne erano, e quelli presenti nel recente albergo non aveva avuto il tempo di vederli. Si avvicinò pian piano, poi lo toccò e cominciò a dire: «Sarà forse un nuovo modello di armatura senza gambe e senza braccia? 0 forse questo sportello, così simile alle botole del mio costello è l’entrata che conduce, attraverso un passaggio segreto, ad un tesoro?» Trasportato dalla smania per il mistero decise di entrare a dare un’occhiata, ma appena fu nella lavatrice, Gimis chiuse l’oblò e schiacciò il tasto per l’avvio del lavaggio.

Il fantasma si sentì investito da un tornado, acqua a catinelle, velocissimo movimento rotatorio, lenzuolo a testa in giù, lenzuolo a testa in su. Ma il più doveva ancora succedere. Nella lavatrice erano stati dimenticati degli indumenti di colore rosso e verde, i quali lo macchiarono tutto provocando anche un prurito spaventoso. Il fantasma (di nobili origini), di filo blu, soffriva di allergie pruriginose a contatto con colori diversi dal bianco o dal blu.

Così quando la lavatrice si spense e il bimbo l’aprì, ne uscì un fantasma tutto colorato che si grattava come un forsennato. Gimis non potè trattenersi dal ridere, Mc Lenz era proprio ridicolo, così colorato assomigliava ad un gonnellino scozzese ed in più assumeva forme così strane, dovendosi grattare da tutte le parti. Barcollante il fantasma andava dicendosi: «Per mille corvi spennacchiati cosa mi è successo, sono disperato, l’orticaria mi passerà, ma questi colori mi hanno irrimediabilmente rovinato».

Gimis, trattenendosi a stento dal ridere gli rispose: «Hai semplicemente fatto un bagno in lavatrice. Noi usiamo queste macchine per lavare i nostri abiti, dài, sii un fantasma di “spirito”, accetta lo scherzo, chi la fa l’aspetti. Poi sappi che così colorato sei più visibile e più simpatico».

Il fantasma non smise per giorni di lamentarsi sino a quando, passato il fastidioso prurito, non cominciò a trovare gradevole il suo nuovo look, l’aspetto dovette ammetterlo ne aveva decisamente guadagnato e pian piano che passavano i giorni si piacque decisamente. Ripensando poi alle parole del ragazzino, ritenne che era arrivato il momento di adeguarsi ai nuovi tempi. Se i fantasmi non facevano più paura, potevano avere un nuovo futuro sfruttando la simpatia. Perso così il lenzuolo di fantasma spaventoso sarebbe diventato un fantasma “spiritoso”, che poi tutto sommato era proprio il massimo. Decise così di tornare al suo castello, dove era certo, che così rinnovato avrebbe egualmente riscosso interesse tra i turisti. Avrebbe dovuto solo cambiare il suo programma di lavoro. Gli bastò poco per trovare ciò che faceva al suo caso; si sarebbe fatto fotografare con i suoi vecchi strumenti di lavoro, catene ecc., si sarebbe lasciato tirare il lenzuolo, moderatamente, dai bambini, avrebbe fatto da guida per i sotterranei del maniero. Avrebbe potuto esibirsi anche nei balli tipici con cornamusa. Ma quello che più lo esaltava era il pensiero di tutta la fila di visitatori che richiedevano la foto ricordo abbracciati a lui. Vedeva già i titoli sui depliants pubblicitari. «Fantasma scozzese (di origine e di fatto) garantisce divertenti vacanze a singoli e a gruppi».

Fece la valigia in fretta e furia e lanciò un urlo di contentezza per dare l’addio alla famigliola. Gimis e i suoi genitori, non avevano sentito niente di simile da un fantasma, quindi si spaventarono molto. Mc Lenz però non si accorse di ciò, in ogni caso il suo futuro era ormai nello spettacolo e nelle pubbliche relazioni, gli spaventi erano un ricordo del passato.