Intervista ad Alda Merini

L’appuntamento

“Va bene, venga alle due”, mi dice Alda Merini al telefono. “No, non con la sua collaboratrice, venga da sola”. “Sì, il registratore lo può portare”.

La incontro sotto casa sua, cinque minuti dopo aver suonato al suo campanello; ero già preoccupata. “Forse non vuole più fare l’intervista”, avevo pensato …

Un amico, con sollecitudine, l’accompagnava tenendo in mano delle borse; lei era appena un po’ provata dalla stampella che, in questo periodo, usa per camminare.

Quando si sono salutati ho preso io quelle borse, erano molto leggere; abbiamo fatto due piani a piedi, io salivo davanti a lei.

Ogni volta che, al pianerottolo di questa casa sui Navigli, giravo la testa per cercarla, incontravo il suo sorriso e le sue scuse, per il da fare che mi dava.

Alda ha un bel foulard, color corallo come un orecchino che porta all’orecchio sinistro; sulle guance, appena accese per la camminata, ha comunque un po’ di fard.

Gli occhi sono bellissimi e, mentre si sistema per parlare con me, si lamenta un po’: non si sente tanto bene, ha male ad una gamba.

Le dico che la trovo bene, per davvero, e mentre un po’ vergognosa si ritrae, si mette le mani tra i capelli, con un colpo leggero si fa bella.

Man mano che parla e mi risponde, o non mi risponde, mi lascia e mi prende, sta in silenzio o accenna ad una canzoncina che mi dice aver cantato insieme a Lucio Dalla a ?Ratatatà?., bella diventa davvero ed il suo volto diventa l’incarnazione della sua “Anima Innamorata” (1)

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Piacente: ho preparato delle domande, suggerite dalla lettura delle sue poesie che, se non ho interpretato male, parlano ….

Merini: Dei figli?

P.: ….della vita. Io l’ho conosciuta ? si ricorda? – a Rho, a Villa Burba e, in quell’occasione, le chiesi il perché dell’indicibilità della verità. Può aggiungere qualcosa sull’indicibilità della poesia?

Merini: Mah, la gente farnetica! Ieri ho letto su un libro una cosa essenziale: la poesia è gioia. Piantiamola di creare un alone … Insomma: uno è innamorato, è felice e scrive, se riesce a scrivere! C’è anche chi non riesce a scrivere e pazienza … non è così necessario. E’ come se tutte dovessero essere belle come la Sofia Loren. Se non lo sono … pazienza!

P.: Leggendo le sue poesie mi sono sentita toccata dall’autenticità delle emozioni e dei vissuti che lei ha rappresentato.

Merini: ma il mio vissuto non conta.

P.: cosa le succede dopo aver espresso questi sentimenti?

Merini: Niente, nè prima nè dopo; queste son tutte costruzioni delle donne che han finito per rompermi le scatole.

P.: lei mi ha detto che è stata scelta dalla poesia

Merini: non confondiamo la letteratura con la confessione di S. Agostino adesso non andiamo nel teologico.

P.: E’ stata scelta in un senso speciale

Merini: Sì, il vate è un prescelto

P.: Quindi, a Lei è congeniale creare poesia, Le è ….

Merini: … costituzionale. Il poeta è fatto in un certo modo; io credo che il poeta abbia una certa figura …

P.: in che senso?

Merini: Lo si vede dallo sguardo, ha luce in una certa maniera diversa, è più sensibile, più suscettibile, più solo, più autosufficiente, più permaloso, più orgoglioso, più amoroso, sempre un più, ma non si può insegnare agli altri …..

P.: certo, ma è un più che qualcuno sente di più e qualcuno di meno

Merini: ma ci son quelli ai quali non frega niente se c’è il più o il meno

P.: secondo lei, tra creare poesia e creare figli, ci sono punti in comune ?

Merini: che domanda! Quante madri non hanno fatto poesie e sono ottime madri.

P.: mi riferivo all’atto del creare.

Merini: cosa c’entra! Lei ha un figlio; su miliardi di spermatozoi, solo uno fa un figlio: è un mistero della natura, come si fa a capirlo … e la poesia è la stessa cosa. Il poeta non può abbassarsi a sentire ogni singolo individuo, parla per una moltitudine! Se poi uno, il suo pensiero, va dietro al mio, è un caso: io non ho scritto per quella persona, ho scritto per me.

P.: per noi, direi.

Merini: per noi, perché Lei se ne è appropriata. Guardi, io mi sono sentita dire che siccome sono stata in manicomio, tanti che avevano delle turbe erano uguali a me. Io benedico i tempi in cui i poeti non venivano avvicinati da nessuno, perché
una volta leggevano i testi e buonanotte, L’invasione dell’habitat del poeta è sempre controproducente anche perché ogni persona porta la sua negatività e il poeta è molto suscettibile a questo.

P.: Anche la sua positività, magari.

Merini: ma non ne ha bisogno il poeta della positività, è già positivo lui, semmai è Lei che porta via qualcosa: mi faccia le domande!

Merini: io non la voglio offendere, sto spiegando che ognuno fa delle domande ma, vede, le risposte sono anche casuali: non c’è la profondità che Lei cerca. Il poeta è un povero cristo proprio come Lei, magari meno di Lei, vuole stare in pace, non vuole essere provocato da queste domande, poi dice delle fesserie che non sa neanche lui. Moravia diceva: “… scrivo perché così capisco quello che scrivo”, perché anche lui non lo sa

P.: Nel suo libro L’anima innamorata emerge con forza il suo amore per la vita, anche se sempre intriso di dolore, il sentimento di vitalità, di amore per la vita è quasi sconcertante.

Merini: Ma anche lei ama la vita, tutti amiamo la vita

P.: Qualcuno la ama più di altri …

Merini: La persona non ama la vita quando è acciaccata, malata e deve dipendere dagli altri, ma chi non ama la vita? Lei non è un poeta, ma è la vita che è un poema. Se Lei non la sa far parlare non è colpa mia, se Lei nella vita vede solo il nero, non è colpa mia, non è colpa dell’Alda Merini!

P.: A volte questo forte senso di vitalità crea dell’invidia, l’invidia può attaccare questo sentimento di vitalità?

Merini: Lo può uccidere, è una sorta di maledizione e maledicere vuol dire: dir male, maledire; dire male porta iella, porta molto male! L’invidia per me è un peccato capitale in quanto Dio – io seguo molto il Vangelo, mi piace molto come chiave di lettura della vita ? dice, appunto, che se due bicchieri, l’uno grosso l’altro piccolo, contengono tutti e due abbastanza, sono saturi, devono essere riempiti. Se lei è più bella di me, meglio per Lei, non passerò la giornata a pensare quanto Lei valga più di me, ma piuttosto cercherò di tesaurizzare quel poco che ho facendolo valere molto ai miei occhi, non ai suoi: proprio per non provocare l’invidia.

P.: Lei ha scritto: “.. sempre hanno parlato di invidia – invidia del pene, nella donna ma non hanno parlato di una cosa, letterati compresi, di ciò che una donna ha in sé, la sua favola, la favola della donna …”.

Merini: Perché la donna è una favola, è bella la donna, io le odio le donne in generale, perché quelle che ho conosciuto sono state tremende, mi hanno fatto del male, io ho avuto la disavventura di conoscere donne atroci, che hanno visto quello che io avevo dentro e lo hanno frainteso. Anche Campana … quella che lo ha fatto rinchiudere è stata una carogna che approfittando delle loro liti si è messa dalla parte dell’Aleramo, che nessuno aveva chiamato in causa. Quando è successo il mio ricovero è intervenuta un’altra che non c’entrava niente: ha disfatto il mio matrimonio, la casa, perché la supponenza delle donne …

P.: Trovo anch’io che ci sia molta invidia tra donne che sembrano amiche

Merini: ma quale amicizia, la parola amicizia non esiste …

P.: secondo Lei l’uomo ci invidia la capacità generativa …

Merini: ma no, ce l’ha data la natura

P.: ma lei non pensa che l’uomo è un po’ geloso?

Merini: l’uomo è geloso dei figli, perché quando nascono i figli la donna non lo guarda più, perché l’uomo è stupido, vedi la violenza carnale, vedi la considerazione del pene come margine di sicurezza, la donna si appropria del pene involontariamente quando genera …

P.: e lo cattura.

Merini: no, non ne parliamo, sono temi freudiani ormai superati

P.: a proposito di cose freudiane, io ho letto nella sua Anima Indocile, che la poesia è gioia, è transfert

Merini: è anche dolore a volte!

P.: In Reato di vita lei parla della sua analisi con Fornari.

Merini: Io conosciuto Fornari, mi ha illuminato, era un gran bell’uomo e me ne sono innamorata. Ma non c’entrava niente, forse l’amore è una grande leva di gioia, ma alla nostra età, alla mia … ma l’amore può ancora esserci!

P.: Secondo lei l’amore, la passione, ci può fare comprendere di noi cose che non comprenderemmo?

Qui la Merini si distrae e, con un sorriso, comincia a fare apprezzamenti sulle mie calze, dice che sono davvero belle; le rispondo che mi piace cercarne di particolari e lei ribatte di non riuscire a trovarne di quel tipo. Ci scambiamo qualche informazione ed ecco che riprende, come piena di nuova lena …

Merini: donne che avevano “intelletto d’amore”. Quando la donna partorisce un figlio le si apre una nuova dimensione; questa donna, in quanto donna, viene snaturata e la madre viene messa in una terza dimensione. Lei vedrà che una madre del figlio capisce tutto, sa tutto, lo sente a distanza. Questa fatalità, questo
amore tra madre e figlio, che è molto di più dell’innamoramento, è una passione. Ho finito in questi giorni il ?Magnificat? … perché, vede, alla Madonna poco importava di S. Giuseppe come maschio, a lei importava di generare …

P.: Il sacro ed il profano l’hanno sempre accompagnata nella sua vita di artista. Tra qualche mese pubblicherà il Magnificat, per l’editore Frassinelli. Quali sono, a questo proposito, gli elementi di continuità rispetto alle sue prime opere, per esempio, alla ? Maddalena parla a Cristo? che lei ha scritto per Quasimodo a 16 anni, oppure più recentemente, a “Corpo D’amore, un incontro con Gesù?”

Merini: Io a sedici anni avevo già un linguaggio amoroso molto, come possiamo dire, molto azzardato ed ero una ragazzina che non conosceva niente dell’amore. Però avrei voluto l’amore in quel modo, e l’ho descritto, però ero assolutamente vergine, come la Madonna, non conoscevo uomo. Però – e questo è stato il miracolo della mia bellissima poesia che ha fatto gridare al miracolo anche i critici – io ero come i bambini, spregiudicata nel linguaggio. Non sapevo niente, non avevo baciato mai neanche un uomo. Fatto sta che poi, quando ho fatto l’amore con Manganelli, Manganelli mi ha detto: ?Ma tu eri vergine?.! Ha fatto quello che ha fatto Lei, aveva letto le poesie alla lettera. E ha capito che Alda Merini era una sempliciotta, una donna qualunque. E’ un dono, vede, è una cosa che io ho descritto così bene che gli altri ci han creduto … Infatti scrivo la poesia come menzogna, perchè è una menzogna, la poesia è anche una bugia che il poeta racconta a se stesso, raccontando delle grosse favole a sé e agli altri. E’ un po’ un imbroglione, vero?

P.: Penso di sì … Mi vuol parlare della sua ultima fatica, Il Magnificat? So che in quest’opera Lei evoca la Vegine Madre, indagando soprattutto il suo apetto più umano e femminile: la maternità…. .

Alda Merini, si mette a ridere e mi dice: “Ma, chi la manda?”. Mentre le rispondo la sua risata si fa più cristallina e aggiunge: “Mi manda Picone!”‘. Mi metto a ridere anch’io. Ridiamo insieme. Intanto comincia a raccontarmi una storia, divertente ma collocata su quel labile confine dove il farsesco ed il tragico si intrecciano in modo indistricabile.

Merini: Il nostro prevosto, ha ricevuto una lettera anonima perchè le campane davano fastidio. Hanno fatto un’indagine per capire a chi davano fastidio. Forse ai bambini? Ma i bambini si alzano presto la mattina, vien fuori che c’è un matto qua, dove abito io, che quando suonano le campane picchia la moglie.

Ridiamo insieme. “Fantastico”, dice lei. “Fantastico” dico io. E mentre ancora ridiamo di gusto lei prosegue …

Merini: Allora per evitare le botte la moglie ha mandato la lettera anonima al prevosto.

P.: Davvero?!

Merini: Davvero! Quando il marito sente le campane, si ricorda quando ha sposato la moglie, prende un bastone e giù botte a tutto spiano! Tutti qui sono impauriti, e non vogliono sentire le campane! Io mi domandavo perchè non suonavano più le campane; finchè io, a mia volta, faccio una telefonata al prevosto e gli dico: ?Lei, che prete è? Non suona più neanche le campane!? E lui mi ha spiegato che c’era una ragione!

P.: E’ stato sensibile il prevosto, in questa situazione!

Merini: Ma roba da matti! Da quando hanno chiuso i manicomi, hanno messo fuori tanta gente, che ha questi odi patologici. … l’invidia è una patologia anche grossolana.

P.: E’ un sentimento….

Merini:No, non è un sentimento, è un non sentimento, perché il sentimento è sempre amore. Il sentimento è come una grande pace, una pace che prende dentro gli uomini. L’amore di Dio non fa discriminazioni . L’invidia invece è un negare quello che è evidente.

E allora si arriva all’ omicidio, si arriva alla gelosia, si arriva ai furori uterini… E infatti, secondo me, gli ebrei, quando dicevano che la donna era impura, non avevano tutti i torti, ma neanche i talebani quando la coprono, perchè più è scoperta più fa delle cazzate. No? Cosa ne dice lei?

P.: Vuole provocare un po’? Però, in effetti, un’eccessiva esposizione del corpo, non è poi così seducente: magari, è meglio un po’ di veli….

Merini: Tutta questa esposizione di seni e di gambe, è come se una volesse andare in braccio alle persone.. Mi ricordo un fatto, successo a S. Valentino. Una delle solite saccenti giornaliste che dice ad una anziana: “Lei, nonna, conosce l’orgasmo?”. No guardi, dice la nonna, ho sempre lavato con con il bucato a mano. E’ stata molto bella! Una volta le donne venivano poprio adoperate dai mariti; il marito era anche l’educatore sessuale. Io ho avuto certe patologie, le ho viste. Quando una donna rimaneva vedova, come è successo a me, magari conosceva il carpentiere o un tale, e scopriva una nuova dimensione, andava fuori di matto perchè non pensava che, oltre alla ‘scopata’ maritale, ci fosse il piacere della carne. Ecco quello che io dico, che si chiama peccato, ma non è un peccato, è una dimensione del piacere della carne non finalizzata alla procreazione. E’ un amore carnale, una passione che può portare alla morte forse; in questo io credo che la Chiesa abbia ragione di preservare le persone da questi grossi innamoramenti per non farli cadere in basso, per non farli rovinare.

Qui la poetessa si concede una digressione tra i diversi modi di percepire l’umana fragilità e l’intreccio tra queste debolezze e la necessità di un ruolo etico della Chiesa allo scopo di contenere i danni possibili della passione incontrollata: il percorso la porta anche fino a S.Agostino, il problema della Trinità, i misteri della fede. Le ricordo come in Corpo d’amore, un incontro con Gesù lei restituisca a Gesù la sua sostanza appunto amorosa, umana e conflittuale e il suo bellissimo “tutti gli innamorati sono in Cristo”; le chiedo cos’è, allora, la passione per Alda Merini.

Merini E’ una cosa che va al di là delle nostre possibilità, e ci distrugge spesso e volentieri. E’ anche bella!. Leopardi dice “fratello al tempo stesso amore e morte/ ingenerò la sorte”. E’ pericolosa: siamo nella dimensione di mezzo degli amori maritali non molto turbolenti.

P.: La passione, nell’amore maritale, dopo un po’ se ne va, signora Merini.

Merini: Subentra l’amore

P.: Lei disgiunge l’amore dalla passione?

Merini: Sono due cose differenti: preferisco l’amore, però.

P.: Lei scrive che la follia è il modo di dichiarare guerra a chi vuole la nostra vita.

Merini: E’ una difesa la follia.

P.: Cosa può aggiungere oggi ?

Merini: la follia è una difesa: una difesa estrema che dice “de chi se passa no!”. E’ un tirar giù una saracinesca.

P.: Parliamo del tradimento:

Merini: Eh, lei mi fa delle domande:..

P.: Nel suo Maria. Poesie, racconti e pensieri lei dice “Sono andata in croce perchè come Cristo il bacio di Giuda me l’aspettavo”

Merini: Ma lei ha messo il dito nella piaga e può immaginare cosa ho provato di fronte al tradimento. Una persona davanti al tradimento perde l’amore per sé, perde la stima. Non so perchè, ed è lì il mistero, lei tiene in grande conto il giudizio dello sciagurato che l’ha tradita. Sarebbe da condannare lei che non è capace di capire che l’altro è un cretino e si soffre per un cretino; condanno più lei del cretino perchè lei non aveva abbastanza stima di se stessa.

P.: Infatti il dolore è così difficile da sopportare: tutti cercano di starne lontano ed è invece indispensabile per crescere. Sempre nel suo Un’anima indocile lei dice “ho dentro il palpito del dolore” e pare di capire che non tutti sanno portarsi dietro la follia che il dolore comporta.

Merini: Ma neanche la gloria. C’è gente che fa una serata viene a casa gasata “perchè, io qui io là …” e dopo per questa gente lei è un niente di niente. La gloria va dimenticata, si deve andare avanti umilmente.

P.: Lei dice come tutti i forti sentimenti debbono essere amministrati

Merini: Brava, l’amministrazione del sentire. Bisogna saper amministrare il proprio patrimonio sia genetico che sentimentale. Per esempio anche la gioia può ucciderla: ha mai visto due che si incontrano dopo tanti anni e uno muore dall’emozione. Le emozioni vanno ben tenute a bada o no?

P.: Verissimo, però a volte ci vogliamo far inondare dalle emozioni per sentirle e poi saperle amministrare e allora lì, col dolore, forse, ci forgiamo.

Merini: Signora è rischioso: non tutti lo sanno fare

P.: Però lei si è lasciata andare alla passione, all’amore ?

Merini: Si, l’ho pagato però

P.: L’ha pagato e tutti lo paghiamo, credo

Merini: Io mi sono lasciata coinvolgere dalla passione, l’ho presa in pieno e l’ho pagata, come tutti forse. E’ per questo che io ho tanti ammiratori donne perchè io ho pagato. Adesso non lo farei più, non avrei più neanche le forze per farlo. Un’ondata di manicomio oggi mi travolgerebbe, mi ucciderebbe in un giorno. Allora ero giovane, capisce? Sognavo la gloria, quando ero giovane. Adesso mi dà fastidio.

P.: Adesso che c’è ….

Merini: Ma no, non mi serve più oramai. Ho notato che gli uomini sono delle banderuole: se lei è in auge allora le voglion bene, se lei cade in basso… Guardi, io sono cresciuta nell’epoca duciana e quando ho visto il duce attaccato, ho capito, ed ero una bambina, come vanno le cose nel mondo: se lei sbaglia paga, è vero o no?

P.: Il dolore è una condizione ineluttabile?

Merini: Dio non ci ha fatto per il dolore. Ci ha fatto per la gioia, anche perchè ci ha dato delle prove: la prova non è il dolore. La prova è un saper distinguere il bene dal male, è saper scegliere: ci vuole discernimento. Io ce l’ho per l’età, lei è molto più giovane.

Un po’ dolcemente, quasi per allentare la tensione, il coinvolgimento, scivoliamo in un’altra digressione sulla moda e sul modo femminile di vedere l’estetica, il gusto del bello. Ma ragionando sul bello il suo sguardo si riaccende ed subito pronta.

Merini: Ma la donna ha il culto dell’arte. Alcune sono anche sciatte, però la donna ha gusto, perchè la donna è maestra, maestra nel curarsi, nel porsi come una cosa bella nel senso estetico. Sa perchè in manicomio si son salvate più donne che uomini? Perchè
la donna è più furba: l’uomo è uno Zampanò, rispetto a noi

P.: E’ vero, un uomo quando viene lasciato da una donna si lascia più andare …

Merini: Avevo una zia che prima di partorire si inghirlandava tutta e l’ostetrica diceva “Va dove finiscono le tue gale”. Però finito il parto tornava a ghirlandarsi…

Il grande innamorato della donna, sa chi è? E’ il proprio figlio e viceversa. Un prete mi ha detto: guardi una mamma che allatta il figlio, il figlio succhia il latte, ma guarda la mamma cioè beve il volto della mamma.

P.: Si dice sempre, infatti, alle mamme di guardare i figli mentre li allattano.

Merini: Loro introiettano questa immagine materna …

P.: Un ritorno?

Merini: c’è un ritornare al passato. Guardi la mia figliola, la Barbara, è quella lì. Guardi che bella figliola che ho!

P.: E quella che ho visto a villa Burba?

Merini: Sì, sì. Devo camminare un po’: ieri non stavo bene, quello è Davide, mio nipote. Finiamo la cosa, poi vado a riposarmi un po’

Seguendo un certo percorso che ci porta dal privato al pubblico possibile, usciamo e rientriamo nell’intervista, sempre lievemente, sempre attente a contenere l’implicita violenza di ogni intervista.

P.: Ho letto delle poesie che lei ha dedicato alle sue figlie. Come è stata per lei la maternità?

Merini: E’ stata una cosa molto bella, meno le due che ho avuto in manicomio, che è stata un tragedia. Come mi han trattato in gravidanza … La gravidanza, per me, è stato un periodo di grande illuminazione, di grandi scoperte.

P.: In un suo testo lei parla dell’artista come di colui che per pre.. (e qui un bel lapsus mi porta quasi a dire: pregare anziché creare) per creare ha bisogno anche di dannarsi, di non stare in pace e quindi anche di desiderare. Cos’è per lei il desiderio?

Merini: E’ un gioco per me, io desidero le cose che amo, che mi piacciono .. Lei guardi la canzone “profumi e balocchi”: la madre adulta prende i profumi come balocchi e la figlia, la bambina, lo capisce che lei lo fa per piacere agli uomini. E’ una richiesta d’amore, in fondo! No? E la bambina lo capisce.

Parliamo di Anghiari, del Convegno su “Narrazione e terapia”. Le dico del riconoscimento che le sarà conferito. Lei , un po’ si schermisce, dicendo che alla sua età non si aspetta più niente e conclude il nostro incontro con uno sfogo dove la poetessa e la donna sono, giustamente, presenti, compresenti e ampiamente risentite.

Merini: Io sono incazzata nera perche un po’ di anni fa, io sono andata al San Paolo per una ernia da tre soldi, mi hanno lacerata tutta perchè è venuto un dottore cretino per dire che dovevano legarmi perchè ero matta da legare. Io avevo una bronchite dovuta ai carpentieri e alla povere, non respiravo più. Ho perso di vista la poesia per occuparmi solo dei miei mali. Un paio di boccoli e un rossetto, me li ha portati una dottoressa siciliana, e cosi sono guarita. Il mio medico della mutua non viene anche se sono Alda Merini.