Io mi scrivo

” Quando stanno succedendo troppe cose, più di quante tu ne possa sopportare, puoi scegliere di far finta che non stia accadendo niente di speciale, che la tua vita stia girando come il piatto di un giradischi. Poi un giorno ti rendi conto che quello che credevi un piatto di giradischi lidcio e uniforme, era in realtà un mulinello, un vortice”. S. Bellow, L’iniziazione Le pagine che seguono illustrano un percorso di utilizzo del metodo autobiografico, all’interno di un progetto di formazione realizzato in collaborazione con la facoltà di Scienze della Formazione – Cattedra di Educazione degli Adulti della seconda Università degli Studi di Milano – Bicocca, gli artisti del Teatro del Buratto, ed il Settore Cultura della Provincia di Milano’.

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Il corso ha inizialmente promosso la specializzazione di un gruppo di insegnanti della scuola secondaria superiore, nel campo della pedagogia della memoria e della narrazione, attraverso la sperimentazione diretta delle metodologie autobiografiche atte a facilitare l’analisi retrospettiva ed introspettiva e ad incentivare l’attenzione all’ascolto dei vissuti altrui.
Il trasferimento in classe delle esperienze, nonché delle metodologie autobiografiche ha prodotto rilevanti ricadute di tipo didattico ed ha offerto ai ragazzi un’occasione di raccontarsi raramente sperimentata prima . Attraverso la proposta di quattro sollecitazioni tematiche, che invitavano gli studenti a confrontarsi con i propri vissuti, con le loro percezioni relative al passato ed al futuro e col loro rapporto con le definizioni di sé, si sono, infatti, poste le premesse per l’instaurarsi, all’interno della scolastica relazione adulto / insegnante – adolescente / studente, di una nuova dimensione narrativa e dialogica, lontana dal rituale del “tema” e della sua conseguente valutazione; l’occasione autobiografica è diventata, così, lo spazio raro di un’espressione individualizzata e personale. I testi prodotti hanno accolto l’esplicita proposta di comunicazione
rispetto all’argomento l’io”, rivelando come i ragazzi abbiano sperimentato la novità di una scrittura che fosse strumento e mezzo di un percorso interiore. A partire dalla risposta alla prima sollecitazione, “MI RICORDO”, i ragazzi dimostrano di possedere una precisa ed ordinata percezione della propria passata cronologia : la netta prevalenza di rievocazioni inerenti all’infanzia palesa come il ritornare col pensiero ad un passato remoto per definizione sia apparso molto naturale; l’aiuto della reale distanza temporale sembra aver permesso la creazione del distacco necessario ad interpellare un periodo considerato fondamentale nella costruzione del proprio sé.
La capacità fabulatoria ed espressiva diviene più convulsa, invece, qualora i ricordi facciano riferimento ad avvenimenti più recenti, ovvero maggiormente immersi in quel fieri’ di personalità che sembra rendere meno stabili le emozioni adolescenziali. In entrambe le situazioni temporali, però, appare rilevante come la situazione espressiva della scrittura di sé favorisca nei ragazzi l’insorgere di riflessioni metacognitive sui ricordi rievocati: alla memoria si accompagnano emozioni e sentimenti, apprendimenti, riflessioni confronti.
L’invito a “raccontarsi” (la seconda sollecitazione proponeva, infatti, la traccia: “MI RACCONTO”) ha visto emergere, all’interno degli elaborati, la diffusa tendenza a strutturare una iniziale presentazione di sé in relazione a due principali aree, che individuano la descrizione della propria immagine fisica e la definizione della propria personalità. Conseguente a questo tipo di approccio, si delinea, poi, un maggior approfondimento narrativo ed auto – riflessivo.
Dal confronto delle due moda- lità espressive delle risposte a questo stimolo, si evince la vir- tuale presenza di un referente, o di un allocutore; ciò ha traccia- to gli svolgimenti di due possi- bili alternative : “io mi narro a me stesso” (spesso supportato da stili poetici ed auto – riflessi- vi) ed “Io mi narro agli altri” (strutturato secondo paradigmi di auto – descrizione).
La scrittura degli adolescenti presi in esame, divenendo, nel corso progressivo di questo secondo tipo di esercitazione, analoga ai sentimenti ed al pensieri più privati, si è così aperta all’espressione di voci a metà tra l’esprimere per riconoscersi e l’esprimere per farsi riconoscere.
L’intreccio di riferimenti interni ed esterni costituisce il perno su cui ruotano anche gli svolgimenti della quarta traccia proposta: 10 NEGLI OCCHI DEGLI ALTRI”. In tale fase, il momento del rispecchiamento, tracciando nelle parole dei ragazzi percorsi di riorganizzazione e ricerca di feed – back nelle relazioni con gli altri, è stato arricchito dall’emergere di stili e comportamenti meta – cognitivi propri di una narratività connettiva. Il contesto relazionale, sollecitato sia dall’intrinseca dialogicità della scrittura, sia dall’esplicita richiesta del confronto e della reciprocazione con lo sguardo altrui, ha contribuito a rendere questa esercitazione autobiografica, significativamente somministrata in fase conclusiva, non solo un luogo di rielaborazione dei vissuti emersi dai precedenti scritti, ma anche una generativa occasione di nascita e sviluppo di pratiche discorsive di auto – formazione. Infatti, il duplice atteggiamento di accoglienza e rifiuto del giudizio altrui, emerso dagli elaborati, richiede, in ogni caso, come necessario il momento dei confronto, irriducibilmente connesso alla possibilità di autodefinirsi.
L’esigenza e la ricerca di reciprocazione abitano anche le rappresentazioni che i ragazzi propongono di sé, nell’ambito della dimensione del futuro, in risposta alla terza sollecitazione: “MI VEDO DA GRANDE”. Infatti la complessità della vita fantasmatica proposta, presentandosi straordinariamente ricca, rivela una forte ideazione di un sé futuribile, di cui sembra si possano già conoscere nel dettaglio i tratti. Come nel caso del passato remoto, il futuro appare più sicuro e definibile, più chiaro delle ambiguità e delle mutevolezze attuali.
Il lavoro simbolico e proiettivo interviene allora, generalmente, a modulare e a rendere più tollerabile il dolore o il disagio di difficili identificazioni e definizioni di sé. Il costante emergere di una dimensione di desiderio di gratificazioni adulte, individua un atteggiamento cui è sottesa la generale consapevolezza di vivere una fase della vita caratterizzata dalla transizione, dall’attesa.
La possibilità di “dirsi”, di raccontarsi attraverso andamenti prospettici e retrospettivi, ha offerto agli studenti la possibilità di percorrere le categorie e le variazioni temporali della propria storia di vita, acquisendone consapevolezza tramite le proprie parole. Ciò ha consentito loro di attribuire al proprio presente la prospettiva di momenti formativi del passato, la cognizione della condizione esistenziale attuale, e l’aspetto progettuale o desideriale del futuro.
La sollecitazione all’espressione scritta di sé ha rivitalizzato la capacità e la disponibilità dei ragazzi a guardare dentro di sé, oggettivando i propri vissuti attraverso una lontananza di riferimento, favorita dall’effetto distanziante della scrittura.
Il momento narrativo ha creato, n’egli studenti, una duplice percezione di sé sincronica e diacronica. Tale duplicità ha permesso loro di comprendere che il divenire osservatori di se stessi presuppone la relazione dialogica con l’alterità.
Così, se, da un lato, l’invito all’autoreferenzialità – favorito da tracce che proponevano un’attenzione testuale alla propria storia di vita – ha permesso la nascita di spazi personali ed individualizzati, la convenzionalità scritturale di una pratica intersoggettiva ha assecondato un irrinunciabile bisogno relazionale dei ragazzi, favorendo percorsi di traduzione del loro ineffabile spazio privato nel codice delle parole decifrabili in cui, solitamente, essi non dicono “io”.
La sorpresa per una scoperta di sé di tipo espressivo ha aperto i percorsi narrativi alla ricchezza testuale delle ” trame di vita “, alla meta-cognizione ed ai vissuti esistenziali, rivelando, anche grazie alla successiva fase di spettacolazione dell’ esperienza autobiografica, la possibilità dell’esistenza di un ascoltatore, un soggetto con cui relazionarsi. Anche a scuola.