La scuola del cambiamento, il cambiamento della scuola

La scuola trasmette culture esplicite e culture implicite. Le culture esplicite sono le materie in tutta la loro oggettività. Le culture implicite sono sempre le materie, ma in tutta la loro soggettività. Praticamente sono le due facce di una stessa medaglia. Possiamo dire che la scuola vive la specificità delle materie e della loro modalità di insegnamento e di apprendimento come valori assoluti e incambiabili e attribuisce invece a tutti gli apprendimenti specifici un valore di pura casualità. Gli apprendimenti aspecifici sono tali perchè, a differenza di quelli specifici che prendono in considerazione le conoscenze proprie della materia con un coinvolgimento controllato da parte di chi apprende, prestano invece attenzione all’apprendimento attraverso lo sviluppo complessivo delle potenzialità e capacità psichiche dell’individuo, con particolare riferimento alla sfera emotiva e agli atteggiamenti.

Quindi la necessità di evidenziare più che l’apprendimento i processi di apprendimento vuole evidenziare, da parte nostra, la necessità di valutare il modo in cui si impara, più che “il cosa” si impara. Ecco perchè l’apprendimento dovrebbe ormai orientarsi verso un “imparare ad imparare”, cioè verso un tipo di apprendimento aspecifico che possa così permettere qualsiasi apprendimento specifico.
La consapevolezza degli apprendimenti aspecifici migliora la qualità degli apprendimenti specifici. Sebbene sia quasi impossibile formulare una definizione esatta di apprendimento, possiamo provare ad affermare che l’apprendimento si realizza quando ciò che si apprende permette un mutamento permanente del comportamento. Il fenomeno avviene, dunque, quando una persona è portata a reagire ad una situazione con un modulo di reazione diverso da quelli precedentemente acquisiti.
Per maggiore chiarezza proviamo a fare un elenco sia degli aspetti che delle condizioni dell’apprendimento.
I principali aspetti dell’apprendimento possono essere così elencati:
– L’apprendimento richiede un’attività rivolta ad un fine.
– L’apprendimento è un processo nel quale viene compromesso l’individuo come totalità.
– L’apprendimento tende a dare soluzioni, infatti affrontare i problemi stimola l’apprendimento.
– L’apprendimento è basato su esperienze passate.
– L’apprendimento è l’esito di uno stimolo dei sensi: più vive ed intense sono le impressioni, maggiore sarà la possibilità di ricordare.
– L’apprendimento richiede sempre un interesse, una motivazione nel soggetto.
– Il riconoscimento e la fiducia danno forti incentivi all’apprendimento.
– La gente impara di più quando deve rispondere di ciò che apprende.
– Sapere il ‘perché’ rende più efficace l’apprendimento.
– Bisogna insegnare le cose il più possibile in maniera aderente al modo in cui saranno utilizzate.
– L’apprendimento più efficace si ha quando l’apprendimento iniziale è immediatamente seguito dall’applicazione.
– I primi successi aumentano le possibilità di un apprendimento efficace.
– La ripetizione, accompagnata dal continuo sforzo verso il miglioramento produce un efficace sviluppo dell’abilità.
– La continua valutazione è essenziale ad un efficace apprendimento.

Le principali condizioni dell’apprendimento sono:
– Le persone consapevoli affrontano l’apprendimento con la coscienza di essere elementi attivi, liberi e responsabili e non soggetti passivi.
– Inoltre, affrontano nuove attività e nuove esperienze desiderando di avere (e non possono farne a meno) la possibilità di mettere in relazione questa loro passata esperienza con le nuove cognizioni.
– Infine, vogliono poter applicare nel loro agire quotidiano quanto stanno apprendendo.
– Le motivazioni devono essere collegate con le ‘spinte’ individuali di ciascuno (senso di appartenenza, status, affetti, ecc..)
– L’insoddisfazione per lo stato presente di conoscenze e comportamenti in cui ciascuno si trova è una molla potente per migliorare.
– Lasciare che ognuno impari solo per tentativi è uno spreco di tempo. A chi apprende sono necessarie guida ed assistenza.
– Sia per il contenuto dei programmi e degli argomenti, che per i mezzi necessari a comunicarli occorre scegliere oculatamente il materiale più idoneo.
– Occorre una gestione appropriata del tempo per impratichirsi bene, per creare fiducia in se stessi e sentirsi padroni dell’apprendimento.
– la soddisfazione di aver appreso serve a garantire la permanenza nel tempo delle cose apprese.
– L’apprendimento deve essere variato. La noia, la monotonia, le ripetizioni sia dei metodi che dei contenuti sono dei nemici pericolosi dell’apprendimento.
– Chi apprende deve poter autovalutarsi, poiché è la condizione per cui si realizza il principio numero uno di cui sopra, è necessario creare la possibilità per cui l’allievo si valuti personalmente.
– Lo standard di prestazioni per chi apprende sono gli obbiettivi chiari da raggiungere, possibilmente stabiliti con la partecipazione dell’allievo in quanto sono estremamente utili per valutare lo stadio raggiunto con l’apprendimento.
– L’apprendimento è un processo di cambiamento che coinvolge l’intera personalità.
Sebbene sia assurdo definire l’apprendimento, si può rilevare che apprendere vuol dire che ciò che noi impariamo può essere formato sia da buone che da cattive abitudini. Uno dei vantaggi dell’esercitarsi in un’abilità consiste nel divenire consapevoli degli errori che avevamo inconsapevolmente imparato, per cui non è necessario che l’apprendimento si manifesti in un’azione, in quanto il concetto di apprendimento si allarga notevolmente se pensiamo all’amicizia, alla spontaneità, agli atteggiamenti ed alle emozioni. A dimostrazione di ciò, possiamo osservare che l’apprendimento può realizzarsi ogni qual volta reagiamo ad una situazione da cui siamo influenzati, sia in modo osservabile che in modo interno, a noi noto come, per esempio, la conoscenza dei risultati parziali faciliti i processi di apprendimento e soprattutto la velocità con cui tali processi avvengono.
Una situazione di gruppo è condizione favorente, nel senso che un gruppo serve da feed-back continuo mediante il paragone continuo con gli altri e, quindi, con mezzi per conoscere continuamente i risultati raggiunti. Da questo punto di vista è evidente che una situazione di gruppo è situazione favorente la conoscenza dei risultati parziali e quindi facilitante ogni processo di apprendimento.
Il luogo previlegiato della scuola dove avvengono gli apprendimenti è la classe, quindi ogni insegnante deve tener conto, contemporaneamente, sia degli apprendimenti individuali che degli apprendimenti di gruppo. Spesso però dobbiamo rilevare che la prevalenza degli apprendimenti avviene attraverso un rapporto diretto tra ogni allievo e l’insegnante, cioè attraverso un rapporto di coppia.
Questo farebbe pensare che un insegnante non ha motivo di porsi diversamente, sia che si trovi ad insegnare ad un solo allievo che a cento allievi contemporaneamente. Infatti, quando l’insegnamento viene inteso come un travaso di conoscenza da chi ne sa di più a chi ne sa di meno, l’unico sforzo che deve fare l’allievo è quello di sintonizzarsi sulla modalità di insegnamento del docente per decodificare, secondo una cultura cibernetica, i codici prestabiliti. Oggi si ritiene invece che non vale più la simmetria tra insegnare e imparare, perchè non esistono più rapporti universali. Quindi, ridurre l’insegnamento e l’apprendimento ad un valore di unicità a discapito di un valore della pluralità, rafforzerebbe solo una scuola orientata al mantenimento del suo status-quo culturale.
L’insegnamento di tutti i tempi ha sempre visto il suo successo sulla qualità della relazione che si veniva a creare e nell’accettazione reciproca delle scoperte che avvenivano momento per momento con la partecipazione di tutti. La differenza sostanziale che esiste tra insegnare ad una singola persona oppure ad un gruppo-classe consiste nel fatto che la seconda situazione ha, rispetto alla prima, una risorsa in più che è appunto il gruppo. Proprio quel gruppo che viene spesso indicato da tutti coloro che non intendono uscire da una cultura della stabilità come valore, come il luogo dove si perde tempo, dove i più intelligenti ci rimettono rispetto ai meno intelligenti, dove non è mai possibile arrivare a una decisione comune, dove le troppe dinamiche interne prevalgono sullo scopo del gruppo, dove l’autorità di chi insegna viene spesso messa in discussione dal gruppo e via di seguito. Invece, la capacità di un insegnante che sa servirsi del pensiero duale come suo strumento tecnico di insegnamento, è sia quella di sapersi mettere nei panni di un altro, mantenendo il proprio punto di vista senza perdere la propria identità, sia di dimostrare di saper usare le difese, gli episodi e i fenomeni del gruppo-classe come occasioni di crescita degli allievi. La scuola stessa non può più pensare di essere un’isola felice che dà per scontato il contesto sociale nel quale opera, pensando che questo debba adattarsi al prodotto che la scuola sforna.
La scuola deve saper guardare con curiosità ed interesse le realtà che costituiscono il contesto sociale, in particolare il mondo del lavoro attraverso le sue organizzazioni. La scuola deve cercare di capire i cambiamenti organizzativi delle organizzazioni, individuare i poli dialettici intorno ai quali costruire gli sviluppi delle risorse tecniche ed umane da inserire nel mondo della collaborazione lavorativa. Perchè una scuola punti alla sua evoluzione, deve trovare una o più strade che la facciano integrare con l’ambiente attraverso un sistema aperto che le permetta di assimilare le caratteristiche strutturali tipiche dell’ambiente in cui vive e di modificare, attraverso le proprie caratteristiche strutturali, le esigenze dell’ambiente.
La permeabilità della scuola e, quindi, la qualità delle sue comunicazioni e delle sue relazioni sia interne che esterne possono permettere alla scuola di avere un ruolo proponente che indica i cambiamenti del sociale e non più un ruolo di solo semplice ripetitore di conoscenze passate. La scuola di oggi deve puntare a costruire cittadini che, a loro volta, creino organizzazioni che vadano oltre la produzione di beni di consumo e di beni di servizio, ma producano benessere.
Lo scenario sta cambiando nella sua caratterizzazione, cioè da un concetto “somma zero” (io vinco-tu perdi) a un concetto “non a somma zero” (io ho uno, con la tua conoscenza ho due, tu con la mia conoscenza e la tua hai due anche tu).
L’organizzazione scolastica è un qualcosa non più adattabile ad uno schema di comunicazione, ma diventa un qualcosa di progetto relazionale. Possiamo dire che l’organizzazione della scuola è, da una parte, un sistema complesso composto da individui e gruppi di individui in reciproca interazione e con obiettivi produttivi comuni; dall’altra parte, è un sistema aperto in continua interazione con l’ambiente circostante, dove la qualità delle relazioni determina l’efficacia e l’esistenza stessa delle organizzazioni scolastiche.