Le strutture semiresidenziali per la salute mentale

Nel campo dell’assistenza psichiatrica, la progettazione e l’attuazione di programmi integrati e individualizzati per soggetti con gravi patologie, come la psicosi ed i disturbi di personalità, hanno reso necessario realizzare interventi articolati e di lunga durata, quindi all’utilizzo di varie competenze professionali e diversi luoghi di cura.

Un importante segmento di questi percorsi di cura è sicuramente rappresentato dalle strutture semiresidenziali, in particolare dal Centro Diurno che può essere definito come “un presidio dedicato alla realizzazione di programmi terapeutico-riabilitativi individualizzati che mantengono il paziente nel suo contesto di vita e lo impegnano ad un confronto con la quotidianità

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Si rivolge sia ad individui con scarsa competenza nelle relazioni interpersonali e nelle attività pratiche, quindi incapaci di utilizzare e sviluppare autonomamente la propria rete sociale, sia a soggetti in fase d’esordio con programmi orientati a prevenire la disabilità e conservare intatta la rete di appartenenza. A tal fine questa struttura deve possedere una propria equipe, a composizione mista e soprattutto ad impronta psicologico-sociale- educativa. Deve disporre di una sede autonoma (adeguatamente attrezzata) priva d’evidenti tratti psichiatrici e utilizzare i luoghi della vita sociale (scuole, piscine, circoli, biblioteche, etc.). Il Centro Diurno può valersi nella sua realizzazione della partecipazione del privato sociale o del privato imprenditoriale o di associazioni di volontariato, attraverso un “rapporto di convenzione” (De Isabella et al., 1997).
E’ quindi evidente che le specificità del Centro Diurno ne fanno la Struttura intermedia per eccellenza, una struttura cioè che opera a metà strada tra la dimensione “artificiale” della cura e quella “naturale” della vita quotidiana. E’, infatti, la presenza in ogni momento della vita del Centro Diurno di aspetti dell’esperienza comune, l’unica reale garanzia della possibilità di favorire un’effettiva reintegrazione sociale: la ripresa piena – o anche solo “attenuata”, ma autentica – dell’esperienza di vita fuori dalla malattia o in una convivenza accettabile con alcuni aspetti irriducibili di essa.
In altri termini, la funzione svolta dal Centro Diurno è di introdurre nell’esistenza di chi lo frequenta piccoli eventi – novità, scoperte – che interrompano il ritorno sempre identico di esperienze prive di significato – l’ovvietà della cronicità – e comincino a punteggiare il tempo lineare della crescita personale. Compito di questa struttura intermedia è di contribuire, in modo determinante, all’avvio di un circolo virtuoso tra risultati del trattamento, anche solo parziali, ed effetti della ripresa del contatto del paziente con i propri progetti, con le proprie relazioni più significative.
La funzione intermediaria è dunque pienamente realizzata se si caratterizza come un’azione limitata nel tempo: transitoria e incisiva. Tuttavia, in qualche misura, può essere significativamente esercitata
in relazione a tutte le tipologie degli interventi, non solo a quelle di breve durata ed alta intensità all’esordio dei disturbi psicotici, ma anche a quelle prolungate, a minore intensità, rivolte ai pazienti con cronicità consolidata. Si tratterà in ogni caso di attuarle evitando contrazioni nei tempi del trattamento che determinino le pericolose conseguenze della sovrastimolazione o, all’opposto dell’intrattenimento, in cui diventa marginale dare un senso al tempo trascorso e l’occupazione del paziente diventa “ingannare il tempo”.
La complessità del compito “intermediario” svolto dal Centro Diurno comporta una continua revisione dell’effettivo mantenersi di questa funzione, una sorta di manutenzione e di messa a punto continua di questo strumento. Ciò ha suggerito di sviluppare delle linee guida (Cocchi, De Isabella, 1996, 1999) che individuano come elementi caratterizzanti di questo tipo di strutture i seguenti aspetti:

  • le attività in un Centro Diurno sono espressione di uno stretto ed equilibrato legame con la quotidianità e sostenute da un autentico clima terapeutico-riabilitativo;
  • le proposte sono differenziate per adattarle in ogni momento alle specifiche necessità e potenzialità del singolo individuo;
  • la collocazione è in un’ampia e differenziata rete comprendente tutte le iniziative che possono coinvolgere i pazienti psichiatrici;
  • le attività si irraggiano sul territorio “confondendosi” con questo e restano legate al nucleo iniziale solo da legami funzionali di collegamento, promozione e programmazione;
  • il rapporto con il paziente viene progressivamente indebolito e avviene un suo speculare passaggio verso la periferia della rete.

Affinché queste linee guida possano crescere, occorre che siano alimentate da un confronto continuo tra gli operatori. A questo scopo è nato, all’inizio degli anni novanta, un Coordinamento Nazionale dei Centri Diurni, divenuto nel 1996 Associazione, che ha stimolato la costituzione di gruppi regionali, divenuti promotori di scambi, dibattiti pubblici, produzioni scientifiche. Il confronto si è recentemente allargato anche alle esperienze straniere, come è avvenuto in una tavola rotonda ospitata a Roma all’interno del III Congresso nazionale dell’Associazione svoltosi nell’ottobre 1999, in cui una significativa rappresentanza internazionale ha discusso il tema: “The promise of Day care. An international perspective”, evidenziando una notevole vivacità e la rilevanza di questo tipo di strutture anche all’interno di organizzazioni sanitarie notevolmente diverse dalle nostre.
Dal punto di vista istituzionale il processo di crescita dei Centri Diurni ha ricevuto un sostegno dallla collocazione a pieno titolo delle strutture semiresidenziali nel nostro sistema sanitario, quindi con la possibilità di disporre di risorse per potersi realizzare. Tale collocazione è stata ribadita dal Progetto Obiettivo nazionale 1998-2000, recentemente approvato, che inserisce il Centro diurno tra le dotazioni previste per i Dipartimenti di Salute Mentale.
Il Progetto obiettivo delinea inoltre l’opportunità per i Centri Diurni di stabilire rapporti con nuovi soggetti erogatori di servizi sociosanitari, ONLUS, privato imprenditoriale e prevede la possibilità di definire precisi “mix pubblico-privato”, differenti per requisiti e tipologia.
Questo importante riconoscimento evita il rischio che i Centri diurni si trovino schiacciati o assorbiti all’interno di strutture residenziali o ambulatoriali dove l’operatività finirebbe col perdere le peculiari potenzialità di intermediazione tipiche di questo presidio. Ciò che fa del Centro diurno la struttura intermedia per eccellenza infatti, è la caratteristica di non interrompere il rapporto essenziale del paziente con il proprio contesto e nemmeno di abbandonarlo ad esso.
Infine preme segnalare che i contatti sempre più frequenti degli operatori della salute mentale con le strutture che si occupano delle problematiche degli anziani dementi, dei giovani devianti, delle persone con ritardo mentale hanno stimolato il Coordinamento Nazionale dei Centri Diurni psichiatrici ad allargare il confronto sul tema delle semiresidenzialità ai Centri diurni per gli anziani (L. Ardenghi ed al. 1999), ai Centri di Aggregazione Giovanile, ai Centri Socio Educativi etc.
Le caratteristiche che connotano il Centro Diurno, facendone una struttura flessibile, capace di garantire risposte articolate e differenziate adatte ad accogliere persone con problematiche diverse, sembrano infatti comuni a queste strutture. Si configura quindi un’ulteriore occasione per creare ambiti di confronto, con la possibilità di sviluppare e orientare un processo di integrazione dei servizi, cercando quelle sinergie che, nel rispetto delle differenze, anzi grazie a queste, possano giovare alla ricerca di risposte adeguate di fronte ai problemi complessi che incontrano le persone nel ciclo dell’esistenza.

Bibliografia
Ardenghi L., Cafiso E., De Isabella G., (1999), Comportamento aggressivo nell’anziano demente: opportunità di intervento nel Centro diurno, Comunicazione presentata al III Congresso Nazionale dell’Associazione Coordinamento Nazionale Centri Diurni in Psichiatria, “Psichiatria e salute mentale nella comunità: confini e contesti in movimento”, Roma, 7-9 ottobre
Cocchi A., De Isabella G., (1993), Centri diurni in psichiatria. Problematiche, realizzazioni, prospettive, Franco Angeli, Milano Cocchi A., De Isabella G., (1996), (a cura di), Centri diurni nella nuova psichiatria. Tendenze, linee guida, problematiche, prospettive di sviluppo, Nova Ars Libraria, Milano
Cocchi A., De Isabella G., (1999), (a cura di), La gestione manageriale delle strutture intermedie in psichiatria, Centro Scientifico Editore, Torino
De Isabella G., Cafiso E., Cocchi A., (1997), Centri Diurni tra le strutture intermedie: le specificità per un’identità visibile, Atti del XL Congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria, Palermo, 18-24 ottobre

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