Lo scontro delle civiltà

Anno 2010 : la Cina invade il Vietnam per assicurarsi il completo sfruttamento delle risorse petrolifere del Mar Cinese Meridionale. Ma in alcune aree sotto controllo vietnamita operano anche le industrie americane, quindi gli Stati Uniti intervengono contro la Cina sia in difesa di interessi economici di portata strategica sia per impedire alla Repubblica Popolare Cinese di accrescere la propria influenza in Estremo Oriente.

In breve tempo si scatena una guerra planetaria che coinvolge USA, Europa, Russia, India e gran parte degli Stati Islamici dall’ Indonesia alla Turchia e all’ Algeria. L’intero occidente laico e cristiano, si contrappone al mondo islamico dal Nord Africa al Sud Est Asiatico e all’Estremo Oriente ove è preponderante la Civiltà Sinica. Questo apocalittico scenario è stato ipotizzato da Samuel P. Huntington come “altamente improbabile ma non impossibile nel saggio Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale.
Gli esiti di un simile conflitto sarebbero particolarmente catastrofici per gli U.S.A. e l’Europa che perderebbero la leadership mondiale a vantaggio dell’America Latina e dell’Africa Australe.
Le cause profonde di un evento bellico (che non esclude l’uso di armi atomiche; per esempio: la periferia di Marsiglia verrebbe colpita da missili a testata nucleare partiti dal Sahara Algerino) andrebbero rinvenute nell’ “escalation di una guerra di faglia tra gruppi appartenenti a civiltà diverse, presumibilmente tra Musulmani e non Musulmani”. Se gli scontri tra civiltà diverse rappresentano la più grave minaccia alla pace mondiale, un ordine internazionale basato sulla convivenza tra culture diverse è l’unica protezione dal pericolo che conflitti regionali, pressocchè inevitabili, degenerino nella IV Guerra Mondiale.
A queste conclusioni giunge Samuel P. Huntington dopo aver sostenuto che, con la fine della guerra fredda, la politica planetaria si sta ristrutturando secondo Iinee culturali.
Conseguentemente, le alleanze determinate da motivi ideologici o dai rapporti tra le super potenze vengono sostituite (le alleanze definite dalle culture e dalle civiltà a cui appartengono le diverse nazionalità. Gli stessi confini politici vengono ridisegnati affinché coincidano con quelli culturali anche a prezzo di sanguinose pulizie etniche.
I processi di modernizzazione e globalizzazione economica non solo non stanno producendo alcuna vera e propria civiltà universale, ma neppure l’ampliamento della sfera di influenza politico-militare degli Stati Uniti e dei suoi più fedeli alleati.
A ben vedere il riemergere delle identità culturali e religiose è ben antecedente alla fine della Guerra Fredda. Non è forse vero che migliaia di donne di religione islamica, ma anche colte e di ben solida fede laica, negli anni ’70 sfilarono in Iran e in altri paesi musulmani avvolte nel più impenetrabile dei chador per manifestare, non solo la loro ribellione ai governanti locali, ma soprattutto la loro repulsione per i costumi occidentali?
Evidentemente l’identità culturale e religiosa è considerata un valore primario da tutti i popoli oppressi quando si ribellano all’Oppressore, sia esso un’entità statuale o un sistema economico. La tesi conclusiva sostenuta dall’autore è basata sul principio di non ingerenza da parte degli Stati Uniti e dell’Europa nei conflitti tra Stati appartenenti alla medesima civiltà o tra gruppi di diversa identità etnica e culturale.
Il Nuovo Ordine Mondiale verrebbe costituito ristrutturando l’ONU, a partire dal Consiglio di Sicurezza di cui dovrebbero farne parte i maggiori Stati-guida delle Civiltà non occidentali, oltre alle grandi potenze vincitrici della II Guerra Mondiale. Non è dato di sapere, leggendo “Lo Scontro delle Civiltà e il Nuovo Ordine Mondiale”, come è possibile prevenire i futuri conflitti etnico-religiosi. Probabilmente Huntington pensa che ci si possa affidare a più liberi ed equi scambi commerciali supportati da scambi interculturali tra le diverse civiltà.
Ma come è possibile perseguire tali lodevoli obiettivi senza tener conto dell’allargamento
della forbice tra i Paesi ricchi dei Nord del Mondo e i Paesi poveri dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina?
Ne è possibile sperare nella Vecchia Europa, crogiuolo dì ideali democratici, di valori liberali e libertari, ma anche di dittature spietate e di ideologie totalitarie, almeno fino a quando l’Unione Europea non si trasformerà in una Confederazione di Stati Sovrani fondata sulla convivenza politica e culturale delle più diverse nazionalità.