Margherita la mucca pazza

Quel giorno Margherita era insolitamente nervosa. Più che nervosa, si sarebbe detto annoiata. Continuava a sbadigliare aprendo la sua enorme bocca. Accanto a lei, un’altra mucca la guardava e muoveva la coda come a voler scacciar via le mosche. Ma di mosche, era gennaio, neanche l’ombra!

I campi erano gelati, le strade ghiacciate e gli alberi stecchiti.

Tutti cercavano di stare al chiuso per quanto possibile, tranne Claudia. Lei sarebbe uscita volentieri anche con quel freddo.

Claudia era una bambina con i capelli lisci e lunghi e due occhioni sognanti . Guardava fuori dai finestroni della sua classe con una gran voglia di scappare. Da quando la sua maestra aveva cominciato a parlare di animali, di mucche:  <<Nella prossima primavera andremo a visitare una fattoria, quella di Gelsomina: è tanto grande e bella; potremo vedere le mucche e ne potremo studiare la vita >>,  la piccola Claudia stava pensando a quella fattoria.

Claudia ogni giorno beveva il latte là prodotto. E poi sarebbe stato sempre meglio che rimanere chiusi nella scuola: non vedeva l’ora che arrivasse la primavera!

Quel giorno, dal gran freddo, non c’era in giro neanche un merlo. I suoi pensieri, lasciati liberi di scorrere, l’avevano
portata ad immaginare di essere là, nella fattoria.

Faceva un gran freddo: tutta la stalla era ghiacciata e le mucche si scaldavano l’un l’altra col fiato. Ecco, quella che aveva deciso di chiamare Margherita era l’unica mucca a non aver freddo e continuava a ripetere alle sue vicine: <<Smettetela di alitarmi, non sono mica Gesù Bambino>>. Non solo non aveva freddo, ma era anche sudata, come se fosse ferragosto. Non riusciva a capire il perché del suo insolito nervosismo: eppure il suo carattere era dolce e mansueto.

Claudia s’immerse sempre di più nel suo sogno ad occhi aperti e si disse che, pensandoci bene, l’avrebbe scoperto lei quel mistero di cui aveva sentito parlare alla televisione, la storia della mucca pazza.  Ecco, lei era lì, in quella stalla e poteva capire i pensieri delle mucche, e sentiva tutto quello che succedeva….

Gelsomina, la fattora aveva una grande passione per il suo lavoro. Aveva dedicato la sua vita all’allevamento delle mucche e alla produzione di latte. Le sue erano le mucche più belle e sane della zona e il latte il più saporito. Ultimamente, però, Gelsomina stava escogitando nuovi sistemi d’allevamento. Metodi d’avanguardia, senz’altro meno faticosi: non portava più le mucche al pascolo, neanche d’estate. Lasciava la luce della stalla sempre accesa, giorno e notte. Teneva le mucche allegre con della buona musica ed acqua in abbondanza. Dava loro del buon mangime d’origine animale, al posto della solita erbaccia. Le mucche crescevano lo stesso, anzi, producevano tanto latte e di ottima qualità. “Il latte di Gelsomina lo puoi bere da sera a mattina!”, recitava uno spot pubblicitario.

Un’insegna all’ingresso della fattoria diceva: “DAL PRODUTTORE AL CONSUMATORE”. Nessuno aveva dubbi sulla genuinità dei suoi prodotti. Peccato che Gelsomina avesse cominciato a cambiare i vecchi sistemi d’allevamento.

Margherita era sempre più annoiata. Cercava qualche pensiero felice nella sua memoria per distrarsi un po’. La luce era  accesa come al solito e Margherita non condivideva tutto quello spreco di luce elettrica. Anzi, odiava la luce artificiale specialmente da quando aveva visto il sole. Tanto tempo fa era uscita al pascolo, si era allontanata e si era ritrovata in un’immensa distesa di verde. Quel giorno era stato il più bello della sua vita: il cielo azzurro, i prati verdi e la tenera erbetta profumata da mangiucchiare e ruminare. Il sole, la pace… l’enorme pace che le era calata nell’anima. Da quel giorno non aveva mai più provato quella sensazione. Si sentiva sempre peggio fra quella luce accecante, la mungitrice elettrica e quella musica assordante. Eppure i primi tempi le piaceva quella musica. <<Non sei stufa di questa musica?>>, chiese Margherita a sua cugina. <<Per me una musica vale l’altra>>, rispose lei con noncuranza. <<La musica mi tiene tranquilla>> <<Questa non ha mai capito niente della vita>> pensò tra sé e sé Margherita.

E anche Claudia faceva il tifo per Margherita: come poteva quella musica orripilante tenerla tranquilla? Lei si innervosiva: se almeno avessero cambiato il nastro! Quella che ascoltavano era una cassetta pirata, taroccata come amava dire suo fratello, di Claudia, non di Margherita. Ora le sembrava quasi di pensare come Margherita, era lei!

Ricordava benissimo il giorno in cui Gelsomina era entrata come una furia nella stalla. Aveva la cassetta in una mano e nell’altra la radio portatile di suo fratello Gennaro, il fratello di Gelsomina, non di Claudia.

Gennaro protestava, non era d’accordo sul metodo, ma soprattutto non voleva lasciare la sua radio nella stalla. Gennaro era un tipo alto e robusto, aveva la pelle dura e rugosa come una corteccia. Sempre abbronzato. Sul viso scuro guizzavano due occhi azzurri che sembravano due laghetti. Gennaro aveva sempre fatto quello che diceva sua sorella, ma questa volta non era proprio d’accordo, soprattutto perché la radio era sua! <<Cavoli, una cassetta da cinquemila lire, roba da pazzi!>>.

Margherita-Claudia pensò: <<cCinquemila lire? Sono taroccate queste cassette e non si rompono mai, ma come è possibile?>>.

Cominciò a contare le pecore per poter dormire: <<Uno, tre, ventiquattro, trentasette…>>. Si ricordò che, essendo Margherita, non sapeva contare.

Che disdetta. Però non era giusto! Lei era intelligente, avrebbe voluto studiare. Ecco cosa accade agli ignoranti, quando vogliono dormire: non possono neanche contare le pecore! Margherita dovette riaprire gli occhi e rinunciare a dormire.

Cercò di ripescare nella memoria il volto di quell’uomo che l’aveva fotografata quel giorno che era stata nel prato. Aveva gli occhi azzurri come il cielo, anche lui, come Gennaro. Oh, lei era un’inguaribile romantica!

Ad un certo punto avvenne il miracolo: il nastro si inceppò. Margherita, con un sorriso di compiacimento, guardò le sue vicine, ma queste non sembravano dare peso alla cosa <<Ehi, sentite? Si è incantato il nastro…  ma non vi interessa niente?>>. Niente. La luce sempre accesa. Le mucche sempre lì in fila a ruminare quel pessimo mangime, tutte allineate e indifferenti. Provò anche lei a far finta di niente. Ma ora le sembrava addirittura che aumentasse il volume della radio. Un’ossessione. Un’ossessione…  le sembrava di impazzire. E le altre mucche zitte, pacifiche, tranquille. Se non fosse successo qualcosa sarebbe diventata pazza.

Finalmente si aprì la porta della stalla ed entrò Gelsomina. Il fratello Gennaro continuava a brontolare: <<Hai comprato un nastro non originale. Adesso si è rotto. E se si è rovinata pure la mia radio? Adesso me la ricompri>>. <<Piantala>> disse Gelsomina, <<Adesso la metto a posto io la cassetta>>.

Gelsomina di femminile aveva solo il nome. A vederla da lontano, uno l’avrebbe chiamata di certo Ugo o Beppe. Uno di questi nomi le sarebbe calzato a pennello. Tanto, mai nessuno la chiamava per nome e suo fratello la chiamava <<Geggé>>. Gelsomina tutti i giorni faceva un giretto nella stalla per controllare che tutto andasse bene. Mai una parola buona a loro povere mucche! Mai un sorriso, una carezza, niente. Invece Margherita di femminilità ne aveva da vendere! Con un gesto di vanità si specchiò nell’acqua dell’abbeveratoio e si trovò molto bella. Aveva due splendidi occhi azzurri e ciglia lunghe. Al collo aveva un collarino rosa  ed un campanellino che di tanto in tanto tintinnava. Eppure, c’era qualcosa che non andava… ma cos’era? Aveva gli occhi azzurri. Azzurri? Ma se li aveva avuti sempre marroni? Come era possibile? Sentì un tonfo al cuore. Aveva sempre sognato di avere gli occhi azzurri e i capelli biondi…  cioè, il pelo biondo. Margherita si voltò verso sua cugina e le chiese: <<Secondo te gli occhi possono cambiare colore? Possono diventare azzurri?>>. <<Non t’illudere!>> rispose sua cugina senza neanche guardarla. Comunque lei era già bella ed ora, con quegli occhioni, era diventata bellissima. Margherita non stava più in sé dalla gioia. Persa in quei dolci pensieri non pensava più agli incubi di prima. Non pensava più alla luce e alla musica e a Basco Rossi. A proposito, c’era uno strano silenzio nella stalla. Gelsomina aveva spento la radio e ci stava trafficando intorno. Figuriamoci, con quelle manacce da contadino non sarebbe mai riuscita ad aggiustare la cassetta. Che splendido silenzio. Ora si sentiva solo qualche flebile muggito e qualche tintinnio di campanello. Che pace.

Ma la vita si accaniva contro di lei. Gelsomina era riuscita a riparare la musicassetta e, uscendo dalla stalla, nel chiudere la porta dietro di sé, aveva lasciato filtrare un raggio di sole. <<Che bello il sole, il cielo, i prati e l’erba!>>, pensò Margherita. Aveva voglia di mangiare un po’ d’erba: perché Gelsomina non la portava più al pascolo? Perché era diventata così cattiva? Margherita era ricaduta nello sconforto più totale.

A Claudia pareva di sentirlo dentro questo dolore, ma forse Gelsomina non era poi così cattiva. Ma non aveva niente di romantico, pensava solo ai suoi interessi! A Margherita non piacevano le persone aride e prive di sentimento come la sua padrona. Quando le si avvicinava, era solo per verificare la sua crescita e il suo stato fisico. Mai che una volta l’avesse guardata negli occhi, mai un sorriso, una parola buona… niente! Si pentì, tuttavia, di provare quei sentimenti nei confronti della sua padrona. Tutto sommato la faceva stare bene, la teneva al caldo, le dava sempre da mangiare e da bere e la faceva sempre pulire. Povera Gelsomina! Sì, però avrebbe potuto dare una prova della sua bontà cambiando nastro. Margherita voleva un po’ di silenzio, un po’ di pace, un po’ di buio. Voleva dormire. Ma come fare? Non aveva sonniferi, neanche camomilla, e il sistema di contare le pecore non aveva funzionato. Troppo rumore. Margherita alzò il muso e muggì forte. Le altre mucche si spaventarono
e, si spostarono più in là, per quanto possibile. Per la prima volta Margherita pensò di stare per impazzire. <<Se ti ribelli, se non sopporti di fare sempre le stesse cose, diventi pazza, o comunque gli altri ti credono pazza>>, pensava. Ma a Margherita non interessava l’opinione delle altre mucche e neanche quella della sua padrona. Sentiva solo che non riusciva più a resistere in quelle condizioni. Pensò che se si fosse messa a muggire forte e a scalciare, qualcuno avrebbe fatto qualcosa. Forse avrebbero spento la luce, o l’avrebbero portata fuori a prendere una boccata d’aria.

Margherita era al limite dell’agitazione, a forza di muggire e scalciare spaccò il recinto come una furia. In un lampo fu sopra la radio. Non trovando il tasto dello stop, diede una zampata. Si era diffuso il panico nella stalla. Tutte le mucche muggivano, scalciavano. La radio era ormai distrutta, ma lei non era ancora soddisfatta. Le fumavano le narici. Era nervosa. C’era un gran polverone. In quel momento entrò Gelsomina e urlò: <<Che diavolo succede? Margherita, perché hai spaccato la radio? Sei forse diventata pazza?>>. Sì, forse era pazza. Ora era ferma, la zampa sulla radio, gli occhi fissi, la testa vuota.

In quel vuoto Claudia sentì che aveva trovato la chiave del mistero: era come un giallo, ed ora voleva vederlo tutto, sapere come andava a finire!

Quell’attimo di silenzio e di calma fu interrotto dal grido di dolore di Gennaro che entrò in quel momento nella stalla: <<Noo… lo sapevo… la mia radio!>>. Gelsomina non degnò suo fratello di uno sguardo, ma continuò a guardare la mucca con gli occhi fissi nel vuoto. Quello sguardo aveva qualcosa di strano. Oltre ad avere quell’impressione di violenza, c’era qualcos’altro… ma sì, come mai non se n’era accorta prima? <<Gennaro, guarda, la mucca ha gli occhi azzurri!>> disse rivolta a suo fratello. Ma a lui non importava proprio nient’altro che non fosse la sua radio. Stava facendo una gran fatica nel cercare di togliere la zampa della mucca dalla sua radio. Gelsomina non aveva mai pensato che le mucche potessero avere gli occhi azzurri, anzi prima di allora non ne aveva mai visti di simili. Le si avvicinò, più per scrutarla che per calmarla e si accorse con enorme stupore che anche le orecchie erano diventate leggermente azzurre. Gennaro non capiva cosa potesse importare il colore degli occhi di una mucca in mezzo a quel guaio grande che gli era capitato.  Gennaro spingeva la mucca per farla allontanare dalla radio, ma lei non si spostava di un millimetro. Gelsomina pensò che anche suo fratello fosse un po’ impazzito e gli disse: <<Gennaro, piantala con questa storia della radio, guarda piuttosto i suoi occhi. Erano marroni e ora sono azzurri. E pure le orecchie stanno cambiando colore!>>.  <<Tu e la tua stupida idea di mettere la musica nelle stalle, per far produrre più latte! Ma cosa vuoi che ne capiscano le mucche di musica? Hai visto cosa hai ottenuto? Hai fatto arrabbiare Margherita, guardala com’è infuriata. La radio l’ha rotta apposta. Non sopportava più quella musica. Quando portavamo le mucche al pascolo – disse Gennaro infuriato – nessuna mucca era mai impazzita!>>.

Questo era vero, ma il progresso è progresso! Gelsomina andò a chiamare il veterinario che, sentendo gli strani sintomi, accorse subito. <<Mucche che cambiano il colore degli occhi, mai sentito nulla del genere!>>. Il veterinario visitò la mucca, la rivisitò poi la guardò ed infine disse: <<Questa mucca è depressa, forse pazza…>>. <<Ecco – pensò la mucca – lo sapevo, l’avevo detto che quella musica mi avrebbe fatto impazzire>>. Comunque se essere pazza implicava qualche cambiamento nella sua vita, ebbene, era contenta di esserlo. La misero in un recinto più grande degli altri e la guardavano a vista. <<Beh, che c’è? Non avete mai visto una mucca pazza?>>. Decisero di somministrarle dei forti sedativi e lei si calmò, ma non tornò più la stessa. Nella stalla c’era sempre la luce accesa, le mucche allineate. La mungitrice elettrica sempre in funzione ed una nuova radio con una nuova cassetta, l’ultima di Lucio Palla. Gelsomina era molto soddisfatta e ormai si era rassegnata alla malattia della sua mucca. Gennaro andava farneticando che era tutta colpa della luce accesa e della musica e del fatto che non si portavano più le mucche al pascolo. E forse anche del mangime che non era più a base vegetale, ma di rimasugli animali. Ma nessuno teneva conto di ciò che diceva Gennaro.

A Claudia era proprio simpatico Gennaro!

Un giorno la mungitrice munse latte azzurro. Gelsomina corse dal veterinario. <<Che roba è?>>, chiese stupito il dottore. <<Latte, latte azzurro>>, rispose secca Gelsomina. Entrambi erano allibiti: <<Cosa ha mangiato Margherita, purea di puffi?>>, chiese il veterinario che ormai non sapeva che pesci pigliare. Infine concluse: <<La mucca è pazza, la colorazione azzurra è propria dei pazzi>>. Era evidente che non sapeva più quello che diceva. Gelsomina decise di liberarsi della mucca, la sua paura era che potesse essere contagiosa. <<Meglio così, piuttosto che vederla soffrire… e poi ormai faceva solo latte azzurro, invendibile>>. Suo fratello le camminava accanto e continuava a ripeterle: <<Tu non ascoltarmi mai, ti avevo detto che sarebbe siuccesso qualcosa! Andando contro natura si sbaglia sempre>>. <<Piantala!>> disse Gelsomina, mentre trascinava Margherita dal macellaio e mentre Claudia faceva giusto in tempo a sgusciare via da Margherita e passare, con un volo deciso, dentro la testa di Gennaro che aveva capito tutto e rispettava la natura.

Il macellaio Ignazio si divertì molto a sentire tutta la storia. Naturalmente non credette a tutto ciò, ma sfruttò la storia per attirare clienti. <<Qui si vende carne di mucca pazza>>, andava dicendo a tutti. I suoi clienti sapevano che a lui piaceva scherzare e la sua carne andò a ruba. Entrò in negozio anche Basco Rossi, il cantante e disse: <<Vorrei la carne della mucca pazza>>. La  sera stessa se la fece preparare alla brace.

E l’indomani, guardandosi allo specchio, vide quello strano colorino azzurro, sulla fronte spaziosa e sulle punte delle orecchie….

Era andata proprio così, Claudia ne era sicura, e quel fastidioso rumore? Semplice: la campanella!