Oltre le sbarre

“… Ma invece d’andare in comunità, non potrei prendere in affitto una stanza al quarto piano, senza sbarre? … continuerei a lavorare e voi mi paghereste…”

Ad esprimersi così è un giovanissimo nord-africano, venuto in Italia con i genitori quando era così piccolo da dubitare a volte di essere proprio italiano. Uno dei circa dieci ragazzi che ogni anno transitano in Beccaria e vi sostano non per la gravità dei reati commessi, ma per la difficoltà di reperire strutture idonee ad accogliere il loro disagio psichico, le loro difficoltà o diversità relazionali.

Sembra incredibile, ma persino al Nord, notoriamente più ricco di servizi e sede di sperimentazioni sociali anche raffinate, il sostegno quotidiano, la presa in carico sostanziosa e l’eventuale necessario collocamento anche temporaneo in strutture idonee di minori psichicamente fragili, diventano pressoché irrealizzabili se il minore è anche adolescente e totalmente impraticabili se l’adolescente in questione, pur riconosciuto incapace di intendere e volere, commette, per la sua incapacità ad orientarsi nel mondo delle regole morali e legali, dei reati.
A volte la fragilità psichica si accompagna ad una famiglia in difficoltà che non riesce a contenere le manifestazioni del ragazzo all’interno del socialmente accettabile o non può affrontare economicamente il collocamento in una comunità (pochissime, il cui costo varia tra i quattro e i sei milioni mensili). Allora, molto facilmente, si arriva all’espulsione nei suoi confronti, pur con tutto il senso di colpa e l’ambiguità e il dolore che comporta espellere anche il più difficile dei figli (cosa che in genere si fa solo quando viene messa in gioco la propria sopravvivenza psichica e sociale).
Ad accogliere questi ragazzi pare rimanga solo la strada, con qualche originale avventura, con molte difficoltà, quasi sempre incontrando violenza e criminalità. Paradossalmente è proprio la pratica del reato che riesce, con l’arresto, a riagganciare il ragazzo all’interno di un servizio pubblico, l’istituto penale minorile però, una struttura cioè certamente repressiva, probabilmente educativa, ma sicuramente non terapeutica.
La mancanza di possibili raccordi all’esterno innesca a questo punto un circolo vizioso. ? possibile che all’interno dell’istituto penale l’équipe e tutti gli operatori siano in grado di organizzare un intervento mirato che, pur con notevole dispendio di risorse che dovrebbero esser ripartite su tutti gli utenti, sia in grado di accogliere e sostenere il ragazzo. è possibile che il minore cominci a fidarsi e a migliorare il suo comportamento, e addirittura che l’Istituto cambi via via l’opinione iniziale su di lui, che cominci ad apprezzare quell’originalità e semplicità di pensiero che a volte riesce a ridicolizzare simpaticamente tutte le complicate congetture degli adulti, costruite spesso in funzione difensiva … ma poi?
Il tentativo di trovare uno sbocco all’esterno che continui nell’intervento e ponga fine all’impropria collocazione, viene presto frustrato. La competenza sul disagio psichico dei servizi materno- infantile (SIME) cessa al dodicesimo anno di età, il Centro psico-sociale Mentale può subentrare solo dopo il diciottesimo. I servizi della giustizia avrebbero in teoria una possibilità in più rispetto alle famiglie:
il collocamento in una comunità privata, certo economicamente inaccessibile alle prime, ma teoricamente percorribile per l’IPM come per l’Ente locale. L’utenza di queste comunità, però, appare subito sostanzialmente diversa rispetto a quei ragazzi che oltre alle difficoltà psicologiche hanno conosciuto la strada, la criminalità, la detenzione acquisendo anche capacità oppositive o di fuga certo diverse dagli altri ragazzi in difficoltà ma tutto sommato docili.
Con quei ragazzi per i quali un cancello non è una barriera, e la mancanza di chiavi di accensione e patente unite alla sostanziale indifferenza per il concetto di proprietà privata non impedisce in alcun modo l’utilizzo di vetture altrui, anche la migliore comunità entra presto in crisi, impossibilitata a fronteggiare l’allarme sociale del contesto in cui è inserita (in genere piccoli e graziosi centri agricoli). Se pure ha avuto il coraggio di tentare, un inserimento, in pochissimi giorni si trova a restituire il ragazzo all’Istituto penale di provenienza, il più delle volte paurosamente sedato.
Il processo però porrà fine anche a questi tentativi, perchè il ragazzo dichiarato incapace di intendere e di volere dall’osservazione psicologica o dalla perizia non potrà legalmente rimanere in una comunità un giorno di pìù.
Ci sarà di nuovo la strada, di nuovo il senso di frustrazione degli operatori, di nuovo le mille disavventure e i mille pericoli, di nuovo un arresto, di nuovo l’IPM, e così via.
Oppure un altro pericolo, altrettanto grave. Si potrebbe pensare che se non ci sono strutture per gli adolescenti psichicamente fragili, forse potrebbe esserci un tornaconto nel non ritenerli tali … forse il fatto che rubino o spaccino è la cosa ritenuta più grave, forse son loro stessi a preferirsi ladri pittosto che “matti?, forse l’Istituto penale è la soluzione più adatta. In questa ottica che può esser fatta propria da un magistrato come da un operatore, anche in buona fede, si finirà con il prolungare i tempi detentivi, invece che far di tutto per trovare una possibile alternativa che eviti la permanenza in carcere in custodia cautelare per chi non potrà mai rimanervi come condannato (come se le due situazioni giuridiche per chi le vive fossero in qualche modo diverse!).
Ci chiediamo come possiamo evitare questi esiti insoddisfacenti.
Sembra chiaro che solo un raccordo tra servizi e una presa in carico il più precoce possibile potrebbero ridurre o risolvere il problema, in preoccupante espansione. Abbiamo cominciato a parlarne in tutte le sedi competenti, abbiamo avviato incontri con altri servizi, tra i quali il neonato Centro De Martino che sta tentando un intervento sul disagio psichico (più o meno presunto) di ragazzi stranieri, proponendo un approccio coniugato ad una mediazione culturale.
Chiediamo anche a Pedagogika.it
di favorire questa nostra ricerca di possibili interlocutori, convinti che i tempi siano davvero maturi per ripensare l’intervento nelle misure di sicurezza per infermità psichica, per incapacità, per immaturità.

Per contattarci:

Istituto Penale Minorile Beccaria
Via Calchi Taeggi, 20
20152 Milano
Tel.: 02/414791