P. Mottana, Piccolo manuale di controeducazione

Recensione – Nostalgia e invidia: sono le parole chiave che nominano, dopo la lettura di questo atipico manuale, i sentimenti di chi, come me, ha attraversato stagioni dell’educazione, belle e fertili alcune, bruttine e deprimenti molte altre, compresa la presente.

Paolo Mottana

Piccolo manuale di controeducazione

Mimesis, Sesto San Giovanni (MI) 2012,

pp. 122,

€ 12,00

Nostalgia e invidia: sono le parole chiave che nominano, dopo la lettura di questo atipico manuale, i sentimenti di chi, come me, ha attraversato stagioni dell’educazione, belle e fertili alcune, bruttine e deprimenti molte altre, compresa la presente.

Nostalgia per quei tempi in cui bambini che ha in mente l’autore davvero sono esistiti, davvero scorrazzavano per piazze, campetti e sterpaglie facendo delle loro giornate luogo e tempo dell’esperienza avventurosa del crescere.

Invidia per non aver saputo cogliere da educatore e pedagogista, con altrettanta sensibilità, quel che stava accadendo, tra un tentativo di riforma e l’altro, alla scuola e all’educazione, nella seconda metà dell’appena trascorso secolo breve.

Paolo Mottana traccia, con poche ma intense pagine, una sorta di foto senza veli di quel che è diventata la nostra scuola in termini di educatività, della vita quotidiana di bambini e ragazzi in termini di sostenibilità, degli insegnanti in termini di frustrazione e decadimento professionale.

Non vi sono, come lui stesso dice nel suo “barbarico incipit”, puntuali istruzioni su come salvare i bambini dall’educastrazione né su come scatenarli contro l’ortometria pedagogica, calcolata e disciplinata. Ma, certamente, si evidenzia la necessità di farlo, e presto, per dare senso ad una disciplina che non voglia limitarsi a officiare ieratici e consunti riti pedagogici. Si tratta anche di recuperare suggestioni antiche di vecchie battaglie, di valorizzarne di nuove, ancora in corso, nella direzione del ribaltamento e della rifondazione radicale della scuola; vi si riparla di Steiner e di Ilich, di Schérer e di Naranjo, contro “la bruttezza, la noia, la trascuratezza diffuse in ogni dove”.

Soprattutto viene stigmatizzato il continuo ricorso, in educazione, alle logiche sacrificali dei sacerdoti del martirio e della fatica; la domanda – semplice e terribile nella sua crudezza, nuova nello stile enunciativo, alieno da accademici e raffinati stilemi – che si fa e ci fa Mottana, può essere ricondotta, anche se con diversi e dissacranti accenti, a quella che, cento anni fa, nel 1912, nel suo Chiudiamo le scuole, pronunciava Giovanni Papini: “Ma cosa hanno mai fatto i ragazzi, gli adolescenti, i giovanotti che dai sei fino ai dieci, ai quindici, ai venti, ai ventiquattro anni chiudete tante ore del giorno nelle vostre bianche galere per far patire il loro corpo e magagnare il loro cervello?”.

Non a caso lo stile è volutamente caustico e le parole, intenzionalmente graffianti, non concedono sconti: barbari, incendi, braci, pervertita, strali, contumelie, livorosi, ossessioni, ubbìe, borborigmi, dispendio. Ma anche, sul versante di una riscossa possibile, iniziazioni e restituzioni, espansioni e liberazioni, esuberanza, sgorgare, scaturire per arrivare a definire, con estrema e inusuale efficacia, il compito controeducativo: “occorre ripensare lo spazio, il tessuto fisico dell’esperienza giovanile, sgomberarlo, liberarlo, disseminarlo di opportunità di nuovo cimento, di nuova sperimentazione”.

Questo libro si può amarlo come tutte le cose che hanno il pregio della chiarezza o odiarlo, magari per la stessa ragione, perché ti toglie ogni alibi! Certamente non si può ignorarlo: può essere un seme o una bomba, dipende da chi lo legge. Per mio conto sono curioso di sapere se la palude del paludato sapere ne sarà scossa o se riuscirà ad ingoiare ed omologare anche questo grido di amore per l’educazione. Un’ultima chiosa merita il suo Post-sfizio. Oracoli e ascendenti. Non è una bibliografia quella che ha scritto Paolo Mottana, è qualcosa di più: vi sono, piuttosto, raccontati e descritti – con le loro opere e in un simpatico rovesciamento del loro ruolo di mentori, alcuni inconsapevoli, altri suoi veri e diretti maestri – coloro che ne hanno ispirato, in varia misura, l’ermeneutica pedagogica, accompagnato le intuizioni fondative, condiviso tappe e percorsi del suo crescere professionale e scientifico. Da leggere, da studiare, questo manuale.

Salvatore Guida