Pedagogia e formazione professionale un dialogo possibile

La Federazione Nazionale CNOS-FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane-Formazione e Aggiornamento Professionale, che coordina i Salesiani d’Italia impegnati nel campo dell’orientamento, della formazione e dell’aggiornamento professionale, ha organizzato il 14 novembre 2012 una giornata di studio dal titolo “L’intelligenza nelle mani” per riflettere sull’importanza della formazione professionale per i giovani in vista del loro inserimento nel mondo del lavoro.

Oggi, dove sentiamo tanto parlare di disoccupazione e crisi, oltre 100.000 richieste di lavoro rimangono inevase per mancanza di persone che abbiano un profilo professionale ben delineato e chiaro. Diverse figure sono introvabili, come ad esempio gli operai edili specializzati, i riparatori di impianti, i saldatori e carpentieri, i fabbri, e così tanti altri. A questa esigenza risponde con successo la formazione professionale segmento dell’istruzione e avvio al lavoro, efficace e fondamentale per il recupero della dispersione scolastica che però ancora oggi si scontra con antichi retaggi e pregiudizi. Il confronto con le altre realtà è dunque essenziale per valorizzare e diffondere la conoscenza della formazione professionale e il dialogo con il mondo accademico in particolare di matrice socio-pedagogica ci è sembrato uno dei primi passi da affrontare.

Partendo da queste considerazioni abbiamo cominciato a pensare, come Sede Nazionale del CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane-Formazione e Aggiornamento Professionale) al convegno che si è tenuto all’Università Cattolica di Brescia, lo scorso novembre, dove si è approfondito il tema dell’“Intelligenza nelle mani” ovvero dell’educazione al lavoro. L’obiettivo era quello di fornire una fondazione pedagogica alla metodologia di questo segmento del sistema educativo e dare vita ad un approfondimento sulla sua importanza per l’apporto culturale e professionale che offre ai giovani in vista dell’inserimento nella società e nel mondo del lavoro e agli adulti per l’aggiornamento continuo della loro professionalità.

Facendo un passo indietro vorrei
però dare per inciso, in modo sintetico, alcune linee guida su come nascono le varie opzioni della formazione professionale e quali sfide oggi devono fronteggiare.

Con l’avvio delle sperimentazioni dei percorsi formativi triennali nel 2003 il sistema di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) si è dotato di una metodologia organica, in grado di coniugare cultura del lavoro e cittadinanza. Possiamo affermare, senza cadere nella retorica, che la sperimentazione ha dato origine ad un modello di IeFP che si è caratterizzata soprattutto per la personalizzazione dei percorsi, la didattica attiva e per competenze, il perseguimento del successo formativo per tutti, la valorizzazione delle potenzialità dei giovani, indipendentemente dai livelli di ingresso, la motivazione formativa connessa al lavoro ed alla professionalità soprattutto attraverso la valorizzazione dei laboratori e gli stage in impresa, la relazione educativo-formativa che rende il Centro di Formazione Professionale una vera e propria comunità nella quale formarsi è piacevole oltre che utile. Questo modello ha dato vita anche ad un modello organizzativo di CFP imperniato sulla flessibilità, la partnership con le aziende del territorio, la figura del formatore-docente e la figura del tutor.

Oggi, tuttavia, pur in presenza dei molti aspetti positivi acquisiti, il sistema di IeFP è chiamato a fronteggiare, in modo particolare, tre sfide: la prima è superare la separazione tra discipline teoriche e discipline pratiche ancora presente, creando legami forti tra le materie degli assi culturali e l’area professionale e definendo una proposta culturale appropriata, i “contenuti irrinunciabili”, per i giovani dei percorsi di IeFP; la seconda, superare la tendenza ad insegnare per abilità e procedure, dove si pone l’enfasi esclusivamente sulla diligenza, e stimolare, invece, i giovani a fronteggiare compiti e problemi, nella prospettiva dell’autonomia e della responsabilità; la terza è superare la tendenza all’abbassamento dell’asticella, comune a tutto il secondo ciclo di istruzione e formazione, e rilanciare, il progetto educativo e formativo.

Questa Linea Guida sulla progettazione formativa ha l’ambizione di aiutare gli operatori della IeFP a fronteggiare queste sfide approfondendo le modalità per rilanciare la didattica delle competenze applicata alla IeFP, dunque rieccoci al nostro focus e al convegno di cui sopra accennato.

Il titolo, ancora una volta, rimanda ad una espressione di don Bosco: “Bisogna aiutare i ragazzi a scoprire che essi hanno l’intelligenza nelle mani”, espressione pronunciata nel 1883, in occasione dell’inaugurazione di una scuola professionale. Il convegno ha approfondito quattro tematiche. Scendendo un poco più in dettaglio mi piace riprendere e sottolineare alcuni aspetti interessati emersi dai contributi dei colleghi dell’Università di Brescia che sono stati per me di grande stimolo e che credo possano esserlo anche per coloro che operano, a vario titolo, negli ambiti dell’educazione, istruzione e ricerca metodologica.

Al prof. Luigi Pati, docente di Pedagogia generale, sociale e della famiglia, è stato chiesto di riflettere su “Educazione alla responsabilità: famiglia e società per il lavoro buono dei giovani”. Il professore ha messo in evidenza la variegata utenza che frequenta il Centro di Formazione Professionale (CFP) e la fragilità relazionale che sempre di più le loro famiglie manifestano. Queste spesso rivelano un vissuto conflittuale, che i genitori tendono ad evitare rinunciando all’esercizio dell’autorità e disimpegnandosi dal compito educativo. Il CFP, di conseguenza, è chiamato a svolgere un compito promozionale nei confronti delle famiglie, affinché possano essere coinvolte nel percorso formativo dei propri figli, trasformando la loro fragilità in elementi di forza. Questo si aggiunge alla sua missione, finalizzata a trarre dal lavoro la possibilità di “ben vivere” come cittadini. Il lavoro deve essere presentato ai giovani non sotto il profilo strumentale, un mezzo per ottenere il denaro che consente di fare ciò che si desidera, ma come una dimensione fondamentale dell’esistenza, un‘occasione indispensabile per realizzare se stessi. Al prof. Domenico Simeone, docente di Pedagogia del lavoro e della formazione, è stato chiesto di riflettere su “L’agire professionale e la costruzione dell’identità”. Il professore ha ricordato che, se nel passato il lavoro era una carta di identità per tutta la vita, oggi ciò non è possibile a causa dell’incertezza e delle numerose trasformazioni che segnano i percorsi di carriera. Occorre quindi educare i giovani a gestire il cambiamento, tenendo conto che spesso si tratta delle fasce meno protette della popolazione. Non insegnare solo a resistere, ma ad avere un atteggiamento proattivo. Ciò avviene se i giovani sono incoraggiati a fare esperienze di realtà che rafforzino in loro l’idea di potercela fare: si tratta di una “speranza appresa” che consente di affrontare i cambiamenti e le scelte che questi comportano. In questo modo, si formano identità professionali in grado di mantenersi nel tempo, capaci di apprendere in modo permanente. Un terzo tema, “Responsabilità sociale e sviluppo sostenibile. Il ruolo della formazione e del lavoro” è stato affrontato dal prof. Pierluigi Malavasi, docente di Pedagogia dell’organizzazione e sviluppo delle risorse umane. Il professore ha proposto che l’educazione professionale dei CFP sia fondata su un’etica amica della persona che risponde alle esigenze morali più profonde. Questa si basa sulla preoccupazione per lo stato del pianeta: lo sviluppo sostenibile: ecologia umana ed ecologia dell’ambiente. Valori etici e scelte economiche sono congiunti in modo inestricabile così da legare l’educazione al lavoro alla responsabilità di processi dai quali dipende la salvaguardia del creato. La progettazione educativa sostenibile designa una cultura della speranza e un’ecologia della pace; avvalora un orientamento equo e solidale alla produzione e al consumo, promuove l’acquisizione di competenze professionali connesse con l’ambiente. Un approfondimento sulla “Metodologia formativa e l’educazione al lavoro” è stato compiuto, infine, dal prof. Dario Nicoli, Docente di Sociologia economica e del lavoro. Il professore ha illustrato una linea guida sulla progettazione formativa per i percorsi di istruzione e formazione professionale ispirata alle più radicate opzioni pedagogiche. Il professore, dopo aver illustrato i principi della nuova filosofia educativa, si è soffermato soprattutto sulla metodologia formativa propria della formazione professionale destinata ai giovani illustrando esperienze in atto nelle varie Regioni italiane, leggendone gli aspetti positivi e critici e indicando linee di prospettiva.

Spunte, linee e tracce progettuali per un lavoro che intendiamo continuare come Salesiani e formatori per arricchire il proprio progetto formativo. Tanto che a chiusura del convegno, si è insieme immaginato un testo organico scritto dai relatori coinvolti da mettere a disposizione degli studenti di Scienze della Formazione per invitarli a misurarsi su questa particolare offerta formativa italiana.

Anche questo sforzo sarà coronato – ed è questo l’augurio – dall’offerta di una azione formativa più qualificata ed aggiornata per accompagnare i giovani attraverso la formazione professionale a scoprire il mondo e ad agire in esso in modo autonomo e responsabile.

Presidente della Federazione CNOS-FAP e dell’Associazione CNOS/Scuola;vicepresidente della Confederazione Nazionale Formazione Aggiornamento Professionale e dell’Associazione FORMA.