Quali iniziative pedagogiche?

Intervista a Maria Piacente

INTERVISTA A MARIA PIACENTE: QUALI INIZIATIVE PEDAGOGICHE?

Maria Piacente è Direttrice responsabile di Pedagogika.it, una rivista di educazione, formazione e cultura che, da parecchi anni, riscontra interesse a livello nazionale.

Pubblicata sul blog “Racconti di scuola” a cura di Cristiana La Capria

INTERVISTA A MARIA PIACENTE: QUALI INIZIATIVE PEDAGOGICHE?

Maria Piacente è Direttrice responsabile di Pedagogika.it, una rivista di educazione, formazione e cultura che, da parecchi anni, riscontra interesse a livello nazionale.

Pubblicata sul blog “Racconti di scuola” a cura di Cristiana La Capria

Cara Maria, benvenuta nel nostro blog. Da tempo pensavo di invitarti. Tu coordini i lavori di Pedagogika.it., una delle poche riviste in campo pedagogico che, oltre alla versione digitale, continua a resistere anche con una versione in cartaceo. Ce ne parleresti?

Ci ho sempre tenuto a presentare la nascita di Pedagogika .it come il parto di una irrefrenabile passione che , dal nucleo dei soci fondatori della Cooperativa Sociale Stripes dei quali ho fatto e faccio ancora parte, si è andata via allargando, “contaminando” anche altri ed altre che si sono avvicinati al lavoro pedagogico della cooperativa stessa. Gli operatori: pedagogisti, educatori professionali, psicologi ed assistenti sociali avevano bisogno di mostrare agli altri l’impianto teorico al quale si ispiravano; cioè quella pedagogia debole di Piero Bertolini , o quella extrascolastica tanto amata da Riccardo Massa che ci hanno accompagnati nella nostra formazione e che trovava quotidiano riscontro nei servizi educativi gestiti dalla cooperativa. Ma, se ricordare Bertolini e Massa è d’obbligo per per la Cooperativa Stripes che da ormai 25 anni lavora con successo nel campo pedagogico, la frase che più rappresentata la passione di cui parlavo all’inizio, é una citazione famosa di Mark Twain che suona più o meno così: “Non sapendo che non lo potevano fare, l’hanno fatto! …”. Sì, siamo riusciti a mantenere in vita la Rivista , sia on line sia cartacea, dal 1997. Abbonamenti e vendita delle copie sono sempre più difficili,  ma ci sembra un peccato interrompere un cammino , ormai da molte parti sempre più riconosciuto ed apprezzato, piegandoci all’idea che la crisi economica debba voler dire lo sfascio della cultura.

Quali sono i temi a cui avete dedicato attenzione negli ultimi anni?

I mutamenti di questi ultimi anni ci hanno visti impegnati in tematiche che, a nostro parere, hanno permeato e contraddistinto il clima sociale e politico del nostro Paese, mi riferisco qui agli ultimi tre anni di pubblicazioni, nei quali abbiamo affrontato temi quali:  Il/legalità?; Laboratorio Italia per il 150 Anniversario dell’Unità d’Italia, Il futuro tra paure e speranze, Educare al tempo della crisi, Educare alla creatività. Gli ultimi tre numeri di questi 2013 sono stati dedicati a temi quali :“Legami in cambiamento e nuove famiglie”, “Relazioni tra generi e violenza “, “ Educazione  allo sport: la formazione entra in campo”, ed “Educazione all’ambiente“, quest’ultimo in fase di pubblicazione.  Con il prossimo incontro dei componenti del Comitato di Redazione saranno presto presentati ai nostri lettori i quattro argomenti del prossimo 2014.

A quali problematiche tu, personalmente, sei maggiormente sensibile?

Pur riconoscendo a tutte le tematiche educative l’attenzione che ciascuna merita, mi sento particolarmente attratta dalle tematiche relazionali. Credo che il grado di civiltà di un Paese si possa dedurre dalla qualità delle relazioni tra gli uomini e le donne. “La democrazia comincia a due”, e cito questo testo della filosofa belga Luce Irigaray che ben rappresenta cosa significhi stare al mondo, senza sopraffazioni e senza razzismi di alcun genere. Un mondo in cui la cultura e la bellezza abbiano cittadinanza privilegiata. Questa è l’educazione alla vita che ci piace e che cerchiamo di far conoscere.

Ci introdurresti la cooperativa Stripes e le attività che gestisce?

La cooperativa, ormai al 25° anno di attività, conta circa 400 soci, di cui oltre il 90 % donne. e non è forse un caso, visto che ci occupiamo di servizi alla persona, educazione e cura per bambini e ragazzi, dalla primissima infanzia fino ai più alti gradi di scolarità, non escluso neanche il master post-universitario per educatori professionali, alla cui realizzazione collaboriamo con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Gestiamo, per conto dei Comuni, asili nido e servizi integrativi per la prima e la primissima infanzia, forniamo il servizio di sostegno intra ed extrascolastico per minori svantaggiati, disabili e/o esposti a rischio sociale, integrando quelle funzioni cui la scuola e i servizi territoriali, per diverse ragioni, non riescono ad attendere. Organizziamo eventi culturali, seminari e convegni finalizzati alla formazione permanente del personale educativo delle diverse istituzioni e, infine, editiamo la Rivista “Pedagogika.it” e alcune collane di testi di contenuto pedagogico e psicosociale.

Voi organizzate progetti educativi e culturali di vario tipo e in diverse aree del territorio lombardo. Ci anticiperesti qualche iniziativa che avete in cantiere per il futuro prossimo?

A questo proposito, come prima accennato, abbiamo collaborato con Milano Bicocca e la Triennale del Design di Milano, alla realizzazione delle prime tre edizioni del Festival dei Diritti dei bambini e ci apprestiamo ad organizzarne la quarta edizione, per la fine di Novembre, sempre in collaborazione con la Cattedra di Pedagogia Interculturale di Milano Bicocca, e il Comune di Milano .

Sei qui, da noi, in uno spazio di insegnanti in viaggio a raccogliere suggerimenti per lavorare meglio. Tu quale tra i tanti aspetti malandati delle scuola vorresti che cambiasse?

Uno fra i tanti credo possa essere il tema della cosiddetta neutralità di genere dell’insegnamento che, in molti casi, già sarebbe un successo se fosse generalizzata. Purtroppo, al di là di poche e meritevoli esperienze a livello locale, siamo
ancora lontani da una visione più “intenzionata” che prenda atto delle effettive differenze di genere pensando, progettando metodi e contenuti declinati “a misura” di queste differenze e diversità. Un altro aspetto che, a mio avviso, sarebbe ora di cambiare è quello legato all’uso, e all’abuso, dei libri di testo a scuola Una volta la critica era ergonomica e forse anche “mammistica”: che pena vedere i ragazzini carichi di dieci/dodici chili di libri sulle spalle curve! Ma ora si tratta di capire se la digitalizzazione diffusa tra i cosiddetti “nativi digitali” delle più recenti generazioni, debba essere solo un tramite per ampliare le possibilità di consumo di app e giochi e se non possa essere un’opportunità per ripensare i modi dell’insegnare.

E, giusto per gratificarci un po’, ci indicheresti anche un punto di forza della scuola?

Parliamo di scuola pubblica e allora il punto di forza è costituito da quella base comune di cultura e socialità che, su tutto il territorio nazionale, permette, ed ha permesso nei pochi decenni di unità d’Italia, di costruire un senso di identità nazionale. Tuttavia, per non “gratificarci” troppo, val la pena di ricordare che tale identità nazionale va arricchita di spazi e contenuti che “facciano posto” ai milioni di nuovi cittadini italiani,; senza dimenticare che, pur restando ai soli “indigeni”, una maggiore attenzione a culture e dialetti locali non toglierebbe nulla  a quella base cui facevo riferimento all’inizio.

Ultimamente ho scritto su questo blog un articolo intitolato “A chi fa l’insegnante-genitore” che ho dedicato a coloro che oltre ad insegnare devono anche educare i propri figli senza farsi prendere dalla tentazione di diventarne pure gli insegnanti. Insomma il genitore che fa l’insegnante non deve confondere i ruoli con i propri figli/e. In conclusione vorrei sapere questo: per la tua esperienza personale, la conoscenza approfondita e pregressa dei temi educativi ha facilitato o complicato il tuo compito di madre?

Sulla confusione di ruoli dei genitori che, a seconda “della convenienza” si propongono anche come insegnanti ai propri figli ne so qualcosa. Direi più come nonna, però, che non come mamma. Perchè all’epoca in cui i miei figli frequentavano la scuola, il delegato, l’addetto al “sapere”, è stato mio marito, padre dei miei figli. Nel senso che egli è stato “nominato, eletto” tale da me stessa, che con piacere e con sollievo gli riconoscevo le competenze essendo egli stesso Insegnante , Professore di insegnamenti analoghi al corso di studi dei miei figli. Come se la sia cavata, bisognerebbe chiederlo a lui! Come nonna sono stata chiamata in causa da qualche nipote che ha fatto critiche forti a qualche maestra, cercando delle complicità anche nel merito professionale; cosa che ho, ovviamente, ricusato per non complicare la vita, già difficile, degli insegnanti ai quali qualcuno, anche recentemente sulla stampa nazionale, rimprovera per contro di voler troppo “fare gli psicologi”.