Recensione – Riabilitare l’inconscio

Psicoanalisi applicata alla disabilità intellettiva

Franco Lolli

Riabilitare l’inconscio. Psicoanalisi applicata alla disabilità intellettiva

Edizioni ETS, Pisa 2012, pp.154, € 14,00

Franco Lolli

Riabilitare l’inconscio. Psicoanalisi applicata alla disabilità intellettiva

Edizioni ETS, Pisa 2012, pp.154, € 14,00

Franco Lolli è uno dei pochi seri professionisti che, in Italia, si è occupato con dedizione e puntigliosa accuratezza di un tema scarsamente visitato dalla letteratura clinica, quale quello per l’appunto della disabilità intellettiva. Ma, c’è di più, Lolli, e questo può stupire, non è un consumato psichiatra, un entomologo della psiche che passa la sua vita a testare e classificare, né un accanito cognitivista, refrattario alle storie degli individui affetti da disabilità intellettiva, alle loro umane e spesso dolorose vicissitudini. Lolli è uno psicoanalista e da quella posizione, e non da altre, si addentra nei meandri del cosiddetto mentale.

Così, partendo dalla ricchezza di una concreta esperienza, Lolli ci prende per mano e ci guida nei labirinti della disabilità mentale. Ci mostra, passo passo, caso per caso, il modo in cui il mentale si annoda al corpo, alla pulsione. E, ancora, il ruolo che l’inconscio vi assume. La posta in gioco è decisiva, ben preannunciata dal titolo del libro. Si parla spesso di riabilitazione, ma spesso tale pratica finisce per circoscrivere una serie di azioni manipolatorie che pongono il disabile nella posizione di oggetto delle cure altrui. Da psicoanalista, Lolli si pone invece (e giustamente) il problema del suo essere individuale e di come sia proprio questa cifra personale a essere compromessa sia dalla disabilità in quanto tale, che dalle “terapie” che si propongono di porvi rimedio. Scrive Lolli: “Il senso della vita del paziente con ritardo mentale si consuma, di conseguenza, tutto sul piano della semplice determinazione diagnostica, svuotando di significato soggettivo ogni suo gesto. In altre parole, non vi è soggetto dietro l’azione del paziente ma solo deficit che ne dirige e ne condiziona lo svolgimento”. Da qui, l’importanza dell’analisi che Lolli dedica alle vie attraverso le quali si fa strada, seppur a fatica, la soggettività nel disabile, ma anche a quel che accade dal lato del cosiddetto o supposto “normale”, le virgolette sono d’obbligo, che è chiamato ad occuparsene, cioè l’operatore.

Se, infatti, la debilità testimonia nella produzione psichica del soggetto di una sorta di strapotere devastante dell’immaginario, non occorre dimenticare come, poste le debite distanze, una faccenda analoga si presenta sul versante dell’operatore, a partire dalle suggestioni più o meno pregiudiziali che la relazione con il disabile sollecita, alimentando in maniera spropositata quella dimensione controtransferale che finisce per essere, in ultima istanza, veridicamente e letteralmente contro il  transfert e dunque antagonista alla costituzione di un rapporto che mobiliti una dialettica vitale tra operatore e utente. Estremamente sottile, in  proposito, è la lucida interpretazione che Lolli fornisce di questo controverso aspetto della clinica e della pratica educativa. Esaltato acriticamente, in talune teorie, demonizzato drasticamente, in altre. Lolli, indubbiamente, ben conosce ciò di cui parla e ne coglie il ruolo fondamentale all’interno del lavoro con persone disabili sul piano intellettivo. Il controtransfert diventa così un nodo problematico di cui evidenzia le potenzialità che contiene al suo interno. Il desiderio dell’operatore di mantenersi vivo in una situazione che lo espone costantemente all’esperienza della frustrazione e dell’impotenza e, nel contempo, la necessità che tale disposizione non si orienti negativamente sull’altro, fonte di un godimento inconfessabile nel quale l’operatore reperisce la soluzione alle tensioni che il suo lavoro ha generato.

Per la rigorosità dell’approccio teorico, per la sentita e documentata partecipazione, aliena da ogni facile sentimentalismo, che percorrono le pagine del testo, “Riabilitare l’inconscio” è un libro che traccia con chiarezza il campo entro cui si esercita e, in un certo senso, si dovrebbe esercitare l’agire responsabile di ogni operatore che interviene nella disabilità. In tempi di furori standardizzanti, di programmazioni forzate e quantificate, il libro di Lolli è un’occasione unica per non smettere di pensare la soggettività, laddove la tendenza conformista sembra quella di farne un inutile orpello che arreca solo disturbo a un preteso efficientismo che vuole solo negarla.

Angelo Villa