Recensione – Zero zero zero

Roberto Saviano

Zero zero zero

Feltrinelli, Milano 2013, pp. 450, € 18,00

Roberto Saviano

Zero zero zero

Feltrinelli, Milano 2013, pp. 450, € 18,00

L’ultimo libro di Saviano sceglie di rileggere i rapporti di forza geopolitici ed economici a partire dalla diffusione del mercato della cocaina. Attraverso questo prisma le relazioni sociali all’interno degli stati assumono una dimensione di lettura da mal di testa. Se a questo si somma la massa enorme di denaro liquido circolante legata a questo mercato il potere condizionante che le strutture malavitose possono esercitare diviene veramente notevole. La penna di Saviano ci accompagna nel lungo viaggio geografico delle rotte mutevoli dello smercio, che sanno adeguarsi alle mutazioni delle possibilità, agli aumentati controlli alle dogane, ai pericoli di perdita della merce. Un mercato enorme, con profitti impensabili e che attrae nella sua orbita masse diverse di soggetti dall’America centrale al Messico, all’Africa, all’Europa ai paesi dell’ex Unione sovietica.

A questo profilo geografico se ne affianca uno di carattere storico e un altro di carattere sociale. Sul versante storico, Saviano sottolinea la capacità delle organizzazioni criminali di occupare capillarmente i vuoti lasciati dalla politica, portando quindi il potere illegale a confondersi con quello legale, a sovrapporsi e lasciarsi infiltrare in una complicità che spesso ci impegna a rileggere alcuni episodi del nostro presente (valga per tutti l’esempio della crisi del gas tra Russia, Ucraina ed Unione europea), mostrandone risvolti inquietanti e il volto di una politica piegata e confusa con il potere criminale.

Sul versante sociale la commistione tra violenza esercitata in proprio e miseria di alcune popolazioni portano ad una miscela esplosiva fornendo manodopera “sacrificabile”, bassa manovalanza sulla quale poter contare all’infinito, una sorta di riserva umana sempre pronta a rimpiazzare chi viene perduto o in guerre o in arresti.

Il quadro che ne emerge è devastante e interroga parecchio sulle prospettive di una guerra all’illegalità che si rivela sempre più impotente data la disparità di mezzi e di risorse. Mezzi e risorse che, come suggerisce Saviano, potrebbero essere indirizzati meglio se si propendesse per la legalizzazione del commercio di cocaina. Scelta non facile, forse male minore dati gli esiti devastanti di una guerra probabilmente persa.

Ci sono alcuni elementi del testo che in particolare fanno riflettere. Il primo è che in questo commercio anche organizzazioni che in un passato lontano hanno suscitato qualche entusiasmo sono state sin dall’origine profondamente inquinate e implicate nel mercato della cocaina (mi riferisco in particolare alle FARC). Il secondo riguarda l’origine e la degenerazione di alcuni movimenti nati per far rispettare la legalità e degenerati nella più devastante illegalità e violenza (e qui la storia delle AUC di Salvatore Mancuso è veramente illuminante).

Indagando le zone di grigio, di sovrapposizione e confine tra legalità e illegalità, Saviano si scontra con un problema differente che però affronta poco, ed è quello della legittimità. Narrando le atrocità commesse verso la popolazione dalle organizzazioni criminali, di cui alcuni echi soltanto arrivano in Europa per essere presto dimenticati, viene il sospetto che oltre alla violenza debba intervenire una sorta di redistribuzione della ricchezza che coinvolge le popolazioni. Non si vuole certo legittimare l’insediamento di cosche criminali, ma gli studi condotti da Federico Varese che abbiamo recensito su queste pagine sottolineano l’importanza del contesto, la necessità di un vuoto di potere che non può essere sostituito solo dalla violenza cieca e bruta. E’ vero che leggendo quel che accade in Messico si è portati ad avere questa visione, ma ho come l’impressione che ci sfugga qualcosa, che la complessità venga meno.

A questo proposito mi viene in mente un romanzo di Donald Winslow pubblicato da Einaudi qualche anno fa, il titolo è Il potere del cane. Provate a leggerli in parallelo, è impressionante come nel romanzo si trovino gli elementi dell’inchiesta raccontati da Saviano, messi in un altro ordine, alcuni sovrapposti e compattati, ma sono tutti lì, con qualche considerazione in più che la forma romanzo permette. C’è però una differenza importante tra Winslow e Saviano. In Winslow le differenze tra chi sta dalla parte del bene e chi sta dalla parte del male non sono così nette come in Saviano. Non è solo un problema di rete di corruttele sempre più estese, c’è una domanda di fondo ed è questa. Quanto la lotta contro il male modifica i soggetti che vi prendono parte, li irretisce in una ragnatela dove che li modifica antropologicamente, li rende simili nei comportamenti pratici ai soggetti delle organizzazioni illegali?

Non è una domanda oziosa, ma ci riguarda tutti e ci riporta all’insufficienza delle categorie legale-illegale per indicarci l’interrogativo sulla legittimazione, diverso, più vischioso, di meno facile soluzione perché interroga sulle ragioni della convivenza civile.

Ambrogio Cozzi