Scuola…e bottega

Artigianato e volontariato uniti per un progetto di educazione professionale

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La storia della scuola bottega

“Una scuola insegna a dieci giovani i mestieri che rischiano di sparire”: Questo è il titolo di un articolo che pubblicava il “Corriere della Sera” il 4 maggio 1979, dopo che già da sei mesi il “Giornale di Brescia” e soprattutto il centro storico di Brescia si stavano interessando alla nascita di una nuova forma di scuola-lavoro, la “Scuola bottega”.
Lo scopo principale era quello di insegnare ai giovani arti e mestieri che offrissero prospettive di lavoro, salvaguardando il tessuto sociale del centro storico.
Il cavalier Giuseppe Nava, noto rilegatore e restauratore di libri in città, si era accorto di quanto fosse
necessario insegnare ai giovani un mestiere per poter tramandare la cultura artigianale e al contempo per allontanare i giovani stessi dalla strada.
Mentre nasceva l’idea di una scuola, parallelamente si stabilivano legami con il problematico quartiere del Carmine, socialmente degradato, ma caratterizzato dalla presenza di numerose botteghe artigiane. Le prime lezioni teoriche si tennero, dunque, in alcune stanze del locale oratorio. A frequentarle erano una decina di allievi.
A distanza di vent’anni i numeri che la scuola vanta sono ben diversi: 130 alunni affidati ad un centinaio di artigiani e a più di trenta insegnanti, tutti volontari.
Grazie all’instancabile opera del suo ideatore la Scuola Bottega da fenomeno locale ha ben presto avuto una diffusione nazionale, ma anche di più. Solo nella provincia di Brescia esistono più di trenta sedi che accolgono circa 700 allievi. Il modello bresciano è stato osservato ed esportato anche all’estero: strutture simili sono state create anche in Francia, Germania e negli Stati Uniti.

Come funziona la scuola

Gli allievi si iscrivono presso la Scuola bottega al termine della scuola dell’obbligo e frequentano i corsi per un triennio, ultimato il quale viene rilasciato loro un diploma di frequenza.
Le lezioni pratiche, presso le botteghe degli artigiani, si svolgono la mattina, mentre il pomeriggio i ragazzi accedono alle aule per le lezioni teoriche di cultura generale: matematica, inglese, amministrazione bottega, disegno, dattilografia, informatica, morale. Gli alunni vengono regolarmente assicurati presso l’Inail a cura della scuola.
I mestieri che si possono apprendere non sono predeterminati dalla scuola, ma vengono liberamente scelti dai ragazzi in base alle personali inclinazioni.
L’espansione della Scuola bottega è stata veloce ed inaspettata, grazie all’entusiasmo contagiante legato all’iniziativa e all’impegno dei direttori, dei coordinatori didattici, degli insegnanti, dei maestri artigiani, dei benefattori e di tutte le persone che a vario titolo collaborano con la casa madre di Brescia e con le diverse filiali che hanno prodotto risultati sorprendenti ed incoraggianti.
L’operatività della scuola è garantita dalla generosità di privati, dai fondi erogati da enti pubblici, quali i comuni, e privati, come le banche, ma l’attività è gestita in piena autonomia e indipendenza per poter assicurare a ciascuno dei ragazzi un trattamento unico in considerazione della loro specificità.
Far conoscere e trasmettere l’amore per il proprio lavoro, creare gli strumenti culturali minimi indispensabili per poter essere artigiani competitivi, sviluppare il senso della solidarietà civile e della cordialità, servire da tramite verso il mondo del lavoro: questi gli obbiettivi principali perseguiti.
Ogni anno più del novanta per cento degli allievi che terminano il loro corso di studi trovano occupazione nell’immediato presso gli artigiani che li hanno seguiti fino a quel momento, oppure in altre realtà produttive.
Più elevata sarebbe la percentuale dei collocati se gli alunni scegliessero mestieri maggiormente diversificati. E’ proprio questa la direzione verso cui la scuola cerca di sensibilizzare i ragazzi e le famiglie: se non importa la professione scelta, bensì il sentirsi a proprio agio e l’amare con passione il proprio lavoro, d’altro canto sarebbe miope chi trascurasse le richieste del mercato del lavoro.
Flessibilità, adattabilità, dinamicità, capacità di modificarsi nel tempo e di mettersi in discussione, questo il segreto di un successo ventennale che tante opportunità ha creato per i giovani, bresciani e non, che hanno frequentato la Scuola Bottega.

Il progetto educativo della Scuola Bottega

Non è semplice coinvolgere artigiani e insegnanti in un progetto educativo frutto della disponibilità al dono del proprio tempo e del proprio impegno, per avere in cambio nient’altro che la soddisfazione di seguire i progressi dei propri alunni e soprattutto la consapevolezza di essere parte di un’iniziativa così densa di significati sociali.
Cresciuta intorno al carisma del suo fondatore, Beppe Nava, la Scuola Bottega è diventata patrimonio dell’intera città e soprattutto degli allievi che la frequentano.
E sono proprio i ragazzi e il loro interesse ad avere preminenza in ogni scelta da compiere: i programmi scolastici sono strutturati secondo i loro bisogni, adeguati alle capacità e necessità di ogni singola classe e lo stesso discorso vale anche per le iniziative collaterali che si sviluppano durante il corso dell’anno scolastico.
L’aula di informatica, ad esempio, si è concretizzata per dar modo agli alunni di prendere confidenza con strumenti di gestione del lavoro innovativi, ma sempre più presenti anche all’interno dei laboratori artigianali.
Non ci si può cristallizzare su idee e metodologie consolidate perché il mondo del lavoro è in continua evoluzione, così come quello giovanile: la struttura non deve prevalere sugli obiettivi, ma vi è un cammino costante, che aiuta anche a mantenere sempre desta l’attenzione nei confronti dell’iniziativa.
Il patrimonio umano è la nostra più grande risorsa, inesauribile fonte di idee, entusiasmo, ma anche di problemi che diventano destinatari dei nostri sforzi.
E’ impensabile che l’iniziativa della Scuola bottega e soprattutto l’impatto sociale che ha avuto potessero rimanere al di fuori dell’attenzione delle istituzioni. La scelta compiuta è però sempre stata quella di rimanere orgogliosamente indipendenti per difendere le peculiarità dell’iniziativa ed evitare una quasi certa omologazione con le scuole di tipo professionale, nonostante le costanti difficoltà nel reperimento dei fondi necessari alla gestione.
Difficile, nella prospettiva della riforma del ministro Berlinguer, capire quale ruolo potrà avere la Scuola Bottega.
Non potendo attendere passivamente il corso degli eventi, i rappresentanti delle varie sedi della Scuola si sono riuniti ed hanno confermato l’intenzione di operare affinché si possa rientrare a pieno titolo nell’ambito della riforma stessa, pur mantenendo i propri caratteri.
Come sempre accade in situazioni similari, Beppe Nava si farà carico di rappresentare gli interessi della Scuola presso gli organismi preposti, nonché di rassicurare quanti temono che il percorso della Scuola Bottega sia ormai giunto al termine.

La formazione professionale e il mondo del lavoro

La scuola è il primo e principale strumento per la politica attiva del lavoro; la politica scolastica, che ha ovviamente la sua autonomia di finalità, di principi, di contenuti, di metodi, deve farsi carico del destino dell’uomo nella società e della sua preparazione al lavoro. Tutta la scuola deve avere anche valenza occupazionale e quindi trarre il senso della propria concreta presenza ed operatività da obiettivi più ampi, ricavati dai programmi di sviluppo del paese: sviluppo civile, economico, sociale, scientifico, tecnologico, culturale.
Il Trattato dell’Unione Europea di Maastricht del 7 febbraio 1992 conferisce un ruolo preciso ed un valore all’istituzione e ai sistemi di formazione professionale, quali fattori indispensabili per la “promozione di un progresso sociale ed economico equilibrato e sostenibile e l’affermazione di un’identità culturale dei cittadini sulla scena internazionale”.
La formazione professionale ha rapporti diretti e strettissimi col mondo del lavoro e con esso sviluppa momenti di interdipendenza e di osmosi e costituisce strumento di politica attiva del lavoro in diversi provvedimenti legislativi.
La formazione professionale viene acquisita in due momenti: studio e lavoro, tra loro il più possibile integrati, e l’apprendimento artigiano in particolare richiede la guida del maestro artigiano per un vero e proprio passaggio dell’abilità e dei segreti del mestiere da una generazione e l’altra. Nell’ambito della formazione professionale tradizionale ciò non è sempre realizzabile.
In periodi di crisi economica e crescente disoccupazione legata a profonde trasformazioni dell’apparato produttivo, occorre ripensare alla politica rivolta alla preparazione professionale dei giovani e alla riqualificazione a vari livelli.
Ne consegue che le richieste alla scuola, in tutti i suoi gradi, si fanno assai più pressanti, il mondo della produzione chiede il possesso di nuovi contenuti e capacità a chi esce dalla scuola e nuovi collegamenti e travasi tra vita scolastica e lavorativa; la società stessa si fa più sensibile rispetto ai problemi dei giovani, alla mobilità del lavoro, al salto di qualità imposto alla professionalità tradizionale e da parte di tutti è richiesta una preparazione al lavoro efficace.
Se la scuola del lavoro deve avere grande attenzione per le esigenze delle imprese, deve averne ancora di più per le esigenze educative dei suoi utenti.
Si tratta di studenti in età di crisi e di sviluppo della personalità, di uomini in formazione, che hanno diritto al massimo sostegno
per la loro armoniosa maturazione.
Una scuola del lavoro risponde dunque alle esigenze di larghe masse giovanili proponendo un progetto formativo culturalmente integrato e nascente dal vivo degli interessi e tutto ciò coincide con le esigenze del mondo produttivo che reclama addetti intelligenti, critici fungibili e convertibili.
Una formula a sé stante, ma ben riuscita, è quella di Scuola Bottega, proposta alternativa nel campo della formazione professionale, anche se slegata dai modelli statali o regionali, rispondente esattamente alle esigenze non solo del mercato, ma anche e soprattutto a quelle degli allievi che ogni anno si iscrivono numerosi.
La Scuola Bottega è un valido esempio di scuola che insegna un lavoro, di sistema formativo dotato di finalità autonome, di una sua logica, di un suo accumulo di esperienze, di progetti e di ricerche; è dunque un sistema che ben si adatta alla situazione socio-economica attuale e per questi motivi riteniamo possa e debba avere un proprio ruolo nell’ambito della progettata riforma. La Scuola Bottega è stata anche argomento della tesi di laurea della dott.ssa Barbara Poli, che ne ha gentilmente concesso la consultazione per la stesura di questo articolo.

* esperta di problematiche del lavoro e coordinatrice didattica della Scuola Bottega di Brescia