Spazio Famiglia: un laboratorio interculturale

Uno dei servizi recentemente “rilanciato” e promosso dalla Legge 285 è lo “Spazio Famiglia”. La sua nascita è in realtà da far risalire alla metà degli anni ottanta”; negli ultimi tempi molti Comuni hanno avviato esperienze di sostegno alla relazione genitori-figli prevedendoli e progettandoli negli accordi di programma previsti dalla Legge Turco.

Lo Spazio Famiglia si connota come un “tempo ed uno spazio” offerti a genitori e bambini al di sotto dei tre anni per stare insieme, imparare a giocare, imparare a conoscersi meglio. Solitamente è aperto qualche ora al giorno (generalmente il pomeriggio) e il sabato mattina. Nasce e si sviluppa in tale contesto una fitta rete di relazioni che comprende bambini, educatori e genitori. Uno degli aspetti più interessanti e innovativi è, senza dubbio, la possibilità per i genitori di interagire con altri genitori impegnati negli stessi intensi e complessi compiti educativi.
L’esigenza di incontrarsi, scambiarsi pareri, parlare degli stessi argomenti e, anche, sorridere delle gesta dei propri figli non riguarda solo i genitori italiani: è opportuno, oggi più di ieri, farsi domande su come i Servizi per l’Infanzia possano “aprirsi” agli stranieri che vivono in Italia, sempre più numerosi e, giustamente, esigenti.
I genitori stranieri cercano risposte nei nostri servizi poiché “la presenza dei bambini rompe l’isolamento e costringe il genitore straniero ad assumere altri ruoli sociali e non più soltanto quello, limitato e marginale, di lavoratore straniero. Tutto ciò costringe gli adulti a informarsi, a muoversi in modo diverso nella città, a usare servizi e strutture per garantire al figlio condizioni di vita migliori” (G.Favaro in Servizi Sociali, 1993, pp.45-46).
Oggi i tempi degli “incontri” , anche degli incontri tra culture, vanno studiati, progettati e garantiti poiché, come sostiene l’antropologa Matilde Callari Galli “Un tempo
l’incontro con le diversità era un incontro un po’ ricercato, un incontro con l’esotico. Riguardava poche persone, apparteneva all’esperienza del viaggiatore solitario, “oggi l’incontro non solo appartiene a masse di individui, col loro turismo, ma è dentro le nostre piazze, le nostre strade, addirittura è dentro la nostra casa”.
Uno dei luoghi in cui “progettare incontri” può essere lo Spazio Famiglia, caratterizzandolo come sede privilegiata di scambio anche dal punto di vista etnico e culturale. Gli obbiettivi dell’accoglienza, dell’inserimento e dell’integrazione di nuclei famigliari stranieri nel servizio possono essere perseguiti:
1- attraverso la traduzione in lingua slava, francese, inglese, spagnolo, arabo e cinese delle informazioni per l’accesso ai servizi;

2- attraverso la presenza di figure di mediatori culturali che garantiscano il passaggio delle informazioni e l’avvio e il sostegno di una prima relazione tra genitori ed educatori;
3- attraverso la formulazione di percorsi formativi per gli educatori che si incentrino in modo particolare su:
a) conoscenza delle culture d’origine (tradizioni e abitudini);
b) conoscenza del fenomeno dell’immigrazione e delle sue implicazioni storiche e sociali (in particolare dei flussi migratori recenti);
c) approfondimento teorico sulla pedagogia interculturale supportato da una bibliografia sui temi della mondialità e dell’educazione interculturale (pubblicazioni della Provincia, di Associazioni, Fondazioni governative e non governative, libri a cura di esperti nel settore);
d) apprendimento di termini linguistici elementari propedeutici alla prima accoglienza.
Uno degli aspetti più importanti per la realizzazione di un luogo di incontro che tenga conto delle esigenze di persone che appartengono a culture d’origine diverse è l’attenzione alla strutturazione degli spazi e degli arredi: l’ambiente dovrà essere accogliente e connotarsi in modo flessibile per accogliere, per esempio, sia persone che amano sedersi per terra con i loro bambini, sia persone che preferiscono stare sedute su una sedia o su un divano (lo stesso tipo di flessibilità è richiesto in merito alla fattura dei giocattoli, al tipo di merenda offerta etc.).
Per facilitare l’integrazione di bambini stranieri in contesti come lo Spazio Famiglia rivolti alla fascia d’età 0-3 anni gli educatori possono promuovere percorsi educativi che partano dalle fiabe (Le mille e una notte, Le fiabe del Burkina Faso, Le fiabe di Praga, Le fiabe Persiane, etc.) e dalla narrazione, approntando scaffali multietnici con libri per l’infanzia nelle lingue madri dei piccoli. All’interno dello Spazio Famiglia è richiesto ai genitori un ruolo attivo: madri e padri potranno alternativamente condurre degli “spazi narrativi” ambientati di volta in volta in un diverso luogo della terra: dall’Africa alla ex-Jugoslavia, dall’Italia alla Cina.
Un altro importante filone è rappresentato dalla lingua: per apprezzare pienamente le funzioni sociali del linguaggio dobbiamo ricordare che le parole sono termini che “etichettano” delle categorie di esperienza; esse ci mettono in grado di raggruppare eventi e sensazioni differenti sotto un unico titolo e di discriminarli da altri eventi e sensazioni. Può risultare interessante dunque cercare di individuare parole che definiscono oggetti concreti (probabilmente più facili da imparare per i bambini) e provare a creare un nuovo “vocabolario” interno al servizio dove alcuni oggetti hanno due, tre e più nomi a seconda delle etnie presenti e tutti, bambini e genitori, conoscono più di un termine per dire palla, mamma, bambino.
Importante può rivelarsi inoltre la presenza di un pedagogista oltre che nei momenti di apertura del servizio anche in incontri a tema dove, con l’aiuto del mediatore culturale, affrontare tematiche educative che interessano i genitori italiani e stranieri ponendo temi di discussione, promuovendo l’intervento diretto dei genitori invitando a scambiarsi pareri, a suggerire strategie, a raccontare aneddoti della propria terra d’origine.
Attraverso attività che mirino al sostegno e alla tutela della cultura d’origine è possibile rafforzare sia nei bambini che nei genitori stranieri quella identità culturale che permetterà loro di confrontarsi con la società d’arrivo muniti di una buona dose di stima di sè.
Lo Spazio Famiglia può dunque caratterizzarsi come un luogo dove italiani e stranieri possono incontrarsi “alla pari” con i loro bambini e attivare un vero processo interculturale che vada anche oltre lo spazio definito del servizio (ad esempio biblioteca, cinema, teatro). Lo Spazio Famiglia diviene così un luogo accogliente per tutto il nucleo famigliare, una sorta di laboratorio interculturale dove provare a confrontarsi e ad incontrarsi. Importante è in quest’ottica la figura del mediatore culturale, figura relativamente nuova apparsa sulla scena italiana solo nel 1992, mentre i primi corsi di formazione risalgono al 1991.
Il mediatore culturale si colloca nell’ambito dei processi di mediazione interculturale come intermediario e come facilitatore della comunicazione e dei rapporti tra straniero e società. E’ facile rendersi conto che il compito del mediatore è molto delicato: deve rappresentare l’altro pur senza sostituirsi a lui, deve tradurre e interpretare ben sapendo che, come sostiene Geertz, la soggettività non può essere del tutto eliminata in qualsiasi processo di traduzione e di interpretazione.
Uno degli ambiti in cui è più evidente la differenza culturale con le popolazioni immigrate è proprio quello relativo alla cura e all’allevamento dei figli: ecco perché diventa decisiva, nella situazione dello Spazio Famiglia, la presenza di un mediatore culturale che supervisioni insieme agli educatori le attività proposte e che “educhi genitori stranieri ed italiani ad un “metodo di confronto” che non escluda necessariamente il conflitto ma che si connoti come dispositivo in grado di garantire il mantenimento di legittime diversità .