Spray art: comunicazione e lavoro educativo

Nell’immaginario collettivo, la Spray art , o più comunemente graffiti metropolitani, rappresenta una sorta di “patologia sociale” da avversare con ogni mezzo; un virus che infetta una buona parte delle nuove generazioni, i cui sintomi sono osservabili su molti muri della città.

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Questa convinzione viene spesso rafforzata da chi l’opinione pubblica in un certo senso la orienta, i mass media ad esempio, da quei canali di comunicazione che ispirano spesso alcune congruenze tra la Spray art e la piccola criminalità organizzata (per piccola si intende giovane e per organizzata si intende su una base comune, le bombolette spray).
In realtà l’immaginario collettivo, come spesso accade, non considera gli aspetti più elementari di un fenomeno culturale, che in questo caso si manifesta con estrema dirompenza attraverso un lettering (insieme di caratteri-scritte), un puppet (personaggio disegnato) o addirittura attraverso scenari fantastici impressi sul muro dai colori delle bombolette di vernice spray.
Non a caso, gli studiosi del fenomeno usano definire la Spray art un “fenomeno culturale”, anche se essa si presenta innanzitutto come fenomeno artistico. L’arte, di per se stessa, non è quasi mai un fatto personale dell’artista e diviene fenomeno culturale quando riesce a coniugare il valore creativo di un determinato fatto artistico, al suo potere espressivo.
In altre parole la Spray art può considerarsi una vera e propria forma d’arte urbana, il cui valore creativo è rappresentato dalle modalità con le quali essa si esprime (le bombolette spray usate a mano libera per creare forme e giochi di colore estremamente efficaci), e il potere espressivo, dai luoghi dove quest’arte è rappresentata (i muri e gli ambienti collettivi della città).
A questa considerazione se ne deve aggiungere un’altra altrettanto importante: i graffiti metropolitani sono un fenomeno universale che coinvolge diverse centinaia di migliaia di giovani di tutto il mondo, appartenenti alle più disparate classi sociali senza distinzioni d’etnia o di colore della pelle, e si manifesta nelle forme più diverse attraverso un unico veicolo.
Ma ciò che deve far riflettere maggiormente è che la Spray art, fin dalla sua nascita, si è rivelata una modalità di affermazione dell’identità del writer (scrittore di graffiti), in altre parole una forma d’espressione personale volutamente proiettata all’esterno e introiettata dalla società che rimane l’unico interlocutore dell’azione artistica.
In questo senso, occuparsi di tale fenomeno, significa non solo entrare in un universo artistico affascinante e straordinario, ma significa anche appropriarsi di nuove forme comunicative capaci di favorire un contatto non formale con numerosi gruppi di giovani, che esprimono, attraverso la loro arte, vissuti quotidiani strettamente legati alla realtà urbana. Vissuti filtrati dalla propria identità e dai propri sentimenti a loro volta espressi in maniera originale e fortemente creativa.
In questi anni Milano e il suo hinterland sono diventati, insieme ad altre grosse città dell’Italia, un luogo di espressione della Spray art, importando dagli Stati Uniti, principalmente da New York, dove essa è nata e si è sviluppata a partire dalla metà degli anni Settanta, la filosofia del movimento hip-hop (termine utilizzato per racchiudere un insieme di situazioni espressive che rappresentano l’immagine attraverso la Spray art, il suono con il Rap e il movimento attraverso la Break-Dance).
L’Europa intera oggi esprime però una sua autonomia stilistica confermando che le capacità espressive di tale forma artistica travalicano ogni rischio puramente imitativo, anche se i rischi sono tanti e spesso si affermano nelle loro modalità più materiali, come ad esempio quella commerciale, rappresentata da un mercato di prodotti vestiari, musicali, ecc., che fanno breccia nell’immaginario giovanile in termini di business; ma è un argomento che non interessa in questa sede.
Uno dei dati interessanti, nello sviluppo della Spray art, è quello relativo all’uso della periferia come luogo di espressione e all’uso dei treni come veicolo di trasporto dell’arte (che in tale veicolo viaggia).
La Spray art è un’arte espressiva non convenzionale, antagonista ai canoni estetici tradizionali, che acquista un potenziale comunicativo elevato, quando la sua “tela” è rappresentata da muri, vagoni e qualsivoglia altra superficie visibile.
Tra i muri di periferia e i treni viaggianti, un altro luogo appare di recente a Milano: il tetto, espressione della fly school (così definita da uno dei primi roof writers di Milano: Noce).
Un treno che viaggia, permette di far viaggiare uomini, idee, messaggi e colori. Un treno fermo alla stazione seppur per pochi minuti, diviene una sorta di galleria d’arte itinerante o più semplicemente lo schermo di uno scenario inverosimile; un muro in bell’evidenza rimane fermo dov’è ma produce lo stesso effetto.
Un muro di periferia pitturato, spacca la litania cromatica delle convenzioni urbanistiche e induce spesso all’indignazione della massaia. Il dato essenziale è che produce una reazione, non importa quale; crea discussione, movimento, passione: reazioni e sentimenti che se fossero impiegati in maniera produttiva diverrebbero risorse utili al miglioramento delle condizioni di vita nei quartieri.
Il tetto equivale al desiderio di raggiungere il cielo, d’imprimere il messaggio dove nessuno può arrivare, addirittura al di sopra dei cartelloni pubblicitari, altri veicoli di messaggio e al tempo stesso oggetto di sfida per la riappropriazione di spazi “venduti al consumo”. Il tetto graffitato è un invito esplicito a guardare al di sopra dei palazzi, ad indirizzare lo sguardo verso l’alto spinto ad esplorare nuovi orizzonti.

Comunicazione e relazione educativa

Chi si richiama all’Hip-hop in genere, e alla Spray art in particolare, esprime innanzitutto la volontà di stabilire un nuovo asse comunicativo. Gli interlocutori possono cambiare e differenziarsi, ma il dato essenziale rimane immutato: la comunicazione passa attraverso una modalità espressiva che offre contenuti a chi se ne vuole impossessare.
Nell’universo Hip-hop convivono diverse tipologie di giovani con differenti stili di vita, diversi modi di concepire l’esistenza e il rapporto con essa. La stessa modalità di vivere la propria arte cambia.
La Spray art può essere per alcuni una necessità di affermazione, o semplicemente d’espressione per differenziarsi dalla massa. Per altri soltanto un modo per completare il proprio stile di vita o per affermare un’appartenenza, per altri ancora, un modo di comunicare un malessere, un disagio o un semplice disappunto, ma sempre nell’ottica di esprimere il tutto in maniera visibile e aperta ad ogni interpretazione.
Questo dato oggettivo non può essere negato o ripetutamente rimosso da chi (istituzioni e persone) deve o vuole porre attenzione a ciò che si muove nella realtà giovanile. Se la comunicazione si pone alla base di ogni relazione umana, la relazione educativa ha bisogno (più di ogni altro tipo di relazioni) di essa, per poter svolgere la sua funzione pedagogica e produrre i suoi effetti volti alla crescita dell’individuo.
Su un altro versante la creatività e le azioni espressive sono elementi fondamentali per lo sviluppo di un equilibrio.
Questi sono alcuni dei motivi per cui è necessario rivolgere un’attenzione accurata allo sviluppo della Spray art.
Nel lavoro educativo con gli adolescenti e giovani le dimensioni comunicative si svolgono su diversi piani. La comunicazione verbale, o meglio la comunicazione parlata, fa parte di uno solo di questi piani e limitare l’investimento comunicativo al solo canale verbale, significa limitare il potenziale sviluppo di relazioni significative.
Spesso i ragazzi esprimono contenuti affettivi o sentimenti interiori attraverso canali di comunicazione differenti da quello verbale; lo fanno scrivendo, suonando, agendo comportamenti aggressivi o passivi e alcuni comunicano attraverso la Spray art.
L’Hip-hop contiene molti di questi elementi, propone a suo modo un efficace asse comunicativo: esso è un fenomeno che si sente attraverso il suono Rap, che si muove grazie alla Break-Dance e che appare attraverso la Spray art.
Linguaggi, suoni e gestualità formano una miscela che attraversa realmente gli assiomi della comunicazione umana, dove comunicare non è un fattore puramente formale, un insieme di codici da decodificare, ma un’azione umana da interpretare e contaminare per contaminarsi, dove cioè: “una comunicazione non soltanto trasmette un’informazione, ma al tempo stesso impone un comportamento…” (WatzIawick, Beavin, Jackson – Pragomatica della Comu-nicazione umana).
Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione. Ciò deve essere considerato un punto di partenza volto a plasmare un diverso modo di pensare e concepire la relazione educativa; costruirla dalle sue fondamenta, cancellando quelle rigidità metodologiche che impongono, al lavoro educativo, regole
relazionali fondate sulla sola comunicazione verbale, come se l’aspetto relazionale fosse una lunga procedura confessionale.
In realtà il lavoro educativo possiede ben altre potenzialità e guarda a ben altri obiettivi.

Muri in relazione

“Finché il sistema sarà come è adesso, punti in comune tra la cultura Hip hop e le istituzioni non ce ne possono essere. Se qualcosa cambiasse, se le autorità cominciassero a vedere i graffiti diversamente, guardando cosa c’è dietro, probabilmente cambierà anche il rapporto. L’istituzione deve riuscire ad analizzare i sentimenti, quello che sta dietro, quello che provoca i graffiti, le cause che portano molti giovani a fare i graffiti” (Gnomo, 16 anni).
Nel lavoro educativo in genere, è inevitabile ritrovare sul proprio percorso l’istituzione con le sue mille articolazioni e con i suoi mille significati contradditori. Nel nostro lavoro, l’istituzione è allo stesso tempo madre e tutore ma diviene spesso ostacolo e freddo monolite.
E’ certamente difficile chiedere ad una istituzione di guardare “l’altra faccia dei significati” di “analizzare i sentimenti” delle azioni umane e non solo le sue conseguenze; ma è altrettanto difficile porsi al di fuori di certi meccanismi regolativi che permettono a comunità intere di essere umani, diversi per origine e storia, di sopravvivere a se stessi.
Coniugare il lavoro educativo ai significati culturali dei giovani e garantire uno spazio di manovra all’interno del quadro delle priorità di un’istituzione rimane un fatto, una necessità più che un’ipotesi teorica.
Non sempre i significati culturali dei giovani si incanalano tra le sponde protettive dell’istituzione, e il lavoro educativo diviene in questi casi una gimcana di azioni mediative dalla quale è possibile uscire solo attraverso un’accurata impostazione di obiettivi chiari e comprensibili.
L’uso di uno strumento di lavoro volto a promuovere “percorsi della crescita dell’individuo” ci permette di inventare “parodie evolutive” che attraverso la valorizzazione dei significati e dei bisogni dei ragazzi permettono la trasmissione di contenuti validi e riconosciuti persino dalla società.
Nella valorizzazione e nell’uso della Spray art il primo obiettivo diviene quello di proporre, attraverso un “progetto”, un itinerario possibile, in grado di permettere la spermentazione di una volontà espressiva. Di offrire un contenitore dove poter comunicare liberamente i contenuti di un idea coccolata per tanti mesi nei diari di scuola, e di permettere un confronto reale tra un ipotesi fantastica e un oggetto concreto, quale quello di pezzo fatto e finito sul muro.
Idea, progetto, espressione e comunicazione, quattro contenuti ricorrenti nella crescita di un individuo e nel lavoro educativo con un individuo. La Spray art diventa quindi veicolo comunicativo nell’uso di un linguaggio comune attraverso il quale trasmettere e ricevere esperienze significative; diviene strumento di crescita nel concepirlo come esperienza in grado di formare gli aspetti creativi, espressivi e regolativi.
Attraverso un contenitore predisposto e avviato come un muro da pitturare, viene inoltre ipotizzato un altro obiettivo: trattare un argomento fondamentale per chiunque si avvicini ad uno scenario artistico che si confronta quotidianamente con l’illegalità. Al contempo affrontare un tema di notevole importanza nella vita di un adolescente: la trasgressione.
“Un tizio che conosco, un wildstyler (nda.: il wild style è uno degli stili storici della Spray Art, quello che all’apparenza può risultare indecifrabile) afferma che lui non potrà fare pezzi come li fa Rendo (nda.: master writer milanese di fama nazionale), il quale impiega molto tempo, perché la cosa più importante è il momento.
In quel momento tu hai certe idee, sei arrabbiato e solo in quel momento tu fai un pezzo che esprime la tua rabbia.
Per me l’elemento trasgressione dipende dai momenti, dal posto dove li faccio.
I pezzi che ho fatto al Centro Giovani rappresentano messaggi diretti: uno contro il razzismo e l’altro contro l’isolamento delle cose e delle persone, perché l’isolamento produce pericolosità (…). Io sono il primo, se mi danno uno spazio, ad accettarlo felicemente. Altri invece vivono per fare pezzi illegali e secondo me tutto ciò è sbagliato, perché così i graffiti non saranno mai legalizzati. Ci sarà sempre uno Stato potente su di noi, che se ne fregherà delle nostre rivendicazioni, invece per combattere un nemico bisogna farselo amico. Secondo me la legalizzazione è un fatto importante, fondamentale.” (Vires, 17 anni)
Il tema della trasgressione riguarda certamente tutta l’area dell’espressione artistica, ma coinvolge più di altre, la Spray art.
Quel che è significativo, è che essa non si riferisce esclusivamente all’arte, ma rappresenta un fenomeno sociale estremamente attivo.
Anche per questo motivo la trasgressione e insita nel fenomeno stesso. Ciò che cambia è esclusivamente il rapporto che si instaura tra l’artista e la sua arte oppure tra il giovane “trasgressore” e la società.
In altri termini è un problema di priorità.
Alcuni writer ritengono prioritario il dato artistico: il valore intrinseco dell’espressione artistica rispetto alla potenzialità trasgressiva del loro prodotto.
Altri invece utilizzano la Spray art come arma graffiante, impugnata contro ciò che per loro rappresenta il limite o l’ingiusta regola; essi hanno scelto lo strumento artistico ma hanno scelto soprattutto un modo per combattere un sistema che non condividono.
In entrambi i casi, la Spray art è uno strumento significativo. Nel primo caso però, l’intensità della natura artistica può produrre una mediazione in grado di salvaguardare la stessa arte dai conflitti sociali e culturali che essa produce; la trasgressione permane come elemento affascinante ma non esclusivo e totalizzante.
Nel secondo caso invece, senza la trasgressione non potrebbe sopravvivere quello spirito originario insito nell’arte dello spray murale e nessuna azione avrebbe senso se spogliata dalla sua materia primordiale.
Questo scenario ci permette quindi di trattare un argomento importante, complesso e vivo nel lavoro quotidiano con i ragazzi. Al contempo diventa determinante non commettere un errore banale.
In molti casi trasgredire, significa affermare una diversità, stimolare un’identità critica, funzionale alla crescita libera della coscienza e all’evoluzione culturale dei valori individuali (aggiungerei anche all’evoluzione delle stesse società che hanno concepito le regole trasgredite).
E’ inconcepibile creare sistemi di giudizio fondati su una dicotomia perfetta dove le regole sociali, seppur condivise da una buona parte del sistema, rappresentano il valore assoluto positivo e l’opposizione attiva a tali regole, quello negativo.
Nel nostro caso più specifico, l’obiettivo è quello di condurre un operazione relazionale dialettica che, attraverso l’uso della Spray art, faccia fronte ad un argomento ed ad una serie di azioni che difficilmente una qualsiasi altra agenzia educativa o istituzionale potrebbe trattare in questi termini (la scuola nega la trasgressione, lo stato la punisce, i genitori entrano in ansia).
Duccio Demetrio, in un testo di alcuni anni fa, Lavoro Sociale e competenze educative afferma: “Se oggi il lavoro sociale è funzionale alla riproduzione materiale degli individui perché ne consente, e salvaguarda la sopravvivenza, il lavoro educativo aggiunge a tutto questo significati, simboli, modalità d’azione analizzabili su un piano culturale. Il che vuol dire ammettere che l’azione educativa può anche intralciare, contraddire, opporsi alle forme della riproduzione sociale in quanto tale”.
Questo concetto contiene lo spirito del lavoro educativo rivolto a trattare la norma non tanto come semplice dogma indiscutibile, ma come elemento regolatore scritto dagli uomini, che possiede sigificati non semplificabili e riconducibili ad un’accettazione acritica. Le norme, finalizzate per lo più alla riproduzione sociale degli uomini, possono essere contrattate attraverso l’azione degli uomini, cancellate spesso, sostituite con altre; sicuramente possono essere trattati i contenuti, la cornice simbolica, i significati sociali e culturali. Le norme sono nate anche per essere trasgredite nel nome del progresso.
Ricollegandoci al pensiero introduttivo di questo paragrafo, norme e trasgressione delle norme sono a volte due facce della stessa luna, che nel nostro caso si affacciano nello scenario del lavoro educativo in maniera costante. Quanto un muro da colorare possa in realtà innescare questo processo di trattazione, si lega alla capacità delle Istituzioni di creare strategie di promozione volte alla crescita dei giovani e alla capacità dei Servizi socio-educativi e culturali di progettare interventi adeguati alla realtà in continua evoluzione.

* docente presso la Scuola Regionale per animatori Sociali