Un sogno in cammino

 

Un sogno in cammino

L’esperienza del centro di documentazione PAulo Freire di Padova

di Mariateresa Muraca, Centro di Documentazione Paulo Freire

 

 

Un sogno in cammino

L’esperienza del centro di documentazione PAulo Freire di Padova*

di Mariateresa Muraca, Centro di Documentazione Paulo Freire

 

 

Entrando nella casa dei missionari comboniani di Padova, in fondo al corridoio di sinistra, tra gli uffici, le sale delle riunioni e la libreria, si trovano due stanze. La prima, più anonima, contiene un archivio di
dvd e videocassette. L’altra è più calda e accogliente: nel centro c’è un tavolo molto spazioso, circondato da sedie e ricoperto da un vivace telo, che connette quanto accade intorno al tavolo alla lontana sapienza africana. È un tavolo di incontri, di discussioni, di compiti di bambini che mescolano l’arabo con l’italiano ma anche di studio e di riflessione personale. Una delle pareti è occupata da una vasta libreria: le copertine dei libri e delle tesi di laurea parlano di mondialità, intercultura, ecologia, femminismo, missione, spiritualità, Sud del mondo e molto altro. Una seconda parete ospita una postazione internet: il tavolino del pc è sempre pieno di volantini che informano su ciò che di interessante si realizza in città e non solo; ci sono anche i numeri appena arrivati delle riviste: ogni mese vengono esaminati per la selezione degli articoli più interessanti, proposti poi sul sito di giovaniemissione. In una terza parete si trova la bacheca delle riviste, circa trenta: Internazionale, Nigrizia, Adista, Altraeconomia, Combonifem e molte altre. In alto un vecchio dalla barba lunga e dallo sguardo sognante ci ricorda che “nessuno educa nessuno neanche se stesso, gli uomini e le donne si educano nella comunione con la mediazione del mondo”. Dal lato opposto, dopo i volti dei contadini Senza Terra, il sorriso di Lele Ramin.

Il Centro di Documentazione Paulo Freire, che ormai esiste da circa dieci anni, non è semplicemente un luogo in cui è possibile consultare o prendere in prestito materiale cartaceo, audiovideo o elettronico, è soprattutto uno spazio di riflessione, di formazione condivisa e autoformazione. Uno spazio di discussione e incontro per studenti, educatori, associazioni, gruppi informali…

Nato dalla spinta di alcuni padri e fratelli che avevano vissuto in Brasile imparando e sperimentando sul campo, insieme alle comunità locali, l’approccio politico-pedagogico di Freire, il centro è andato trasformandosi e reinventandosi negli anni, assumendo il volto di chi in esso si è speso concretamente. Si tratta per lo più di volontarie e volontari, impegnati in vario modo nel mondo dell’educazione: insegnanti, educatori, animatori… che oggi costituiscono un’equipe più o meno stabile di persone, libere da vincoli istituzionali ma legate da una comune passione per la prassi.

Così Fabiano, uno dei membri storici del centro di documentazione, racconta gli inizi del suo impegno: “sono arrivato nel 2005 quando i «fondatori» Dario, Claudio, Giorgio, Enzo erano in partenza per la missione. Ricordo una montagna di libri non meglio catalogati, riviste, videocassette e tanto spazio da allestire. Per fortuna c’era anche Manlio, un volontario del servizio civile presso una ong locale di cooperazione internazionale, messo a disposizione dei comboniani per lavorare nella promozione sociale scolastica. Ci immergemmo a capofitto nella catalogazione attraverso parole chiave e nella raccolta di altri libri e documenti. Oggi esiste un consistente catalogo di libri consultabile in internet: una meta resa possibile grazie alla collaborazione di molte persone, un bel traguardo per chi spera di offrire un servizio e in fondo di non lasciare mute le tante parole che possono parlare”. Nel racconto di Fabiano un passaggio cruciale nell’evoluzione del centro è rappresentato dalla collaborazione di Filippo, oggi in missione in Ciad, e soprattutto dalle sue provocazioni. Filippo infatti metteva in discussione il fatto che, nonostante portasse il nome di Paulo Freire, il centro non sembrava sufficientemente impegnato nell’approfondimento e nella promozione dell’approccio pedagogico dell’intellettuale brasiliano, che ha dedicato tutta la sua vita, nelle varie peregrinazioni per i quattro angoli del mondo, ad una pedagogia degli oppressi autenticamente liberatrice. Ci si è resi conto in quel momento che il nome del centro era stato scelto da altri, perché probabilmente il pensiero di Freire era radicato nelle loro pratiche e nei loro vissuti. I fondatori l’avevano lasciato in eredità ma questa eredità, seppure molto preziosa, rimaneva muta, non riusciva a dispiegare tutta la sua potenza perché non veniva adeguatamente interrogata e indagata. Ha avuto così inizio una nuova fase nella storia del centro, una fase di ripensamento, di messa in questione, di ri-nascita, segnata simbolicamente dall’evento dell’inaugurazione ufficiale del 25 ottobre 2008. Si è trattato di una giornata seminariale dedicata al tema “Paulo Freire e gli oppressi: percorsi di pedagogia e teologia” e promossa allo scopo di approfondire l’elaborazione freiriana, per continuare a condividere la speranza tra gli oppressi e le oppresse del mondo, di fronte ad un’educazione sempre più a servizio del sistema economico e finanziario globale. L’inaugurazione, articolata in diversi momenti (la presentazione a cura dell’equipe del centro, una performance di teatro dell’oppresso del gruppo «le giraffe», un video sulla vita e l’azione di Freire, le relazioni del prof. Giuseppe Milan, docente di pedagogia all’Università di Padova e di don Alessandro Santoro, sacerdote impegnato nella comunità delle Piagge di Firenze) ha rappresentato un importante momento di studio e condivisione, grazie anche ai numerosi partecipanti, che sono intervenuti offrendo con creatività il loro contributo.

Da allora l’ispirazione freiriana, da dono gratuito ma silenzioso, si è trasformata in un riferimento costante. Non tanto in quanto metodo, apparato di tecniche suscettibile di essere trapiantato da un contesto all’altro a piacimento, ma soprattutto in quanto approccio o stile, capace di reinventare gli stimoli freirani alla luce delle risorse e delle problematicità della realtà concreta nella quale si opera[1].

D’altra parte come sottolinea Peter McLaren: “il punto debole di Freire è anche una fonte di forza e segna la persistenza del suo pensiero. È precisamente il suo rifiuto a dare soluzioni alla moda e alternative «del tutto» che permette al suo lavoro di essere reinventato nei contesti in cui i lettori si ritrovano, così da apprezzare una traduzione contestualmente specifica attraverso i confini geografici, geopolitici e culturali”[2].

Durante tutta la sua traiettoria esistenziale Freire ha continuamente ripensato la pedagogia degli oppressi alla luce del confronto con intellettuali e movimenti sociali, incontrati nelle sue peregrinazioni per i quattro angoli del mondo. In particolare la “Pedagogia della speranza” rende conto di questo percorso ed evidenzia da un lato la sua insistenza nel difendere alcune posizioni teoriche ampiamente fraintese (si pensi ad esempio alla coscientizzazione: forse il concetto più popolare della pedagogia freiriana ma anche uno dei più equivocati[3]) dall’altro la sua disponibilità a realizzare trasformazioni di prospettiva alla luce delle critiche che gli sono state mosse. Nell’ultima parte della produzione freiriana inoltre si riscontra una più profonda sensibilità rispetto per esempio alle questioni della differenza di genere e delle differenze culturali, che andavano emergendo con forza nei contesti che si trovava ad abitare e sulla scena internazionale. Le modalità con cui Freire ha affrontato queste tematiche tuttavia, più che una elaborazione compiuta, costituiscono una sorta di invito a sviluppare ulteriormente la sua prospettiva ricreandola e reinventandola alla luce delle sfide del presente[4]. L’approccio della pedagogia freiriana si configura così come intrinsecamente aperto e  dinamico, inconcluso. Per queste ragioni il senso di un Centro di Documentazione Paulo Freire oggi, in una città del nordest d’Italia, non è tanto di custodire l’eredità freiriana ma soprattutto di custodirla ripensandola e rivivificandola in sintonia con le urgenze del nostro tempo e dei soggetti educativi che lo abitano. Questo è l’intento che ha guidato il centro nell’elaborazione delle numerose ed eterogenee attività ed iniziative formative proposte negli anni. In questa sede ne vogliamo richiamare alcune che consideriamo particolarmente rilevanti.

Da marzo 2011 il centro ha dato avvio ad una collaborazione con la GGIL Fillea di Padova attraverso il Collettivo Paulo Freire, con l’intenzione di invertire le attuali tendenze alla gerarchizzazione dei rapporti tra dirigenti e iscritti all’interno del sindacato e alla trasformazione degli iscritti in clienti. Il Collettivo, composto da due insegnanti del Centro di Documentazione Paulo Freire, dieci lavoratori edili, un ricercatore della Facoltà di Scienze della Formazione di Padova e due sindacalisti, è nato quindi dall’esigenza di costruire reti di solidarietà in un mondo del lavoro reso sempre più precario e insicuro dalla crisi e di avviare un percorso di coscientizzazione reciproco. La coscientizzazione infatti non è mai un processo individuale o unidirezionale, in cui alcuni trasmettono contenuti e altri e altre li assorbono. La coscientizzazione coinvolge tutti gli attori implicati[5]: così se per gli iscritti partecipare agli incontri del collettivo ha significato soprattutto acquisire consapevolezza dei propri diritti e riconoscere la necessità di un impegno in prima persona; per i sindacalisti ha rappresentato un esercizio di condivisione della responsabilità e un tentativo di costruire percorsi di formazione, informazione e assunzione delle decisioni più condivisi e partecipativi; per i docenti, infine, ha comportato una riflessione costante sulla propria azione educativa, in una tensione che se da un lato richiede fedeltà ai principi politico-pedagogici che la ispirano dall’altra richiede interesse amoroso e storicamente efficace per le persone e il contesto concreto che si ha di fronte[6]. La coscientizzazione inoltre non esiste come atteggiamento puramente intellettuale davanti alla realtà ma si realizza nella prassi, nell’attività di azione e riflessione[7]. In questo senso è stato fondamentale il progetto di costruzione condivisa di un’agenda-guida del lavoratore e della lavoratrice. A partire da una scelta delle tematiche sentite dai partecipanti come più rilevanti – i temi generatori per usare il linguaggio freiriano – si sono andate elaborando nei vari incontri delle schede di approfondimento sulla base, in alcuni casi, del materiale già predisposto dai sindacalisti. Due gli elementi interessanti della scrittura delle schede:   innanzitutto la focalizzazione sull’esperienza personale; infatti, anche un po’ per vincere la timidezza e la ritrosia a intervenire dei lavoratori, si è tentato di fare riferimento costante a vissuti personali ed episodi reali, conformemente ad un approccio pedagogico centrato sulla valorizzazione del mondo dei soggetti dell’educazione. In secondo luogo la verifica collettiva della comprensibilità e della completezza delle schede: i testi realizzati in piccoli gruppi, in modo che ciascuno potesse essere protagonista, venivano successivamente esaminati insieme agli altri e quindi alleggeriti, modificati, integrati da altre considerazioni in modo da renderli il più possibile leggibili e vicini all’esperienza dei lavoratori. La strada per creare processi formativi autenticamente orizzontali e partecipativi è ancora lunga, soprattutto, come sottolineano Anna Carla e Giovanni, gli insegnati del Centro Freire impegnati nel progetto, si avverte il rischio “di limitare i contenuti alla formulazione di un testo di autodifesa senza passare ad una lettura critica condivisa della realtà che ne metta in luce aspetti di potenziale trasformazione”[8]. Senza dubbio bisogna tuttavia riconoscere che in questi mesi di vita del collettivo è stato possibile porre le basi di una comunità di apprendimento tra lavoratori.

Un’altra iniziativa percepita come molto significativa dai volontari del Centro Freire è stata la giornata di formazione sulla pedagogia freiriana, svolta a Reggio Calabria con 35 insegnanti di ogni ordine dell’Istituto San Vincenzo de’ Paoli. La provenienza geografica dell’equipe del centro è molto eterogenea: sono diverse le volontarie che sono arrivate a Padova o nelle città vicine per motivi di studio o di lavoro e che poi ci sono rimaste. Questo costituisce senza dubbio un elemento di ricchezza per il gruppo e ha sempre contribuito a mantenere viva l’esigenza di costruire ponti e legami con altri luoghi d’Italia. Così l’invito della preside dell’Istituto San Vincenzo de Paoli, suor Clementina Carbone, a proporre una giornata di formazione è stata subito accolta con grande entusiasmo dal centro e in particolare da Michela, Giovanni, Raffaella, Simone e Fabiano. La giornata è stata sin dall’inizio caratterizzata dalla curiosità e dal coinvolgimento dei partecipanti e da una modalità di lavoro laboratoriale. Uno dei momenti più importanti è stato sicuramente la leitura do mundo realizzata nel pomeriggio, dopo che erano stati letti e discussi in piccoli gruppi alcuni brani delle opere di Freire e che i due educatori del centro, Michela e Simone, avevano ricostruito e contestualizzato il pensiero di Freire alla luce delle suggestioni emerse nel lavoro dei piccoli gruppi. L’attività della leitura do mundo, attraverso la quale si chiedeva agli insegnanti di leggere il territorio di Reggio Calabria in cui la scuola è inserita, aveva lo scopo di riportare alla realtà concreta dei principi politico-pedagogici, che altrimenti sarebbero parsi magari interessanti ma lontani nel tempo e nello spazio. Dalla leitura do mundo è emersa l’idea della sostanziale contraddittorietà di una città che, se da un lato si rivela capace di generosità e accoglienza, dall’altro è ancora soggiogata dai poteri criminali e da un diffuso atteggiamento di prepotenza. Da lì la domanda generativa “come la relazione educativa può incidere sul nostro territorio?”. È il che-fare che inaugura un’azione articolata con la riflessione e che, secondo Freire, è la modalità tipica con cui gli uomini e le donne agiscono nel mondo per la sua trasformazione[9]. Nella verifica finale sono quindi emersi, accanto a indicazioni valoriali che costituiscono orientamenti fondamentali per l’azione educativa, anche proposte di impegno concreto, che, anche solo a questo livello, evidenziano l’efficacia della giornata formativa e la passione con cui è stata vissuta da tutti coloro che vi hanno partecipato. Il desiderio comune è quello di continuare la collaborazione che è stata appena avviata.

Ad un livello più generale queste proposte e le altre di cui non discutiamo (laboratori, seminari, performance…) esprimono il tentativo di rendere attuali alcune passioni ispiratrici della pedagogia freiriana, in particolare la tensione costante tra teoria e pratica e, connessa a questa, l’articolazione con altre realtà presenti sul territorio. Per Freire infatti l’azione e la riflessione non esistono come momenti assolutamente separati. “La teoria e la pratica sono sempre unite indissolubilmente nella prassi. La pratica senza teoria è attivismo; e la teoria senza pratica è bla-bla-bla, vuota chiacchiera”[10]. Il concetto di prassi, che Freire riprende dalla tradizione marxista, è centrale nella sua prospettiva e la stessa coscientizzazione ne costituisce una traduzione pedagogica. Inoltre Freire non è stato e non deve essere inteso come un intellettuale isolato: le sue pratiche politico-pedagogiche si inserivano all’interno dell’azione dei movimenti sociali, specialmente il movimento della Teologia della Liberazione, che lo influenzò profondamente e che fu da lui a sua volta influenzato[11]. Lo stesso metodo di alfabetizzazione-coscientizzazione, che lo rese popolare dapprima in Brasile e poi  nel resto del mondo, è stato sperimentato e perfezionato da Freire insieme ad altri intellettuali e animatori del Movimento di Cultura Popolare. Più precisamente si dovrebbe affermare che la pedagogia della liberazione, fin dalla sua prima formulazione, si è caratterizzata per la priorità delle pratiche sulla riflessione teorica, che ad esse infatti è successiva[12]; inoltre è stata continuamente ripensata, lungo tutto il percorso esistenziale del suo autore, alla luce delle critiche e delle pratiche di intellettuali e di movimenti sociali incontrati per i quattro angoli del mondo[13].

La prospettiva che oggi guida il centro è di continuare a reinventare la pedagogia freiriana, restando fedeli alle ispirazioni originarie alla luce delle sfide dell’attualità; di “imparare a rifare, a ritoccare il sogno in vista del quale ci si era messi in cammino.”[14] Ma i sogni freiriani non sono sogni solitari, sono sogni che si sognano insieme, per questo è nato il progetto della costruzione di una rete nazionale di educatori ed educatrici impegnati sul terreno della pedagogia liberatrice e del teatro dell’oppresso. La proposta è stata lanciata a livello nazionale da Maria Paola, un’insegnante ligure, e si sta portando avanti già da un paio d’anni. Gli appuntamenti annuali delle rete, strutturati in incontri residenziali, sono un’importante occasione di scambio di esperienze e di costruzione di legami.

La speranza che orienta la pratica del Centro di Documentazione Paulo Freire è che presto la rete, che oggi connette solo alcune delle realtà freiriane presenti sul territorio italiano, possa estendersi a tutti coloro che, nel nostro paese, si muovono all’interno di questo approccio, attraversando pensiero e azione, teoria e pratica. Crediamo infatti che questo sia profondamente coerente con le opzioni fondamentali di un intellettuale organico alle aspirazioni di trasformazione della realtà degli oppressi e delle oppresse, opzioni fondamentali che ancora continuano ad illuminare il nostro impegno pedagogico.

 

Bibliografia

De Vito A.C., Lago G., Collettivo Paulo Freire, Freire in CGIL, in <<Educazione democratica>>, in corso di pubblicazione;

Freire P., La pedagogia degli oppressi, Roma, Arnoldo Mondadori, 1971;

Freire P., Educazione come pratica della libertà, Milano, Arnoldo Mondadori, 1973;

Freire P., Teoria e pratica della liberazione, Roma, ave minima, 1974;

Freire P., La pedagogia dell’autonomia. Saperi necessari alla pratica educativa, Torino, EGA, 2004;

Freire P., La pedagogia della speranza. Un nuovo approccio alla pedagogia degli oppressi, Torino, EGA, 2008;

Girardi G., Che Guevara visto da un cristiano, Milano, Sperling & Kupfer, 2005;

Mayo P., Gramsci, Freire e l’educazione degli adulti. Possibilità di un’azione trasformativa, Sassari, Carlo Delfino, 2007;

McLaren P., Che Guevara, Paulo Freire e la pedagogia della rivoluzione, Sassari, Carlo Delfino, 2009;

Passetti E., Conversazioni con Paulo Freire. Il viandante dell’ovvio, Milano, Eleuthera, 1996.

 



*      Le riflessioni proposte nell’articolo sono frutto della riflessione condivisa delle volontarie e dei volontari del Centro di Documentazione Paulo Freire di Padova: Fabiano Ramin, Michela Rechichi, Giovanni Lago, Simone Maculan, Alberto Degan, Davide De Guidi, Alessio Geraci, Enrico Busetto, Luisa Antonello, Anna Carla De Vito, Fabio Intermite, Mariateresa Muraca. Con loro l’autrice principale dell’articolo si è costantemente confrontata durante tutto il percorso di scrittura.

[1]    P. Mayo, Gramsci, Freire e l’educazione degli adulti, Sassari, Carlo Delfino, 2007.

[2]    Cfr P. McLaren, Che Guevara, Paulo Freire e la pedagogia della rivoluzione, Sassari, Carlo Delfino, 2009, p.218.

[3]    P. Mayo, Gramsci, Freire e l’educazione degli adulti, op. cit.

[4]    E. Passetti, Conversazioni con Paulo Freire. Il viandante dell’ovvio, Milano, Eleuthera, 1996.

[5]    P. Freire, La pedagogia della speranza. Un nuovo approccio alla pedagogia degli oppressi, Torino, EGA, 2008.

[6]    G. Girardi, Che Guevara visto da un cristiano,  Milano, Sperling & Kupfer, 2005.

[7]    P. Freire, Pedagogia degli oppressi, Milano, Arnoldo Mondatori, 1977.

[8]    A.C. De Vito, G. Lago, Collettivo Paulo Freire, in <<Educazione democratica>>, in corso di pubblicazione.

[9]    P. Freire, Pedagogia degli oppressi, op. cit.

[10]  Cfr P. Freire, Teoria e pratica della liberazione, Roma, ave minima, 1974, p.7.

[11]  P. Mayo, Gramsci, Freire e l’educazione degli adulti, op.cit.

[12]  P. Freire, Educazione come pratica della libertà, Milano, Arnoldo Mondadori, 1973.

[13]  P. Freire, La pedagogia della speranza. Un nuovo approccio alla pedagogia degli oppressi, op.cit.

[14]  Cfr P. Freire, La pedagogia della speranza, op. cit., p.176