Editoriale – Giorni sospesi: cronache del Coronavirus

L’uomo e la realtà possono essere salvaguardati integralmente solo da un sapere che riesca ad esplorare quel “logos che scorre nelle viscere” secondo una espressione della filosofa spagnola Maria Zambrano secondo il cammino di vita che la grande pensatrice ci indica, facendo leva a quel “Sapere dell’anima” nella speranza che ciascuno e ciascuna di noi sappia intraprendere un percorso che si avvicini il più possibile a quella forma del sapere in cui le verità della realtà e le verità del cuore trovino riscontro e risonanza. Con questi pensieri cercavo di prendere sonno nei primi giorni dell’attacco del Coronavirus. E ben sapendo dell’inutile fatica di espungere la cruda realtà dal logos delle mie viscere, come una pellegrina andavo cercando, contemporaneamente, domande e risposte al nonsense Apocalittico. “Le mie risposte alle grandi domande” di Stephen Hawking (2018) era lì, troneggiava sotto una pigna di libri sempre troppo copiosa per un umile comodino, e famelica, nell’afferrarlo letteralmente, mi sono caduti per terra almeno una dozzina di romanzi…. ma tanto , ormai, che senso avevano ?

Scrive Hawking nel capitolo “come plasmare il futuro?”: “ …La terra sta diventando troppo piccola per noi. Le nostre risorse fisiche si stanno prosciugando ad una velocità allarmante, l’umanità stessa ha inflitto al nostro pianeta le pene del cambiamento climatico, dell’inquinamento, dell’aumento delle temperature , dello scioglimento delle calotte polari, della deforestazione e della decimazione delle specie animali. La nostra stessa popolazione, inoltre, cresce a un ritmo quasi esponenziale, che non potrà continuare nel nuovo millennio.

Un’altra ragione per prendere in considerazione la colonizzazione di un nuovo pianeta è, (come abbiamo visto), la possibilità di una guerra nucleare. C’è una teoria secondo cui il motivo per cui non siamo stati contattati dagli extraterrestri è che quando una civiltà raggiunge il nostro stadio di sviluppo, diventa instabile e finisce per autodistruggersi. Oggi noi abbiamo una potenza tecnologica sufficiente per annientare ogni creatura vivente sulla Terra : si tratta di un pensiero che, come emerge dai recenti eventi nella Corea del Nord, ci spinge a riflettere e a preoccuparci.

Io però sono ottimista e ritengo che possiamo scongiurare quest’eventuale apocalisse…”(-Le mie risposte alle grandi domande- 2018)

Che Madre Terra sia in sofferenza, ormai da molto tempo lo sappiamo, anche se è stata indispensabile l’esortazione ad occuparci del Pianeta fattaci da parte di una adolescente come Greta Thunberg e del suo seguito, e dei movimenti giovanili ad essa afferenti dei quali abbiamo dato conto nel numero scorso di Pedagogika che, appena pubblicato è stato sovrastato dall’ondata oceanica, per non dire biblica di questi mesi di Coronavirus o Covid19 , onda che ancora non sappiamo se e quando si potrà arrestare. Abbiamo continuato con un utilizzo smodato di risorse, ci siamo abituati all’inquinamento, continuando a saziare la nostra fame di consumatori, mentre i nostri polmoni, forse non del tutto forgiati a questo scopo sono diventati facile preda di un minuscolo, ma potente ed aggressivo virus !

Ecco, noi stavamo pensando e ragionando su questi dilemmi ambientali mentre dai vari pulpiti ciascuno, politici e non dicevano la loro: di chi era il mondo, cosa doveva e non doveva fare l’occidente, quali muri occorreva erigere, oppure come rendere più umano l’umano, i diritti di tutti umani, come salvare bambini, vecchi, donne e uomini dei quali oggi non parliamo più, presi come siamo a restare vivi…

Ogni giorno il bollettino dei morti si affaccia alle nostre finestre, ai nostri balconi, nei terrazzi o negli attici lussuosi provvisti di luce a giorno. Come su un ottovolante mattina e sera, di giorno in giorno ci tocca ascoltare cosa ne sarà di noi e… pensiamo alla nostra finitezza, alla quale, diciamo la verità non eravamo tanto abituati in ciò sostenuti anche media, dagli slogan pubblicitari tipo “Non fermarti mai, hai bisogno di energia…” eccoti pronto l’integratore tale… Inoltre, abbiamo lasciato ampio spazio al desiderio di rendersi visibili per esserci per contare, per avere il solito quarto d’ora di visibilità che non si nega quasi a nessuno.

Insomma, scevri dai sensi di colpa dobbiamo pensare davvero a “cosa ci dice la terra”, sembra che ci stia indicando un punto di svolta epocale il cui significato è chiaro e lampante, cioè che non possiamo più continuare ad aggredire gli ecosistemi pensando che tanto non ci succederà nulla, saremmo degli stupidi ingenui.

Ormai sembra chiaro che dobbiamo prenderci cura del nostro Pianeta tutti insieme. E’ così evidente che siamo tutti sulla stessa barca che, al tempo stesso, questa condizione era quasi vista come una evidenza invisibile.

Francesco, il nostro Papa, da solo con un tempo da lupi ha simbolicamente percorso un tratto del sagrato della Basilica di San Pietro, per invocare la fine della Pandemia da Coronavirus prima di dare a tutto il mondo la benedizione “Urbi, et orbi”.

Voglio pensare che sia perché l’umano ed il divino che alberga in noi si manifestino e che il corpo, il nostro corpo possa diventare sempre con le parole della filosofa Zambrano: “Il corpo come luogo pulsante che media il contatto con le forze sacre della materia vivente , con i residui della materia originaria da cui l’uomo si è strappato per vivere come un essere indipendente.” Corpo come fonte di creatività e trascendenza.

Un corpo che sappia stare e respirare nel mondo degli umani insieme agli altri e alle altre, insieme alla natura, agli animali rispettando limiti e libertà delle specie. Ma come è possibile rispettare queste regole, che sicuramente a molti di noi andrebbero bene quando dobbiamo fare i conti col fatto che le politiche neoliberali intensificano due fattori che, l’analista politico americano Noam Chomsky, ci mette sotto gli occhi. Egli ha sottolineato che la crisi del coronavirus è sì molto grave, ma sarà temporanea, mentre la guerra nucleare e il riscaldamento globale sono un rischio concreto, oltre al fatto che un altro grande rischio si affaccia e cioè quello che dopo la fine di questa crisi potrebbero esserci stati più autoritari. Oppure assisteremo ad un vero cambio di passo epocale mondiale come la pandemia e lo speriamo vivamente: cioè una ricostruzione radicale della società in termini più umani.

L’abbiamo sentito dire spesso in queste lunghe giornate di quarantena, che sembra non debbano finire mai, dobbiamo convicercene.

Più umani, più sensibili, più giusti, più autoconsapevoli delle nostre fragilità e, non è cinismo, ma è la verità: consapevoli anche della nostra finitezza. Il mondo non è tutto nostro, il nostro girotondo (Ah! I bei tempi dei girotondi sia da piccoli che da grandi) ci chiama ad essere uniti e vicini. Sì uniti e vicini, non distanti!

Vogliamo fare il girotondo insieme, vicini, uguali e diversi, come quando da bambini cantavamo il ritornello “Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra tutti giù per terra!”. Sì, una terra dove dare il giusto spazio anche agli animali che stanno ritornando a farsi vedere non solo nei loro luoghi, campagne, boschi, montagne, laghi e mari, ma anche molto, troppo direi vicini a noi, nei nostri territori in quelli che forse abbiamo rubato loro, e qui ci sta il nostro ripensare gli spazi e i territori anche per loro.

Amici milanesi mi hanno inviato in questi giorni di whatsapp a tutto spiano un bel cigno pacifico e fiero navigante sulle acque del Naviglio, oppure altri video in cui cinghiali, o lupi, caprioli o volpi dal passo incerto attraversano in città passi pedonali degli umani… Ecco, io non ho gioito così tanto (amo gli animali, ho una vecchia casa in Toscana nella quale torno spesso e durante lunghe passeggiate, di solito all’imbrunire , ne vedo tantissimi e li rispetto e mi rispettano e, quasi sempre, una volpina dalla coda rossa fa capolino ad una certa curva, è il nostro appuntamento. Ci salutiamo quasi…)

Ma in questi giorni vedere lo spazio che gli animali si sono presi, mi fa sentire ulteriormente confinata e non gioisco, perché c’è un errore di fondo. Non siamo stati capaci di stare nel nostro… Forse siamo stati degli impostori, e così vedere un cigno che silenzioso naviga nel Naviglio mi fa specie, mi viene un groppo in gola e mi tornano non so come in mente i “sovraumani silenzi” dell’Infinito di Leopardi e a me, questa profondissima quiete, stringe il cuore.