Educare nel mondo grande e terribile
Antonio Gramsci
Educare nel mondo grande e terribile. Scritti pedagogici (A cura di Sergio Tramma)
PGgreco Edizioni, Roma 2022
pp. 160, € 14
“Non può essere, replicò, perché Antonio Gramsci deve essere un gigante e non un uomo così piccolo”[1]. Ci sono frammenti di quotidianità in grado di restituire grandezze dalla portata storica. Una di queste, certamente, è quella del pensiero che ambisce – e in questo caso riesce – non solo a interpretare la realtà, bensì anche a trasformarla. Di questa forma di pensiero, Antonio Gramsci è stato uno dei più grandi interpreti del Novecento: un politico (comunista), filosofo e intellettuale, le cui riflessioni vivono ancora oggi una continua diffusione e traduzione nel mondo, venendo correntemente impiegate – ahinoi, prevalentemente ad altre latitudini – per analizzare e modificare l’esistente.
La scelta di proporre una nuova raccolta dei suoi scritti pedagogici è, nell’avviso di chi scrive, un’operazione di fondamentale importanza, proprio perché ci troviamo, come recita l’azzeccato titolo di questa raccolta di scritti, a educare in un mondo grande e terribile. L’antologia proposta da Sergio Tramma si avvale sia di un’introduzione generale, in grado di restituire il senso e l’attualità di questa proposta, sia di un commento introduttivo ai dodici nuclei tematici nei quali sono stati raccolti e selezionati articoli, note e lettere: premesse fondamentali, che permettono una contestualizzazione e attualizzazione storico-pedagogica di alcune tematiche discusse nel vasto, poliedrico e composito corpus dei suoi scritti, mettendo in luce la profondità della riflessione gramsciana e la sua rilevanza pedagogico-educativa.
La scelta di aprire questa recensione con un episodio legato alla quotidianità non è casuale; mira, infatti, a riprendere un modo di procedere gramsciano nell’approcciarsi alle questioni, molto presente nell’antologia, per cui l’attenzione viene posta tanto ai processi generali e alle dimensioni strutturali, quanto alla dimensione culturale che si esplica nella vita di tutti i giorni, stratificata in quel senso comune (che ricomprende buonsenso e folklore) che costituisce materia prima per l’indagine e l’intervento educativo. Dimensioni dell’analisi filosofica gramsciana, queste, che forniscono conoscenze e metodi al pensiero “pedagogico-sociale”, attento “all’educazione sociale, diffusa, informale” (p. 18).
Quello di Gramsci è un pensiero necessario di fronte all’asprezza delle condizioni contemporanee, dove l’egemonia neoliberista – qualunque volto assuma, o dichiari di assumere – è capillare e asfissiante, poiché soffoca le istanze di emancipazione possibili e immaginabili, ancor prima che realizzabili, riuscendo a definire tanto il clima (educativo) generale, quanto i rapporti (educativi) particolari che si generano al suo interno. Leggere i suoi scritti, nonostante alcuni portino un peso secolare sulle spalle, dovrebbe rappresentare un caposaldo per chi opera nel mondo educativo: sia perché in essi vengono affrontate questioni ancora attuali – aprendo interrogativi importanti sullo statuto della contemporaneità –, sia perché essi permettono di sviluppare, come negli intenti del curatore, un “pensiero critico sull’educare” che possa andare a fondo delle contraddizioni sociali.
Quello di Gramsci è un pensiero che trae forza dalla capacità di interrogarsi (auto)criticamente, di mettersi costantemente in discussione, di assumere un atteggiamento dialettico, e non meccanico, verso la realtà che lo circonda; un modo di procedere inattuale, di fronte al binomio presente oggi nelle scienze umane, dove si oscilla senza equilibrio tra forme di meccanicismo positivista e forme di relativismo astratto, le quali portano, in ultima istanza, seppur percorrendo strade diverse, a confermare l’esistente. Si tratta, in ultima analisi, di indagare il nesso tra educazione e politica, dimensione ineludibile della filosofia della praxis gramsciana, poiché fondante e trasversale a tutta la sua opera: se “ogni progetto politico necessita di un sostegno educativo per attuarsi, per convincere, per sostenere la bontà delle proprie posizioni”, allora Gramsci è educatore “soprattutto in quanto soggetto politicamente e coscientemente impegnato in un progetto che non può realizzarsi senza educare progressivamente i propri partecipanti” (p. 19).
SIMONE ROMEO
[1] Frase che un detenuto rivolge a Gramsci durante il confino a Ustica (Lettera a Tatiana del 19 febbraio 1927).