Musica
A cura di GOFFREDO VILLA
Foo Fighters – But Here We Are
L’anno successivo all’uscita di Medicine at Midnight (2021), i Foo Fighters si sono trovati a dover dire addio al loro storico batterista Taylor Hawkins, morto per un infarto in un hotel di Bogotà a marzo; pochi mesi dopo, il leader della band Dave Grohl ha perso anche sua madre Virginia. Riguardo a queste e ad altre vicende nessun membro del gruppo ha rilasciato alcuna dichiarazione, per cui i fan e la critica sono stati colti un po’ alla sprovvista quando, un anno dopo, hanno assistito all’uscita di But Here We Are, undicesima opera del complesso di Seattle. Nessuna dichiarazione, una copertina bianca e un carico di canzoni piene di profondi significati nate da una necessità creativa incontrollabile: se, da una parte, i Foo Fighters sembrano non volersi esporre pubblicamente, scegliendo un profilo basso, dall’altra lasciano che siano note e parole a raccontare tutto quanto al posto loro. Il titolo But Here We Are, ad esempio, pare dimostrare che, sebbene la vita possa riservare ingiustizie e sfortune di vario genere, bisogna sempre andare avanti, prendendo tutto ciò di buono che si trova sul percorso. L’album affronta più volte l’argomento della morte e, visto quanto successo nella storia recente del gruppo, non poteva che essere altrimenti. Al contrario di quanto si possa pensare però, questo non è un pensiero fisso che influenza la totalità delle tracce rendendo la raccolta un blocco triste e demoralizzante. Se alcuni brani cullano in un senso di sconforto e dolore, altri si nutrono di queste emozioni per esprimere desideri di rivincita e determinazione. La lista potrebbe essere suddivisa in due parti: la prima si presenta come un’ondata di potenza spontanea influenzata dallo stile degli esordi; la seconda frazione, che inizia con Show Me How, placa la tempesta e conduce ad una visione più intima nei contenuti e solenne nelle sonorità. La opener Rescued fornisce sicuramente un avvio deciso e grintoso, buttando l’ascoltatore su una montagna russa fatta di urla furiose e ritornelli melodici. Under You continua a produrre energia ma in maniera più concentrata e meno rabbiosa, cercando di sopportare il dolore che trascina con sé: «Someone said I’ll never see your face again / Part of me just can’t believe it’s true / Pictures of us sharing songs and cigarettes / This is how I’ll always picture you» (Qualcuno mi ha detto che non vedrò più la tua faccia / Una parte di me semplicemente non crede che questo sia vero / Immagini di noi che condividiamo canzoni e sigarette / Questo è come ti immaginerò sempre). Il clima diventa più scuro in Hearing Voices, dove le chitarre arpeggiano senza sosta sullo sfondo di un lamento ripetuto («I’ve been hearing voices / None of them are you»: Ho sentito delle voci / Nessuna di loro eri tu) e il tutto si chiude con piano e chitarra acustica. Batteria e chitarre accompagnano con precisione ritmica le grida del cantante nella title-track But Here We Are, pezzo non particolarmente esaltante dal punto di vista musicale, ma che riesce a trasmettere insieme frustrazione e accettazione. The Glass apre con le corde non amplificate, poi si conserva nostalgica e al contempo rassicurante nonostante la sua anima assuma una tinta più spinta ed elettrica. Una base ben scandita da basso e percussioni introduce Nothing at All, crescendo ed accelerando fino all’ormai canonico ritornello urlato. «I’ll take care of everything from now on / Where are you now? / Who will show me how?»: Mi prenderò cura di tutto da oggi in poi / Dove sei ora / Chi mi mostrerò come?). Grohl e sua figlia Violet si esibiscono in un dolce duetto sospeso tra gli orizzonti sognanti di Show Me How. Beyond Me è una canzone sincera e senza fronzoli che passa dal pianoforte agli strumenti rock con naturalezza. L’immagine della madre Virginia, insegnante di professione, riemerge in Teacher, brano della durata di addirittura 10 minuti e dai molteplici stili, forse eccessivamente contrastanti tra loro. Segmenti aventi un corpo proprio, con inizio e fine nettamente individuabili, si susseguono l’uno dietro l’altro all’interno della traccia principale, rappresentando il segno della perdita che rimane e rimarrà per sempre: «You showed me how to breathe / But never showed me how to say goodbye» (Mi hai mostrato come respirare / Ma non mi hai mai mostrato come dire addio). Una voce soffocata diventa un sussurro, poi tutto ad un tratto una solenne ed improvvisa esplosione elettrica; Rest si carica dei sentimenti rimasti inespressi fino a questo momento, li sparge nel suo spazio sonoro e chiude con una triste speranza: «Waking up, had another dream of us / In the warm Virginia sun, there I will meet you» (Svegliandomi, ho fatto un altro sogno di noi / Nel caldo sole della Virginia, lì ti incontrerò). A livello musicale non si assiste a nulla di rivoluzionario, ma era lecito aspettarsi ciò: il contesto emotivo basta e avanza per coinvolgere l’ascoltatore nel consueto rock fatto di intensità e reattività che ha spesso caratterizzato i Foo Fighters in passato. Questa vena motivazionale sembra assumere maggiore importanza, coinvolgendo sempre più la sfera interiore personale, come Dave Grohl e soci hanno dimostrato di saper fare da quasi trent’anni a questa parte. Nel momento più duro della loro carriera, But Here We Are rappresenta probabilmente uno dei passaggi più veri e crudi di tutto il loro repertorio.
Renato Franchi & His Band – Attimi di infinito
«Attimi di infinito sembra un ossimoro, ma è una definizione che racchiude il nostro viaggio: in questo album raccontiamo la nostra strada, in linea con il leit motiv anche degli album precedenti, ma lo facciamo in modo più marcato, recuperando il nostro percorso musicale nell’oceano della musica di autore»: così Renato Franchi introduce il suo quattordicesimo lavoro, registrato insieme alla sua band e pubblicato tramite una campagna di crowdfunding. Il complesso risulta così formato: Renato Franchi alla voce, ma anche alla chitarra, al basso ed all’armonica; Joselito Carboni per la chitarra slide; Gianni Colombo suona pianoforte, tastiere e organo; Gianfranco D’Adda (storico batterista di Franco Battiato) alle percussioni e Viky Ferrara alla batteria; Dan Shim Sara Galasso come violinista e Roberto Nassini fisarmonicista. I testi e le note sono frutto della collaborazione tra Franchi e Maria Macchia. Le foto nel libretto del disco immortalano i membri del gruppo a San Vittore Olona (comune in provincia di Milano) nei pressi della fabbrica Visconti, stabilimento industriale in ambito tessile ormai dismesso da più di trent’anni. Queste immagini rappresentano bene il legame e l’interesse dell’artista di Rescaldina verso le tematiche sociali in ambito lavorativo, sottolineate anche in quest’ultima opera. La raccolta è composta da nove brani uniti tra loro da un vivo senso di rinascita e di rivalsa che rappresenta uno degli argomenti cardine: «Gli attimi di infinito sono gli attimi della nostra vita: i momenti di gioia ma anche i momenti di difficoltà, che abbiamo vissuto negli anni, riportati dentro le canzoni». A fare da opener è la title-track Attimi di infinito, con i suoi sentimenti vividi e affettuosi che abbracciano l’ascoltatore: «Arriverà il tempo dell’amore / Un momento per rinascere, per rifiorire / Allargando le braccia verso il sole / E spiccando il volo nell’immenso». In Emily le raffinate note dell’arpa celtica di Vincenzo Zitello (musicista conosciuto anche fuori dall’ambito nazionale) ispirano un etereo omaggio alla poetessa Dickinson. «E se verrà il temporale / Io lo fermerò / Se ci sarà la tempesta / Io ti proteggerò»: Apri gli occhi descrive la forza che solo l’amore può conferire ad ognuno per la difesa dei propri cari; mentre Lungo la strada ci riporta sui passi compiuti nel cammino della nostra vita, scelte e pensieri passati che ci hanno plasmato nel presente e lo faranno anche nel futuro. La visione di Istruzioni per la vita è proiettata verso l’affascinante ignoto che riservano le strade non ancora battute: «Camminando nel bel mezzo del nulla / Abbandona ogni sentiero conosciuto / Fissa il tuo sguardo sull’orizzonte distante / E respira nell’aria fresca del mattino». Mentre nasceva un fiore trattiene l’ambivalenza del ciclo della vita, dove lasciare una persona coincide con l’accoglierne un’altra in un’immaginaria altalena tra dolore e gioia, tra morte e nascita. Il basso di Roberto D’Amico, il duetto tra Renato Franchi e Marino Severini dei Gang, nonché i cori di Marta Franchi, raccontano l’oscuro capitolo delle morti sul lavoro. Le vittime per infortuni causati dalla mancanza di sicurezza o da malattie professionali vengono ricordate con dolcezza, rigenerandosi in elementi naturali che evocano poesia e bellezza: «Siete pioggia che bacia le rose / Siete foglie cadute / Siete fiori di campo buttati per terra / Siete sogni infranti e traditi / Siete nuvole in cielo / Siete stelle comete svanite nel volo». Pianoforte e violino cullano La stagione dell’amore, brano appartenente a Battiato e che, sebbene sia l’unico pezzo non scritto da Franchi, ha rappresentato il primo mattone su cui è stato costruito l’album. La traccia conclusiva, Stand by Me, riporta alla mente John Lennon e la sua icona di pacifista che si staglia sull’oceano di confusione nel mondo di oggi: «Vorrei rallentare il tempo / Il ritmo di questo giorno / Catturare questo momento / E viaggiare intorno al mondo insieme a te». L’ambito musicale coinvolge la canzone d’autore, il folk ed il rock, con un ventaglio variegato di strumenti, in cui chitarre acustiche ed elettriche si sposano armonicamente con pianoforte e violino e vengono incorniciate dalle pennellate di arpa e fisarmonica. A livello tematico, i testi affrontano, come è solito fare Franchi, storie umane e ambiti sociali; non mancano, come prevede la canzone d’autore, rimandi letterari, poetici e musicali. Le parole corrono tra argomenti come l’amore, la rinascita, la speranza e l’incontro; spesso le vicende cantate si intrecciano con fatti quotidiani per permettere di immedesimarsi nei protagonisti e di entrare meglio nel merito della situazione descritta. Sulla copertina del cd compare una chitarra classica sulla cui paletta è intrecciata una rosa: questa figura rispecchia la semplicità e la naturalezza assunte dalla poesia quando si accosta alla musica. Renato Franchi spiega così tutto il mondo sigillato e racchiuso in Attimi di infinito: «Nella vita ci sono momenti di difficoltà ma anche attimi che diventano infiniti e sono quelli della rinascita e in questo album noi racchiudiamo tanto proprio di questo aspetto di rinascita e speranza, la speranza soggettiva ma anche collettiva di avere una prospettiva sempre migliore che dia risposte a problemi del vivere quotidiano».