Quando il domani non ci fa paura

Di PAOLA NAVOTTI

L’anno nuovo appena inaugurato – in un’epoca complessa, quale è quella che stiamo attraversando – suscita molte domande, ma una in particolare: quale percezione del futuro caratterizza maggiormente gli uomini e le donne del nostro tempo e, in particolare, i giovani? Perché oggi, rispetto al passato, è più difficile affrontare ciò che non dipende da noi? Perché neanche lo strabiliante progresso tecnologico a cui stiamo assistendo ci rassicura sul futuro? Per educare alla speranza, di cosa abbiamo più bisogno oggi… e quindi domani?

Abbiamo bisogno di una compagnia che stimi veramente il destino dell’altro; di recuperare l’idea del futuro come approssimazione a un nuovo umanesimo; di non dimenticare il mistero di cui siamo fatti; di accettare la nostra complessità, fatta di ragioni ed emozioni. Abbiamo altresì bisogno di non metterci più in competizione con l’intelligenza artificiale, scoprendo che questa necessita della sapienza del nostro cuore: solo così possiamo dar seguito a dei modelli digitali esistenti e andare spediti verso quella società 5.0, che si pone a modello di quella comunità smart che tutti vorremmo abitare e alla quale tutti dovremmo contribuire. Questi sono alcuni dei principali spunti del nuovo numero di Pedagogika, tutti accomunati da un chiaro fil rouge: l’immobilismo genera paura; l’educazione e la conoscenza generano fiducia. Generano cultura.

La parola cultura deriva dal latino colere, che significa coltivare, termine originariamente legato alla precisa accezione di dissodare la terra e così prepararla alla semina e al raccolto. Questa radice etimologica è riscontrabile ancora oggi, tanto che a seconda di quale accento si usi, la parola italiana colto, può indicare una persona sapiente, o un ortaggio appena preso dalla terra. In entrambe le accezioni, colere indica l’azione di curare qualcosa al fine di svilupparla, migliorarla, farla aumentare, spingerla verso un punto più alto… Un punto più alto che può arrivare fino al cielo: tanto che la parola italiana culto viene proprio da qui. Ciò che è curato e fatto crescere può elevare perfino alla conoscenza di ciò che sta oltre quanto è visibile. Come un seme attecchisce in una terra adeguatamente dissodata e vangata, così la cultura può svilupparsi in un soggetto educato, allenato, preparato… alla cura di tutto. Dalla terra al cielo.

Profondamente convinti che sia ragionevole avere fiducia nella vita e che tale fiducia generi cultura, questo numero vuole essere un insolito biglietto di auguri… buon inizio d’anno a tutti!