A(r)miamoci di pace (una riflessione educativa sulla cultura della pace)
Di SABINA GALLERI e LUISA FERRONATO
(Pedagogiste, formatrici e insegnanti di Brescia)
“Non esiste una via per la pace, la pace è la via” (M. Gandhi)
Alla luce dei conflitti internazionali che perdurano da oltre due anni, la riflessione educativa pone degli interrogativi: è ancora possibile promuovere una cultura della pace? Possiamo adempiere oggi ad uno dei principali compiti formativi della comunità pedagogica?
Nel recente rapporto Censis gli italiani vengono definiti sonnambuli, ciechi dinnanzi ai presagi, perché “il ritorno della guerra spettacolarizzata dai social ha alimentato una paura ulteriore: la metà degli italiani ora teme che l’Italia non sarebbe in grado di difendersi militarmente nel caso di un attacco da parte di un Paese nemico.”[1] Tuttavia, il senso di preoccupazione non produce conseguenze tali da innescare un vero cambiamento culturale, che si prenda cura di garantire la sopravvivenza dell’umanità, costruendo alfabeti e competenze nuove, per educare i futuri cittadini alla cultura della pace.
I bambini e i ragazzi sono i testimoni che assistono alla guerra e alla fragilità degli adulti, crescendo con il modello della prevaricazione del più forte sul più debole. I conflitti generano flussi migratori continui, creando condizioni di povertà e di emarginazione sociale. Ciò innesca, già tra giovanissimi, atteggiamenti discriminatori nei confronti delle differenze che esulano dagli schemi culturali della comunità di appartenenza. La paura verso chi vive in condizione di povertà è stata descritta con il termine “aporofobia” coniato dalla professoressa Adela Cortina Orts, per esprimere questo rifiuto che spesso sfocia in commenti denigratori e aggressioni fisiche. Eppure la vita sulla terra ha avuto inizio dalla costruzione di legami positivi, non dalla distruzione di se stessa, infatti “la pace è un’esigenza primaria per l’umanità. Ma non viene da sola. Va costruita tessendo buone relazioni.”[2]
Gestire un conflitto tra paesi, utilizzando le armi è la conseguenza di una cultura bellicistica alla quale sembra non ci sia alternativa. D. Novara ci spiega, invece, che il conflitto è centrale per l’educazione alla pace e che il nostro compito educativo è di guidarne la risoluzione, attraverso strategie non violente.[3] Ad esempio utilizzando la “comunicazione non violenta”, ideata da M. Rosemberg, (intesa come processo di scambio delle informazioni necessarie per risolvere pacificamente i conflitti). Egli riteneva che il seme della violenza nel mondo inizi nel modo in cui ci si ascolta, ci si pensa e soprattutto nel modo in cui ci si parla.[4]
Forse è questo il punto sul quale interrogarsi per capire da dove ripartire. Ripensare agli eventi della nostra vita e della società, attraverso l’analisi del nostro linguaggio, riflettendo, ad esempio, su quanto sia accogliente e autentico o giudicante e accusatorio. Abituarsi all’ascolto come riconoscimento dell’altro, che lo identifica nella sua specificità, chiedendosi se equipariamo alla nostra, la sua dignità di essere umano e se consideriamo i suoi bisogni, legittimi quanto i nostri.
Fare un percorso all’indietro, quindi, ma non involutivo, bensì una ripartenza, un “back to life”, ricostruendo il modo di comunicare attraverso quel linguaggio dialogico che Morin proponeva già nel 1977 ne: “La natura della natura” primo libro de “La Methóde”, come strumento democratico di una società reticolare, e la natura, appunto, come un sistema interconnesso, dove ogni elemento influisce sugli altri. Dobbiamo, quindi, sviluppare un’etica comunitaria più coraggiosa, che ci conferisca la risolutezza di adottare il cambiamento necessario per mitigare la sofferenza nel mondo.
La pace comincia da noi
L’articolo 11 della Costituzione Italiana recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Ripudiare è una parola forte. La più forte che potesse essere usata. Letteralmente significa respingere con il piede, ossia allontanare con un calcio, dunque rappresenta una condanna totale.
Ma come cominciare a costruire la pace?
Nel 13° rapporto CRC[5] si legge che è “importante la creazione di meccanismi di partecipazione di minorenni e giovani ai processi decisionali, sui temi che li riguardano direttamente, dai macro aspetti, come ad esempio il lavoro, l’abitare, le tematiche ambientali e climatiche, al livello territoriale.”
A questo proposito, un esempio particolarmente significativo è un recente progetto che ha visto partecipi otto Istituti Comprensivi di Trento. Nel gennaio 2024 gli studenti hanno realizzato e appeso all’esterno delle loro scuole degli striscioni con il messaggio “La pace comincia da me”: parole che diventano agire quotidiano di ciascuno, parole che trasformano i contesti e le esperienze in cultura di pace tra le persone, le comunità, i popoli. Le scuole della rete degli IC di Trento in questo modo hanno voluto ricordarsi e ricordare che ogni gesto può essere un gesto di pace e che quel gesto può fare la differenza per il proprio e l’altrui benessere.
La documentazione degli organismi nazionali e internazionali[6], alla luce della “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione”[7], individua gli obiettivi specifici per il sistema formativo ovvero: cittadinanza attiva, pace, intercultura, dialogo, sostegno alle responsabilità, solidarietà, cura dei beni comuni e diritti e doveri; comportamenti responsabili in tema di legalità, sostenibilità ambientale, patrimonio, prevenzione (dispersione e bullismo, etc); scuola aperta al territorio che lavora con le famiglie, il terzo settore e la Comunità di appartenenza.
Nei percorsi di pace lo studente è il protagonista e la pace è da intendersi non solo come enunciazione di principi e valori, ma identificazione di azioni e attivazioni di processi di apprendimento.
La Costituzione italiana, oltre a ripudiare la guerra, sancisce anche il valore della solidarietà tra gli individui e tra i popoli. Nell’art. 2, da un lato, vengono garantiti i diritti inviolabili dell’uomo e, dall’altro, si esige il rispetto dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Il principio di eguaglianza ‘sostanziale’, (ossia la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale al fine di consentire a tutti il pieno sviluppo della propria persona e l’accesso al lavoro) presuppone la solidarietà tra i cittadini. Solidarietà è la determinazione ad impegnarsi per il bene comune, affinché tutti siano responsabili di tutti, è collaborazione, aiuto a chi è in difficoltà, consapevolezza delle emergenze e dei momenti critici. Occuparsi del benessere dell’altro aiuta a costruire anche il nostro poiché il dare crea una dimensione d’insieme, il senso del noi, e ti ricorda che non sei solo.
Educazione arma della pace
Quasi un secolo fa M. Montessori, durante il Congresso Europeo per la pace svoltosi a Bruxelles asseriva che: “la pace è una meta che si può raggiungere attraverso l’accordo e due sono i mezzi che conducono a questa unione: uno è lo sforzo immediato di risolvere senza violenza i conflitti, vale a dire di eludere le guerre; l’altro è lo sforzo prolungato di costruire stabilmente la pace tra gli uomini. Ora, evitare i conflitti è compito della politica, costruire la pace è compito dell’educazione.”[8]
La Montessori definiva, inoltre, l’educazione arma della pace, per questo motivo, noi educatori, insegnanti, politici, scrittori o genitori siamo responsabili della costruzione di dialoghi indulgenti con i quali rivolgerci ai bambini e ai ragazzi con profonda consapevolezza e intenzionalità pedagogica, al fine di strutturare percorsi rivolti al raggiungimento della convivenza pacifica. E’ attraverso l’educazione,infatti, che le persone diventano consapevoli dei propri diritti e delle proprie responsabilità, contribuendo a creare una società giusta. Essa favorisce, inoltre, la partecipazione attiva alla vita civica e politica, contribuendo alla stabilità sociale.
Non si costruisce la pace facendo retorica, ma educando concretamente, proponendo modelli narrativi efficaci. Non basta, quindi, agire correttamente, ma è necessaria la reciprocità nel vivere quotidiano, uscire dalla propria individualità, confrontarsi e mettersi in relazione con l’altro.
Langer affermava che: “molte volte la pace è stata scambiata per il quieto vivere e il discorso che i cristiani hanno portato avanti si è ridotto nei secoli ad una pace prevalentemente interiore, una pace menefreghista che vede la sua tranquillità nell’assenza di relazioni. Certo l’assenza di relazioni è anche assenza di tensioni, ma una vera pace che si riconosca nell’amore è monca se non entra in relazione con gli altri.” [9]
Attitudine alla convivenza
L’obiettivo prioritario da raggiungere per immaginare un futuro di pace è imparare come creare connessioni positive, come costruire e mantenere relazioni rispettose con l’altro, il diverso da me.
Sappiamo quanto un rapporto efficace tra insegnante e allievo sia in grado di favorire l’apprendimento. Le emozioni, che sono il motore della volontà e del desiderio di conoscenza, sono in grado di fissare l’esperienza nella memoria a lungo termine. Le ricerche delle neuroscienze, infatti, rivelano che la nostra memoria è fortemente influenzata dagli stati d’animo che ci provengono da uno stimolo specifico. Le emozioni non influenzano soltanto il momento presente, il qui e ora, ma anche le nostre decisioni e azioni future, esse “scrivono” nella nostra memoria e si fissano nella mente assieme agli eventi che le hanno attivate, per poi riemergere quando ricorderemo quei momenti o riporteremo alla mente i concetti appresi.
“Nel cercare di comprendere come mai l’evoluzione abbia conferito all’emozione un ruolo tanto fondamentale nella psiche umana, i sociobiologi indicano, quale possibile spiegazione proprio questa prevalenza del cuore sulla mente, nei momenti più critici della vita. Essi sostengono che le nostre emozioni ci guidano nell’affrontare situazioni e compiti troppo difficili e importanti perché possano essere affidati al solo intelletto.”[10]
E’ quanto D. Lucangeli[11] e i suoi collaboratori dell’Università di Padova definiscono con il termine “warm cognition” (letteralmente cognizione calda, partecipata, complessa). Significa che se un bambino impara con gioia, impara di più e meglio; se è sostenuto, guardato e incoraggiato da un insegnante che si pone come suo alleato, nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva.
Tornano alla mente le parole di Gianni Rodari, precursore di molte riflessioni pedagogiche attuali, quando diceva: “Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?”[12].
L’apprendimento a lungo termine, perciò, passa necessariamente attraverso una percezione di benessere, determinata dal contesto relazionale. L’intelletto di un individuo non è sufficiente a costruire il suo percorso di conoscenza, in particolare nella fase evolutiva, dove il bisogno di legami affettivi e profondi è determinante. Spetta a noi adulti testimoniare, attraverso l’esempio, il valore della vita di ognuno, favorendo nei più giovani la formazione di habitus relazionali, indicati da P. Bourdieu come il complesso di inclinazioni e modelli di pensiero, risultato delle influenze sociali, che guidano le nostre decisioni, aiutandoci a compiere delle scelte in maniera lucida e consapevole. Evitare che i loro dubbi e le loro intense emozioni prendano il sopravvento, creando quello stato di disorientamento che può sfociare in comportamenti aggressivi. Incoraggiare, invece, lo sviluppo di menti dotate di spirito critico, slegate da pericolose forme di qualunquismo, del – tanto non cambia niente – che sappiano organizzare le informazioni apprese con cognizione di causa, ridando significato e valore al sapere e alla conoscenza della storia.
La sfida attuale è porsi l’obiettivo di sviluppare “una cultura, una politica, un’attitudine alla convivenza, cioè alla pluralità, al parlarsi, all’ascoltarsi”[13], costruendo ponti che uniscono e abbattendo i muri che dividono, solo così potremo costruire una società dove la mediazione e la negoziazione saranno gli strumenti privilegiati per trovare soluzioni pacifiche ai problemi.
Ognuno di noi è responsabile della costruzione di questo processo di cambiamento, nessuno escluso, per dirla con F. De Andrè: “…anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti…”[14]
BIBLIOGRAFIA
- Langer A., Il viaggiatore leggero, Palermo, Sellerio editore, 2003.
- Bourdieu P., Ragioni pratiche, Bologna, Il Mulino, 1995.
- Cortina A., C. Raimo, “Aporofobia. Il disprezzo per i poveri.”, Palermo Edizioni, Timeo,
- Goleman D., Intelligenza emotiva, parte prima, Milano, BUR saggi Rizzoli, 1995.
- Lucangeli D., Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere, Trento, Erickson, 2019.
- Novara N., Ronda L., Scegliere la pace, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1986.
- Morin E., Il metodo 1. La natura della natura, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2001.
- Rodari G., Il libro degli errori, Torino, Einaudi Ragazzi, 2011.
- Rosemberg M. B., Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla comunicazione nonviolenta, Esserci, Milano, Feltrinelli, 2017.
- Montessori M., Tre volte candidata al Nobel, Milano, Garzanti editore,1951.
DISCOGRAFIA
De Andrè F., Canzone del maggio, Storia di un impiegato, Studio Ortophonic, Roma, 1973
SITOGRAFIA
- agenziacoesione.gov.it/comunicazione/agenda-2030-per-lo-sviluppo-sostenibile/
- censis.it/rapporto-annuale/57%C2%B0-rapporto-sulla-situazione-sociale-del-paese2023
- cisp.unipi.it/2024/06/26/dossier-infografico-fermare-le-guerre-costruire-la-pace-del-centro-nuovo-modello-di-sviluppo-odv
- coe.int/it/web/portal
- gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/15/15G00122/sg
- gruppocrc.net/documento/13-rapporto-crc-in-arrivo-il-20-novembre-2023
- https://www.unesco.it/it/temi-in-evidenza/educazione/educazione-alla-cittadinanza-globale-temi-e-obiettivi-di-apprendimento
NOTE
[1] Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2023, pag. 5, 2023.
[2] Dossier Infografico: Fermare le guerre, Costruire la pace, pag. 5, 2024.
[3] D.Novara, L. Ronda, Scegliere la pace, pag. 8, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1986.
[4] M. B. Rosemberg, Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla comunicazione nonviolenta, Esserci, Milano, Feltrinelli, 2017.
[5] AGGIORNAMENTO SUL MONITORAGGIO DELLA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA IN ITALIA (DATI 2023).
[6] ONU per Agenda 2020/2030 – UNESCO per educazione alla cittadinanza globale, OCSE per competenze globali per un mondo inclusivo, CONSIGLIO d’ EUROPA per la cultura della democrazia, Costituzione Italiana per la parte sulla cittadinanza
[7] L.N. 107/2015
[8] M.Montessori, Tre volte candidata al Nobel, Milano, Garzanti editore,1951.
[9] A. Langer, Il viaggiatore leggero, Palermo, Sellerio editore, 2003.
[10] D. Goleman, Intelligenza emotiva, parte prima, pag. 12, Milano, BUR saggi Rizzoli, 1995.
[11] D. Lucangeli, Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere, Trento, Erickson, 2019.
[12] G. Rodari, Il libro degli errori, pag. 10, Torino, Einaudi Ragazzi, 2011.
[13] A. Langer, Una buona politica per riparare il mondo, Firenze, Edizioni interno 4,2019
[14] F, De Andrè, Canzone del maggio, Storia di un impiegato, Studio Ortophonic, Roma, 1973