Come si costruisce un’impresa dinamica e specialistica basata sulla fiducia nella comunità? La Cooperativa Sociale Stripes, fondata nel 1989, ha cercato di rispondere a questa domanda attraverso un metodo che ha consolidato negli anni come un potente marchio di fabbrica.
Per ideare una realtà che – lo suggerisce il suo acronimo – parte dallo STudio e dalla Ricerca per arrivare all’Intervento in tutti i campi del sociale, in particolare nella Pedagogia Extra Scolastica, Stripes ha sviluppato nel tempo un preciso metodo con cui esplorare i contesti andando oltre l’apparenza, oltre il fenomenico. Tale metodo consiste nel porsi sempre degli interrogativi e così, di domanda in domanda, indirizzare il proprio operato. È lo stesso approccio da cui prende avvio un atto educativo, che sia genitoriale, scolastico o anche psicosociale: osservare attentamente i comportamenti di chi è vicino a noi, cercando di analizzarne le domande, i bisogni e i desideri; e, una volta scoperti questi ultimi, prenderli in considerazione nella propria progettazione per il riconoscimento della loro l’unicità, del loro valore prezioso.
L’attenzione alle esistenze altrui ha dato forma e sostanza ad una solida rete sociale di individui, uniti tra loro dalla natura generativa e proattiva dei desideri, anziché dalla sola tensione a colmare mancanze. La stima per gli altri, e da qui l’attenzione nei loro confronti, è sempre una strategia rivoluzionaria: chi viene osservato si sente riconosciuto come prezioso; e chi osserva si sente protagonista di una creatività generativa di benessere. Stripes cerca di proporre un supporto del genere alle bambine e ai bambini nelle scuole, agli operatori dei servizi sociali nei comuni, alle famiglie e perfino ai dipendenti della Casa di Reclusione di Milano Bollate. E così questi luoghi divengono comunità: contesti educativi nei quali le sensibilità umane si adoperano per rappresentare la complementarità dei diversi desideri, senza sottovalutarne nessuno. Rifacendosi ai valori propri della familiarità e della cooperazione, Stripes mira a farsi sempre più portavoce di un’inclusività possibile. Come? Con un metodo pedagogico che si configura come una vera e propria immersione nel contesto sociale. Tale immersione coinvolge in prima persona le lavoratrici e i lavoratori, con l’obiettivo di cogliere le domande concrete che emergono nel cuore dei servizi: domande che a loro volta nascono da desideri che evolvono insieme alle necessità, maturano e si traducono in forme collettive di entusiasmo cooperativo. Da tutto ciò nascono i progetti di Stripes. Creatività e curiosità guidano una progettazione volta a cercare soluzioni nuove per problemi vecchi e a proporre metodologie innovative per percorsi già battuti.
Educare, si sa, è una sfida non semplice e per quanto Freud sia arrivato a definire il lavoro dell’educatore come un “mestiere impossibile”, si è poi ritrova a fare un passo indietro constatando che la relazione con gli adulti di riferimento è ciò che fa la differenza. Ecco, nel corso di 35 anni di professionalità, Stripes ha cercato di accettare questa sfida, non con la presunzione di poterla gestire, ma con la curiosità di chi, attraverso tentativi ed esperimenti, è guidato dalla fiducia nelle relazioni. Da queste ultime, infatti, dipende l’educazione. Saper veicolare, sia a chi cresce sia a chi fa crescere, certezza, fiducia e un genuino senso di comunità.
Un’impresa di successo, tuttavia, non si limita a fornire ai propri stakeholders i mezzi per raggiungere i propri obiettivi, ma insieme a loro attua strategie collaborative che attivino processi di flourishing dell’azienda e delle persone che la abitano. Allo stesso modo, Stripes si è impegnata nel corso di questi 35 anni nella realizzazione delle potenzialità e in un attivo percorso di empowerment. Non si è limitata quindi a ridurre e prendersi cura degli aspetti negativi di alcuni contesti fisici e psicologici, ma è stata guidata dalla volontà di rendere lo spazio educativo un luogo di pienezza esperienziale: di soddisfazione, di coinvolgimento e di commistione tra realizzazione personale e lavorativa.
In questo senso, attraverso il proprio metodo Stripes coglie l’essenza di quella che Yves Clot chiama la «funzione psicologica del lavoro»[1], funzione che opera attraverso una cultura collaborativa, un’attività creativa e di natura identitaria in cui chi lavora può riconoscersi ed essere riconosciuto.
Da tale peculiarità del lavoro, deriva uno stile di gestione finalizzato al significato, allo scopo delle varie attività e focalizzato a costruire finestre di dialogo generativo tra lavoratori e utenti: da tale dialogo emergono anche le motivazioni più intime di ognuno. Tutto ciò costituisce la forza dell’agire comune, un agire che mette in pratica la famosa resilienza nel suo autentico senso: capacità di trarre forza ed insegnamenti di fronte alle avversità lucidamente riconosciute; e di servirsi di continui processi di autoconsapevolezza per risolvere le difficoltà e quindi per crescere.
Si tratta in fondo della forza della capacità educativa che, unendo expertise e saperi, coniuga tre competenze: sapere, saper fare e saper essere. Queste competenze costruiscono un ponte tra teoria e pratica, tra desideri e realtà; tra costante attenzione alla compliance (procedure normativamente indicate) e conoscenza delle best practice del settore. In una società in continua evoluzione, i cambiamenti vengono sperimentati insieme a chi nutre una necessità e, allo stesso modo, i desideri vengono elaborati insieme. Proprio l’entusiasmo del desiderare è ciò che si vuole trasmettere all’interno delle attività educative, progettandole per stimolare quella curiosità, creatività e autonomia che consentano ai futuri adulti di essere (fieramente) ostinati nei confronti dei propri sogni e, in particolare, di far parte di una fitta rete di comunità educanti. Stripes ha un’incrollabile fiducia in questa rete perché stima le connessioni che si creano come parti di un mosaico. Le tessere che lo compongono possono sembrare fragili, se viste singolarmente, ma non lo sono se guardate nel loro insieme. Ogni tessera di mosaico, ogni connessione – per uscir di metafora – è indispensabile e genera fiducia: la fiducia in un benessere possibile, in un risultato più grande della somma delle singole parti. Per esempio, la fiducia in una sostenibilità ambientale, tecnologica, culturale, riguardante la sicurezza o la salute. Sono le connessioni a generare sostenibilità ed è la sostenibilità a rendere migliore questo mondo: educarsi ed educare a questo vale allora l’impegno della vita.
L’impegno di Stripes dura da più di ¼ di secolo: non possiamo sapere cosa succederà domani, ma possiamo aver fiducia nel futuro. In quel metodo esplorativo che ha contribuito ad affiancare individui meno soli, famiglie meno isolate, una comunità più salda, dei valori che si moltiplicano e si autoalimentano e che quotidianamente indicano una direzione educativa.
Questo metodo si propone di accompagnare anche ogni lavoratore che entra a far parte della realtà cooperativa cui Stripes appartiene: di domanda a domanda, ogni professionalità può scoprirsi educativa, può cioè mettere a fuoco il modus operandi che dà quel “timbro” generativo desiderabile da tutte le competenze, non solo quelle educative. La formalizzazione di questo “timbro” è contenuta nel libro digitale “Sguardi 0-6, linee guida dei servizi educativi dell’infanzia”, che Stripes ha elaborato insieme ai ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si tratta di un testo che, pur specificatamente rivolgendosi al settore educativo della prima infanzia, descrive un metodo pedagogico valido per tutti: osservare, interrogarsi, ricercare, approfondire; in seguito proporre un intervento; infine rendicontare. Passare, appunto, di domanda in domanda… continuando a coltivare connessioni che facilitino il benessere di qualsiasi umana avventura, non solo delle imprese sociali.
In questo caso, che di benessere si tratti non c’è dubbio: in 35 anni di attività, Stripes è passata da 7 a 700 membri, tra soci, dipendenti e collaboratori. Una famiglia cooperativa che tiene sempre le finestre aperte e continua ad aggiungere posti a tavola…
[1] Yves Clot, La funzione psicologica del lavoro, 1999, PUF (Presses Universitaires de France).
Il “timbro” di Stripes Coop è una comunità educante che, di domanda in domanda, diventa sempre più grande. Con questo “timbro”, con questo metodo esplorativo, ogni professione (non solo quelle pedagogiche) può scoprirsi educativa. Umanamente e collettivamente generativa.
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