La storia siamo noi… ne sentiamo la responsabilità? Intervista a Paolo Colombo
Il 17 Novembre 2024, ad una TED conference di TEDxUNICATT[1], il professor Paolo Colombo (storico e ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche all’Università Cattolica di Milano; autore podcast per IlSole24oree Chora) ha raccontato di quando nel 1979, sotto indicazioni del governo in vigore, alcuni marinai italiani salvarono dopo un viaggio nell’oceano i profughi vietnamiti che stavano scappando dalla persecuzione del regime Vietcong. Iniziando la sua storia con “C’era una volta”, la platea ha fissato i propri occhi sul palco e si è immersa in una giornata del luglio del 1979. Chi ascoltava, io ero tra costoro, si è ritrovato come per incanto in mare, su un gommone, mentre guardava i medici e gli interpreti italiani porgere la mano a chi necessitava di cure e attenzioni. Il prof. Colombo ha raccontato così una storia potente: un’azione folle, umana e politica, che ha valicato i limiti dell’ordinario e distrutto i muri dell’indifferenza, risuonando oltre i pregiudizi e al di sopra delle porte serrate di ogni presunzione.
Professor Colombo, lei racconta la Storia avvicinandola alle persone grazie allo strumento della narrazione. Perché le storie (con la minuscola) ci fanno appassionare a quello che ascoltiamo e così anche alla Storia (con la maiuscola)?
Se succede, è sempre qualcosa di magico. Forse accade perché durante i primi anni di scuola ci abituano a studiare la Storia in maniera fortemente schematica: spesso una materia così interessante è ridotta ad un insieme di date, grandi condottieri e importanti battaglie.
Non che ciò non sia allo stesso modo affascinante, ma è riduttivo rispetto a quel che davvero la Storia è. Riscoprire, tutto ad un tratto, che ciò che è stato è ben altro, meraviglia ed illumina la mente di chi impara. Si comprende così che quel che è scritto sui libri è incarnato, prima di tutto, nell’esistenza delle persone e che ogni vicenda è un insieme intricato e complesso di emozioni, decisioni, idee e relazioni concrete e squisitamente umane. In questo modo è facile rendersi conto del fatto che ogni uomo, da solo, è nulla; che ogni rivoluzione necessita di ideologie e passioni.
E soprattutto che le idee, se condivise, possono davvero cambiare le cose.
Direi quindi che per appassionarsi di Storia, bisogna ritornare bambini e lasciarsi travolgere da quella arcaica e quasi ancestrale sete di racconto. Arrendersi a quella dimensione infantile in cui non si voleva altro che conoscere quel che è successo prima di noi, forse per decifrare meglio la nostra esistenza e cercare risposte alle domande più spontanee che ogni bambina e bambino custodisce.
Grazie alla dinamica del racconto – le neuroscienze ce lo confermano – ogni informazione è amplificata e si macchia di emozioni autentiche come un foglio fa con l’inchiostro. Allora, come spugne, noi fissiamo nella mente e nel cuore il ricordo di un sentimento significativo. La Storia diventa così un’intima memoria personale e, nello stesso tempo, un’universale esperienza comune.
Secondo Cicerone la storia è maestra di vita, mentre Montale sostiene che non sia affatto magistra. A chi dei due crede di più?
Cicerone avrà fatto sicuramente i suoi ragionamenti, la cui saggezza non si mette certo in discussione… mi viene tuttavia spesso da chiedermi a quale storia facesse riferimento.
Ironie a parte, se penso alla mia esperienza, rifletto sugli stimoli “di pace” che la mia generazione – quella etichettata con la lettera X[2] – ha ricevuto durante tutta la propria giovinezza e su come queste fiaccole di speranza abbiano poi dovuto fare i conti col mondo che ci circonda.
Alla domanda se, come società, siamo in grado di imparare da quel che ci succede, rispondo quindi sempre con un’altra domanda: guardandoci intorno, abbiamo l’impressione che la storia ci insegni qualcosa?
La risposta a tale riflessione ci impone di chiederci davvero se e come stiamo esercitando la responsabilità che abbiamo nei confronti del mondo che abitiamo.
Se, tra la mia generazione, risuonava il mantra per cui era sempre “colpa della società”, oggi, per evolverci come individui e come collettività, dovremmo forse domandarci come le nostre azioni avranno un impatto sulla Storia. Se in fondo – come cantava Francesco De Gregori – la storia siamo noi, noi siamo anche il tempo che si realizza in quel che ci ha dato da vivere: ciò che accade è quindi letteralmente “tutti Noi”. Sarebbe bene quindi chiedersi come vorremo rispondere ai nostri nipoti che ci chiederanno increduli: “tu sapevi quel che stava accadendo?”. Forse, dico io, sapendo di aver fatto, nel nostro piccolo, anche la nostra parte.
In quanto storico, credo quindi che il nostro mandato sia quello di raccontare e di diffondere informazioni su come sono andate le cose. Dall’altra parte, chi ascolta, può fare in modo che questo contenuto si trasformi in una riflessione profonda che, trascendendo i semplici limiti temporali, diventi davvero insegnamento per il futuro.
Se è vero che gli Under30 non sono interessati più alla politica, è anche vero che questa generazione è ad oggi la più scolarizzata di sempre[3]. Si può fare politica studiando storia?
Nel mondo delle idee si può fare tutto…e voi giovani – più di chiunque altro – dimostrate di poter fare davvero qualsiasi cosa.
Nonostante ciò, credo che ragionare di Storia e confrontarsi con essa, implichi senza dubbio un “risveglio” consistente di quel senso di responsabilità a cui accennavo prima. La presa di consapevolezza che consegue il contatto col sapere, ci pone davanti alla constatazione che ogni propria azione è politica.
Se è vero che il privato è politico e il politico è privato, studiare Storia e agire secondo i propri ideali è un’azione politica che dovrebbe riguardare tutti, soprattutto gli Under30, cioè i veri protagonisti del domani. La generazione di cui stiamo parlando è, come attestano i giornali, una porzione di popolazione che non si impegna in politica fino al punto di non andare a votare. Quando però questa generazione va a votare, parla spesso per generalizzazioni e capita che le scelte elettorali siano profondamente slegate da alcune importanti conoscenze storiche. È essenziale invece sapere da che origini arrivano alcuni attori protagonisti della nostra politica: non per far sì che i rappresentanti eletti siano dogmaticamente incatenati a queste origini, ma per compiere una scelta che sia autentica e prima di tutto consapevole.
Oltre che storico e scrittore, lei è anche professore di Storia delle istituzioni politiche alla Facoltà di Scienze Politiche e Sociali. Cosa più di tutto vorrebbe trasmettere ai suoi studenti?
Più di tutto vorrei cercare di trasmettere il senso di responsabilità. Se vogliamo chiamarlo diversamente: il senso civico che ci muove verso la volontà di fare la differenza in questo mondo, che ci permette di abbandonare una visione solipsistica e talvolta un po’ egocentrica, a favore di uno sguardo più globale. Quel senso critico è davvero utile per poter vivere nel mondo dell’oggi, perché si declina in tante capacità e attitudini dei ragazzi e delle ragazze che mi trovo davanti tra i banchi universitari. Non sono certo un pedagogista, ma da educatore di giovani adulti mi sento di dire che dentro il senso di responsabilità ci sia anche una gran dose di percezione di autonomia: in altre parole, la consapevolezza di potercela fare da soli e la grinta e spinta per iniziare a farlo.
Mi piacerebbe anche far comprendere ai ragazzi e alle ragazze il piacere di fare Storia, e più generalmente di fare attività intellettuale. È importante, infatti, che venga compresa l’immensa fortuna dietro a questo privilegio e che in un’età così piena di potenzialità si possa scoprire la vera bellezza del conoscere.
Infine, sarebbe bello che i giovani di oggi – per usare un’espressione inflazionata – riuscissero a ricavare dallo studio della Storia tasselli utili per la costruzione delle proprie idee e pareri sul domani. Sarebbe utile, e anche giusto, che creassero una loro visione: proprio quella visione che in qualche misura manca alle forze politiche odierne, spesso iper-focalizzate sulla dimensione presente. Attraverso lo studio della Storia, i nostri giovani possono costruirsi una direzione. Una bussola che li possa spronare a cambiare il mondo per il meglio, con in mano le coordinate di un futuro sperato e con incise, tra i ricordi, tutte le storie del passato.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
[1] TEDXUNICATT è uno dei numerosi programmi di eventi ispirati all’organizzazione statunitense no-profit TED. L’obiettivo di tutte queste iniziative locali, e anche del TEDX curato dagli studenti dell’Università Cattolica, è condividere “idee che meritano di essere diffuse” attraverso conferenze nelle quali ogni relatore, in massimo 18 minuti, racconti le proprie idee ad un pubblico protagonista nel dibattito. Le TED conference vengono sempre registrate e messe gratuitamente sul web, così da continuare e incentivare connessioni e confronti.
[2] La generazione X, che comprende gli individui nati circa tra il 1960 e il 1980.
[3] OCSE (2024), Education at a Glance 2024: OECD Indicators, OECD Publishing, Parigi.