Rubrica a cura di Federico Gaudimundo
Titolo: The Brutalist
Formato: lungometraggio – fiction
Genere: epico, drammatico
Produzione: USA
Anno: 2024
Regia: Brady Corbet
Durata: 215 minuti
Dove: cinema
Sinossi
È appena finita la guerra in Europa con tutto il carico di morti, sofferenze, dolori e atrocità. L’architetto ebreo Ungherese László Tóth, scampato ai campi di concentramento nazisti, emigra negli USA con la speranza di una nuova vita e di ricongiungersi prima o poi con sua moglie e sua nipote, rimaste in Europa.
Accolto dal cugino a Philadelphia che lo impiega nel proprio negozio di mobili, prova a costruirsi un futuro cimentandosi in piccoli progetti di design di interni, dove può esprimere la propria creatività e applicare l’estetica brutalista frutto delle influenze Bauhaus e delle sensibilità nate a seguito dall’esperienza devastante e disumanizzante dell’Olocausto.
Questi primi lavori gli procureranno tuttavia attriti con il cugino e la cognata cattolica ma anche nuove conoscenze: un senzatetto nero, con figlio a carico e il figlio del magnate Harrison, che gli commissiona la ristrutturazione dello studio della casa di famiglia. Da questa conoscenza inizierà l’epica storia di László Tóth e del suo lavoro negli Stati Uniti.
Pedagogika Point of view (PPOW)
Brady Corbet costruisce un film epico e ambiziosissimo per raccontarci – attraverso la vita, inventata, di László Tóth – la brutalità dei rapporti umani, di quanto il potere possa umiliare il talento e quanto il sogno americano sia un racconto idilliaco tra speranza e fustrazione, costellato in realtà di dolori, umiliazioni, sopraffazioni, capovolgendo come nel bellissimo piano sequenza iniziale, l’immagine che gli USA hanno costruito, raccontato e tramandato.
Il viaggio che lo spettatore intraprende nella visione di The Brutalist non è semplice, è impervio, pieno di storie e sotto storie, temi affrontati, svolte e inversioni a U, ricchissimo ma non sempre lineare.
Corbet ci dice, attraverso le parole di Toth che «Non conta il viaggio ma la meta», come nella realizzazione delle opere di architettura brutalista che lo renderanno famoso.
Dopo un viaggio di 3h e 30 minuti si giunge effettivamente a una meta che possiamo dire riuscita e affascinante nella sua grandiosità. Realizzato in 70mm Vistavision, è suddiviso in quattro sezioni: Overture, Part 1: The Enigma of Arrival, Part 2: The Hard Core of Beauty e Epilogue.
Questo grazie anche all’interpretazione di un Adrian Brody come sempre ispiratissimo e capace di restituire tutta la profondità e le sfaccettature di un personaggio molto complesso e ambivalente.
Vale la pena intraprendere questo viaggio e premiare il coraggio di un regista che si è misurato con un’opera forse più grande nelle intenzioni del risultato raggiunto: imperfetto ma pur sempre straordinario.