Gli stadi dello sviluppo del bambino: un paragone tra il pensiero presocratico e Piaget

Di ANTONINO PRINCI
Docente di ruolo in Filosofia e Scienze umane.

 

Il bambino presocratico: l’evoluzione del pensiero filosofico primitivo in parallelo con gli stadi di sviluppo del bambino in Piaget. Esempio di valorizzazione in chiave didattica di tale parallelismo.
I filosofi della natura consideravano la genesi come derivata da una trasmutazione di materia in materia (il fuoco dall’aria, per rarefazione, in Anassimene, e il mondo dall’acqua, per Talete – anche se quest’ultima ipotesi era già presente in gran parte della tradizione letteraria greca). I pluralisti pensavano invece a una struttura atomistica, determinata dal principio di conservazione. Sorprendentemente, tali processi di trasmutazione e di conservazione sono diffusamente evidenziati da Piaget quando descrive gli stadi dello sviluppo del bambino. Tale parallelismo riveste due funzioni interessanti: il primo, di pertinenza della psicologia dei processi culturali, è la possibilità di individuare e riflettere intorno a una forma di bios presente anche nei processi culturali; il secondo, di pertinenza della pedagogia e della didattica, è di analizzare tale parallelismo in chiave di apprendimento significativo, realizzando dunque nell’alunno la consapevolezza che egli è parte viva e integrante della storia umana del pensiero filosofico.

 

Stadi o periodi di sviluppo secondo Piaget, con particolare focus sul quinto stadio
Nel testo “Lo sviluppo mentale del bambino[1], Piaget individua sei periodi in cui appaiono e si sviluppano delle forme di organizzazione dell’attività mentale nei suoi aspetti motorio, intellettuale, affettivo e interindividuale. Egli li definisce “stadi” o “periodi” di sviluppo. Questi stadi sono sei, e sono i seguenti:

  • Stadio dei riflessi o meccanismi ereditari, delle prime tendenze istintive (alimentari) e delle prime emozioni.
  • Stadio delle prime abitudini motorie e delle prime percezioni organizzate, così come dei primi sentimenti differenziati.
  • Stadio dell’intelligenza senso-motoria o pratica, delle organizzazioni affettive elementari e delle prime fissazioni esterne dell’affettività. Questi tre primi stadi vanno dai 0 ai 2 anni di età.
  • Stadio dell’intelligenza intuitiva, dei sentimenti interindividuali spontanei e dei rapporti sociali di subordinazione all’adulto (dai due ai sette anni).
  • Stadio delle operazioni intellettuali concrete (inizio della logica) e dei sentimenti morali e sociali di cooperazione (dai sette agli undici-dodici anni).
  • Stadio delle operazioni intellettuali astratte, della formazione della personalità e dell’inserimento affettivo e intellettuale nel mondo degli adulti (adolescenza).

Lo stadio che più ci interessa ai fini della nostra riflessione è il quinto, e cioè lo stadio delle operazioni intellettuali concrete (inizio della logica) e dei sentimenti morali e sociali di cooperazione (dai sette agli undici-dodici anni). In questo stadio infatti si verificano nel soggetto una serie di adattamenti nella spiegazione dei rapporti causa-effetto. Il soggetto proviene da uno stadio in cui si è presumibilmente liberato dal pensiero egocentrico e comincia a operare attraverso una logica delle coordinazioni dei punti di vista altrui che, a livello morale, si traduce in un atteggiamento di maggiore cooperazione e autonomia. Gli strumenti che il soggetto pratica di più in questa fase sono pertanto l’operazione e la volontà. Ora, se nella fase precedente prevaleva l’animismo e l’artificialismo in cui la realtà era generata attraverso una costruzione antropomorfica e/o umana, in questa fase invece il soggetto chiama in causa altri elementi non legati a riferimenti antropomorfici. Facciamo un esempio, riprendendo quanto scrive Piaget: nella fase in cui prevale l’animismo, il bambino, davanti alla domanda su come nascano gli astri, dirà, per esempio, che il “sole è nato perché noi siamo nati”, e che “è cresciuto perché noi siamo cresciuti”. Nella fase successiva invece, sarà probabile che egli faccia affermazioni del tipo: “il sole e la luna sono usciti dalle nuvole”; “le nuvole sono fatte di fumo e aria”, “le pietre sono fatte di terra”[2]. Prevale dunque una casualità basata sulla trasmutazione. In altre parole, l’assimilazione egocentrica si trasforma in assimilazione razionale. In una fase successiva inoltre, tale assimilazione razionale diventerà ancora più raffinata, poiché ingloberà l’elemento atomistico nella descrizione della realtà. Piaget a questo proposito ricorre a un esempio molto chiaro[3]: si pongano due bicchieri riempiti per tre quarti di acqua davanti al bambino. Si immergano due zollette di zucchero in uno dei due bicchieri e si pesi poi il bicchiere, in modo da dimostrare e far vedere al bambino che il bicchiere con lo zucchero pesa di più e il suo livello si è alzato. Dopo si chieda al bambino che ne è dello zucchero disciolto nell’acqua; se il peso tornerà uguale o rimarrà maggiore del peso del bicchiere con l’acqua pura e se il livello di acqua nel bicchiere zuccherato salirà o scenderà. Infine, si chieda la ragione di tutte queste risposte. Secondo Piaget, si verificherà a questo punto una netta distinzione delle risposte in base all’età. I bimbi sotto i sette anni risponderanno che lo zucchero non esiste più (egocentrismo: ciò che esiste o non esiste è solo ciò che il bimbo vede o non vede). I bambini sopra i sette anni affermeranno che lo zucchero permane, ma si trasforma in acqua o in “sciroppo” (trasmutazione). I più grandi affermeranno infine che la zolletta è ancora presente, ma disciolta in “briciole” sempre più piccole (atomismo). Il fatto che il soggetto riesca a passare da una spiegazione egocentrica a una trasmutativa e, infine, a una atomica, è un passaggio fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza infantile, ed è dovuto, secondo Piaget, alla nascita del concetto di conservazione, a sua volta retto dal principio di reversibilità. Cioè è soltanto riconoscendo una reversibilità di fondo tra le parti che compongono un oggetto e l’oggetto stesso che il bambino riesce a risolvere il ragionamento intorno al destino della zolletta di zucchero. In una fase precedente a quella atomica, la zolletta si trasformava in un’altra cosa mentre in una fase ancora più primitiva la zolletta, semplicemente, smetteva di esistere: il concetto di conservazione e il principio di reversibilità erano dunque assenti. Inoltre, nel descrivere le trasformazioni in atto nell’intelligenza del bambino in seno al quinto stadio, Piaget fa degli interessanti parallelismi con alcuni concetti filosofici, accennando all’ipotesi che, allo stesso modo della genesi del pensiero logico nell’individuo, anche il pensiero filosofico, quindi il pensiero logico storicizzato e collettivo abbia seguìto lo stesso percorso. Suoi sono dunque due ulteriori interessanti paralleli. Il primo, è quello tra la logica della trasmutazione e il concetto di ilozoismo nella scuola dei presocratici di Mileto[4]. Il secondo è quello tra l’atomismo filosofico, anch’esso di tradizione genericamente presocratica, e l’atomismo come acquisizione logica nell’adolescente[5]. Facciamo un veloce excursus sulle due teorie filosofiche, chiaramente limitato e sintetico agli spazi concessi da questo lavoro.

 

Parallelo con alcuni temi di filosofia inseriti nelle “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali
Le Indicazioni nazionali, in relazione ai programmi di filosofia, oltre a suggerire l’insegnamento del lessico specifico, propongono lo studio dei filosofi presocratici come propedeutico allo studio dei filosofi classici “maggiori”. Nel documento c’è infatti scritto: “Nell’ambito della filosofia antica imprescindibile sarà la trattazione di Socrate, Platone e Aristotele. Alla migliore comprensione di questi autori gioverà la conoscenza della indagine dei filosofi presocratici e della sofistica.”[6] Ora, i filoni della filosofia presocratica in senso stretto, secondo la bibliografia scolastica più diffusa[7], sono cinque:

  • gli ionici della scuola di Mileto
  • i pitagorici
  • gli eraclitei
  • gli eleatici
  • i pluralisti

I sofisti vengono considerati in alcune indagini come in opposizione a Socrate (sono quei casi in cui si privilegia un criterio cronologico) oppure come facenti parti del grande insieme delle correnti presocratiche (in quei casi in cui si privilegia un aspetto più legato all’organizzazione argomentativa). In ogni caso, ciò che in questa sede ci interessa è accennare ad alcuni elementi basici della scuola di Mileto e dei pluralisti. I primi filosofi della natura tentavano di fornire spiegazioni del mondo in ordine soprattutto a un principio di energia vitale che muoveva la sostanza naturale. Tale principio, con le dovute differenze, era identificato nell’acqua in Talete o nell’aria in Anassimene. Per il primo l’acqua, oltre che motore di creazione, era anche principio presente nella materia sotto la specie dell’umidità. Per il secondo l’aria, oltre che respiro del mondo, era anche elemento che determinava la trasformazione della materia attraverso i principi di rarefazione e condensazione. Era dunque una visione ilozoistica della genesi e del divenire del cosmo, cioè una visione in cui la materia era concepita come una forza dinamica vivente animata in se stessa. Il termine infatti non indica altro che la vita della materia, o materia vitale (in greco ùle: «materia»; e zoè: «vita»). Tale visione ilozoistica (che peraltro non era comune a tutti i presocratici, ma soltanto ai filosofi della natura), costituisce una forma storicizzata e collettiva di una delle configurazioni cognitive più evidenti e strutturate nel fanciullo nel quarto stadio della sua evoluzione cognitiva, e cioè il concetto di animismo infantile[8].  Ma vi è di più, e cioè vi è un elemento estremamente interessante che lega questo pensiero apparentemente individuale (ma che riguarda però ogni bambino nel corso dei secoli e dei millenni) e questo approccio filosofico così intrinsecamente animistico, e cioè il concetto di trasmutazione nel bambino, di cui si parlava nel paragrafo precedente. I filosofi della natura consideravano la genesi come appunto derivata da una trasmutazione di materia in materia (il fuoco dall’aria, per rarefazione, in Anassimene, e il mondo dall’acqua, per Talete – anche se quest’ultima ipotesi era già presente in Omero e in gran parte della tradizione letteraria greca, di cui forse Talete si fece in qualche modo diffusore e interprete filosofico), quasi generalizzando, inconsciamente, diremmo oggi, un approccio cognitivo in termini sociali e culturali. E allora sembra quasi che la riflessione del bambino (“il sole e la luna sono dei piccoli pezzetti di nuvola incendiatisi e poi cresciuti”[9], ci riferisce Piaget) possa trovare casa tra i frammenti presocratici (“la luna riceve luce dal sole e il modo in cui subisce l’eclissi. – Secondo Anassimene la luna è ignea”)[10]. Il parallelismo si fa ancora più interessante quando si parla dei filosofi pluralisti. Democrito, Empedocle, Anassagora riducevano la realtà ad atomi o semi, e così fa il giovane soggetto, applicando il principio di conservazione e di identità sottostante alle fasi che, insieme, daranno il via e presiederanno allo stadio delle operazioni logiche astratte. Altro parallelismo tra una visione astratta, culturale, storicizzata e una operazione individuale e, nel contempo, umanissima e ordinaria. In particolare, il pensiero atomistico, se così possiamo definirlo, impone all’adolescente una serie di sotto-operazioni: scomposizione, unificazione, segmentazione, divisione. Allo stesso modo del movimento degli atomi di cui ci narrano i nostri filosofi, che procedono per concentrazione o per allontanamento. Quindi abbiamo evidenziato un’affinità di procedure logiche e operative che ci consentono di farne materia di apprendimento; cioè, in altri termini, queste analogie possono essere spese in modo da favorire l’apprendimento delle citate teorie filosofiche da parte degli studenti in un contesto didattico. Per fare ciò però, occorre prima riferirci a una teoria pedagogica capace di fornire un buon sostegno teorico. L’abbiamo individuata in alcuni concetti costitutivi della Teoria dell’apprendimento significativo di David Ausubel.

 

Focus sul concetto di apprendimento significativo in D. Ausubel
Esistono due modalità attraverso cui l’informazione giunge all’allievo, entrambe talmente intuitive da non esigere una parafrasi esplicativa. La prima modalità è per ricezione, la seconda è per scoperta. Queste due modalità di relazione con l’informazione riguardano un primo stadio, che è appunto quello del contatto iniziale con l’informazione. Vi è però un secondo stadio, che è quello dell’incorporazione. Anche quest’ultima può avvenire in maniera meccanica, semplicemente introducendo un nuovo contenuto acriticamente, oppure può avvenire in maniera significativa, cioè attivando le nuove conoscenze su quelle precedenti. In questo secondo caso le nuove informazioni si legano alle precedenti in un reticolo coerente con associazioni mentali, immagini, simboli che già abitano la mente del soggetto. La nuova informazione dunque trova casa in una mente già abitata da tali conoscenze pregresse e con esse si integra, o per così dire, si accomoda in un processo di assimilazione e, appunto, accomodamento, di derivazione piagetiana. Pertanto, per Ausubel le conoscenze pregresse sono il più importante punto di forza che il soggetto ha per apprendere[11]. Il significato principale che un’informazione deve avere perché possa definitivamente accomodarsi nella mente dell’allievo deve derivare da condizioni generali di significatività valide per una comunità culturale. Si ha pieno apprendimento significativo, secondo A., quando il significato, da logico, diventa psicologico. Dal punto di vista didattico, l’insegnante ha il compito di agevolare l’apprendimento significativo attraverso il ricorso a “organizzatori”, cioè materiali che fungono da riferimento per poi strutturare il nuovo contenuto. Queste ipotesi, qui definite in maniera molto generale, costituiscono lo sfondo teorico sul quale a nostro avviso sarebbe possibile dimostrare come l’insegnamento della filosofia è probabilmente quello più attuabile in termini ausubeliani, soprattutto se torniamo a riferirci emblematicamente ai parallelismi tra il pensiero animistico (conoscenza pregressa di ordine psicologico e parzialmente inconscio) e nuova informazione culturale e “nozionistica” (teorie filosofiche presocratiche). Il modo in cui la teoria filosofica si accomoda in una struttura psichica precedentemente dominata da uno stadio in cui la trasmutazione animistica faceva da padrona di casa è un evidente esempio di assimilazione e accomodamento dell’informazione secondo la prospettiva di Ausubel. In base a tale approccio, definiremo adesso un esempio di lezione per una classe del liceo di Scienze umane che si trovi ad affrontare alcune parti del pensiero presocratico durante il corso di filosofia.

 

Simulazione di una lezione di filosofia con focus su alcune teorie dei presocratici in una classe terza di un Liceo linguistico
Abbiamo ipotizzato una classe di un Liceo linguistico, al terzo anno.  Abbiamo articolato la lezione secondo i seguenti passaggi: prerequisiti; collocazione dell’argomento nella struttura curriculare; obiettivi specifici di apprendimento; strumenti didattici e controllo degli apprendimenti. Ovviamente a noi interessano soprattutto i prerequisiti e gli strumenti didattici perché è in queste due fasi che entrano in gioco gli argomenti di cui ci siamo occupati nelle pagine precedenti.

  • Prerequisiti: la costituzione dei prerequisiti ideali per lo studio della filosofia presocratica, in particolare della componente legata alla filosofia della natura e degli atomi, è stato il tema che abbiamo affrontato fino a questo momento. Gli studenti avranno già acquisito le abilità logiche e deduttive necessarie a comprendere l’argomento, attraverso le inconsce acquisizioni dei concetti di conservazione e trasmutazione. Si tratterà a questo punto di esplicitarle nell’ambito degli obiettivi specifici di apprendimento, in modo da trasferirli in una rete di abilità e competenze. Gli studenti ovviamente dovranno già avere, come prerequisiti legati alla disciplina, delle conoscenze sul lessico filosofico e sul panorama delle diverse scuole presocratiche, dovranno già conoscere il contesto socioculturale di riferimento e padroneggiare un minimo di lessico filosofico. Ma in questo caso è fondamentale che venga loro esplicitato il precedente nesso da loro stabilito nello stadio infantile: bisogna che gli studenti attivino il prerequisito-base di questo apprendimento, e cioè ricordino i modi attraverso cui spiegavano il mondo. Anziché riferirsi alle modalità di attivazione “storicizzate”, gli studenti devono attivare un contatto psicologico con l’argomento. Questo consente loro di attivare dei prerequisiti robusti che consentano di realizzare quella forma di apprendimento significativo di cui si parlava in precedenza. Questa fase è fondamentale e non può essere esaurita spiegando loro solo il contesto storico e filosofico e alcuni termini filosofici.
  • Collocazione nella struttura curricolare: lezione articolata in quattro ore[12]. Il tema di fondo è il passaggio dal primitivismo cosmologico alla maturità del pensiero razionale, ed è un concetto che dovrà essere articolato in più lezioni e che avrà come punto di arrivo lo studio di Platone e Aristotele. In questa lezione pertanto noi ci occuperemo solo della prima parte, cioè quella che si limita a illustrare le principali teorie e i principali esponenti del pensiero presocratico.
  • Obiettivi specifici di apprendimento: in questo caso ci riferiamo a quanto suggerito dal MIUR nelle “Indicazioni nazionali” in relazione all’insegnamento della Filosofia: “(…) lo studente dovrà acquisire famigliarità con la specificità del sapere filosofico apprendendone il lessico fondamentale, imparando a comprendere e ad esporre in modo organico le idee e i sistemi di pensiero oggetto di studio.” In particolare, a noi interessa questa specifica competenza: “Lo studente è in grado di utilizzare il lessico e le categorie specifiche della disciplina, di contestualizzare le questioni filosofiche e i diversi campi conoscitivi, di comprendere le radici concettuali e filosofiche delle principali correnti e dei principali problemi della cultura contemporanea, di individuare i nessi tra la filosofia e le altre discipline.” Necessario è anche insistere sull’importanza dell’ascolto di punti di vista diversi come base della dialettica filosofica e insistere sull’aspetto “metaculturale” dell’approccio filosofico studiato. Per questo motivo, tra i riferimenti didattici di questa lezione, va citato anche il quadro delle competenze chiave delineate dalla Raccomandazione del Consiglio europeo del 22 maggio 2018, in particolare due competenze: la prima è la competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare e la seconda è la competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali[13]. Entrambe hanno un ruolo di importanza strategica in una classe multiculturale. La consapevolezza che alcune strutture cognitive (ripetiamolo ancora: basate su trasmutazione e conservazione) sono uguali a prescindere dalla cultura di appartenenza è un concetto che ha un forte potere unificante. Inoltre, la giusta esplicazione di questi concetti in un preciso quadro culturale e storico, ma anche personale, è a nostro avviso un ottimo viatico per raggiungere le competenze elencate sopra. Certo, va chiarito che vi sono conoscenze e vi sono anche abilità. Per fare un esempio: conoscere il pensiero di Talete significa sviluppare diverse abilità. Ne elenchiamo alcune: interpretare i testi originali, eventualmente, e visto che siamo in un Liceo linguistico, operando o mostrando delle brevissime traduzioni dei frammenti più brevi; imparare a discutere, difendendo il proprio punto di vista ma sottoponendolo al vaglio di un interlocutore autorevole; imparare la reciprocità: un soggetto è esaminato e esamina allo stesso momento. Raffinare la propria capacità di osservare la realtà. E soprattutto, socraticamente, conoscere sé stessi.
  • Mediazione didattica e struttura della lezione: la lezione si svolgerà usando le metodologie didattiche più utili a far interagire gli studenti ciascuno secondo le loro possibilità. Quindi filmati o resoconti audio insieme a testi scritti.

La struttura della lezione sarà segmentata nel seguente modo:
30′: innesto della curiosità negli studenti, ponendo a loro domande sulle credenze più bizzarre della loro infanzia. Da qui, esplicitazione del concetto di ilozoismo e di trasmutazione.
60′: le dottrine presocratiche: i cinque percorsi di pensiero principali. In questa fase, saranno utili filmati, ma anche la lettura di un frammento per ciascuna corrente. Parmenide, i pitagorici, Talete, Eraclito, Democrito ed eventualmente i sofisti. Utile è anche l’invito dato ai ragazzi a prendere appunti in funzione di un compito che poi verrà loro assegnato, oltre ai consueti strumenti dispensativi o compensativi nel caso di DSA – ma l’elemento inclusivo è già naturalmenteprevisto.
30′: esercizio: trova la tua cosmogonia. Prova a ricostruire il modo in cui pensavi fosse costruito il mondo durante la tua infanzia. Se fai fatica a ricordarlo, usa l’immaginazione e costruisci la tua cosmogonia immaginaria.
Verrà assegnato agli studenti un compito. I ragazzi verranno divisi in tanti gruppi quanti sono i filoni di indagine dei presocratici e verrà assegnato a ciascun gruppo una sorta di reportage giornalistico sottoforma di intervista a ciascun filosofo. Gli studenti dovranno esercitarsi a fare tante domande quanti sono i componenti del gruppo a ciascun filosofo e ciascuno studente dovrà poi illustrarle in classe. I ragazzi, in fase di costituzione dei gruppi, saranno liberi di scegliere a quale filosofo/scuola filosofica vogliono “aderire”.

Lezione successiva.
1 h: lettura e commento, sottoforma di dibattito, delle ricerche dei ragazzi. In questa fase l’insegnante si pone come moderatore e organizzatore, ma non entra in merito ai contenuti, lasciando che siano i ragazzi a “difendere/contestare” le proprie o altrui teorie.
1 h: l’insegnante “tira le fila” del discorso. Nei primi trenta minuti, partendo dal commento sulle ricerche fatte, evidenzia i punti di forza e di debolezza dell’indagine svolta dai ragazzi, partendo dai concetti principali relativi alle scuole studiate e fissando ancora una volta i concetti fondamentali. Nella seconda parte rivolge agli studenti la stessa risposta dell’inizio, ma basandola sull’attualità: quali sono le vostre concezioni del mondo? Sarà una discussione funzionale a far definitivamente prendere coscienza ai ragazzi delle differenze tra le loro cosmologie infantili e quelle attuali, e, quindi, dell’effettivo cambiamento che la filosofia produce in termini di accrescimento della propria conoscenza.

  • Controllo degli apprendimenti: le riflessioni che ogni studente farà in merito alle proprie cosmogonie, e che l’insegnante poi leggerà e confronterà con le cosmogonie di riferimento, costituiranno il primo processo di valutazione (che ovviamente non ha come scopo la valutazione delle competenze, ma l’approccio che lo studente ha avuto nei confronti del tema trattato). Il reportage costituirà invece uno strumento di valutazione delle competenze.

 

Conclusioni
La nostra brevissima riflessione è dunque giunta alla fine. Eravamo partiti da due scopi, e cioè illustrare e dimostrare in che modo alcuni elementi tipici della riflessione di Jean Piaget sullo sviluppo mentale del bambino abbiano una diretta relazione con forme di pensiero primitivo culturalmente definite e in che modo tali relazioni costituiscano delle pre-conoscenze attivabili in sede di apprendimento significativo una volta che siano didatticamente strutturate. Siamo dunque approdati a un’indagine (lo ripetiamo ancora una volta: fortemente limitata, giocoforza) che vorrebbe restituire un quadro un po’ più strutturato rispetto all’azzardo che Piaget ci ha distrattamente fornito. Azzardo che suona quasi come un invito a intraprendere una via di ricerca: egli infatti reitera insistentemente alcune riflessioni sulle corrispondenze tra il pensiero primitivo infantile e il pensiero cosmologico dei filosofi della natura, segno che l’argomento in qualche modo era pur degno di attenzione, o quantomeno era ben presente nella sua mente[14]. Bisognerebbe senza dubbio approfondire altri filoni di ricerca sulle corrispondenze tra pensiero mitico e primitivismo infantile. Gli studi di mitologia e di storiografia mitologica, come anche gli studi psicanalitici sull’evoluzione infantile e la sociologia della letteratura per l’infanzia sono solo alcuni esempi dell’infinita messe di argomenti che potrebbe portare contributi nuovi e interessanti su questo tema, aprendo nuove prospettive di ricerca sulle relazioni tra evoluzione culturale e sviluppo cognitivo in un determinato contesto storicamente definito. Vero è che in questa sede ci interessava valutare e circoscrivere alcune corrispondenze ai fini della bontà didattica di un argomento, ovvero ai fini della riuscita di un apprendimento “felice” in relazione al contenuto di un argomento in generale considerato “astratto”. Ma c’è anche uno scopo critico in questa nostra riflessione, che è il seguente: oggi molte proposte di didattica degli insegnamenti nelle scuole secondarie sembrano funzionali a “sbalordire” lo studente in modo da ingaggiarlo in una forma di apprendimento che spesso altro non è che un “intrattenimento mascherato”, quasi come se l’insegnante e la scuola debbano allestire una “messinscena” in grado di divertire l’alunno. Tale dinamica avvicina la figura dell’alunno a quella dello spettatore e risente forse troppo di un approccio massmediatico che oramai la nostra cultura ha introiettato. Piuttosto, lo scopo di una didattica efficace dovrebbe essere quello di provocare meraviglia nell’allievo. Nel caso da noi ipotizzato, egli prende coscienza del fatto che, in ultima analisi, l’oggetto del suo studio è egli stesso. L’insegnante di Filosofia e Scienze Umane, in questo percorso, non deve essere un alchimista della parola in cerca della formula giusta che catturi l’attenzione dei discenti; piuttosto, egli dovrebbe essere un facilitatore, una figura che traccia un percorso fatto di acquisizione di competenze, abilità, ma anche di conoscenze di ordine umano, in perfetta sintonia con l’oggetto della disciplina che insegna.
In definitiva, si realizzerebbe così quella buona pratica che rende proficua la dinamica tutta buberiana e dialogica di reciprocità all’interno della comunità-classe.

 

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
–   Abbagnano N., Fornero G. (2013), L’ideale e il reale, corso di storia della filosofia, Milano, Pearson.
– Ausubel D (1987), Educazione e processi cognitivi. Guida psicologica per gli insegnanti, Milano, F. Angeli.
–  Cambi, F. (2003), Manuale di storia della pedagogia, Bari, Laterza.
–  Mameli, C, Molinari (2015), Gestire la classe, Bologna, Il Mulino.
– Mazzoni, G., (2016) I processi cognitivi nell’apprendimento scolastico, Roma, Carocci.
–  Piaget, J. (2000, 1a ed. 1964), Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Torino, Einaudi.
–  Piaget, J., Inhelder, B. (20001, 1a ed. 1960), La psicologia del bambino, Torino, Einaudi.
–  Reale, G. a cura di (3a edizione riveduta e corretta, 2008), I presocratici: prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e dei frammenti nella raccolta di Hermann Diels e Walther Kranz (3. ed. riveduta e corretta, 2008). Milano, Bompiani.
–  Ruffaldi, E. (1999). Insegnare la filosofia, Firenze, La Nuova Italia.

NOTE BIBLIOGRAFICHE
[1]     Titolo originale: “Six études de Psychologie”, Gonthier, Parigi, 1964. In questa sede facciamo riferimento all’edizione italiana riedita da Einaudi nel 2000 e pubblicata in Italia nel 1967.
[2]     Ib. pag. 50.
[3]     Ib. pp. 51-52
[4]     Ib., pag. 50: “Quando non si pensa più che i corpi crescano come gli esseri viventi queste filiazioni appaiono al bambino non più come processi di ordine biologico, ma come delle trasmutazioni vere e proprie. Facile vedere la parentela di questi fatti con le esplicazioni riduzionistiche della materia che erano in onore nella scuola di Mileto (anche se la “natura” o la physis delle cose per questi filosofi era una sorta di crescita e il loro “ilozoismo” non era molto lontano dall”animismo infantile)”.
[5]     Ib., pag. 51: “Per estendere il nostro paragone ci si ricordi che i greci hanno inventato l’atomismo subito dopo avere speculato sulla trasmutazione delle sostanze, e si noti in particolare che il primo degli atomisti è stato senza dubbio Pitagora, che concepiva la composizione dei corpi sulla base di numeri materiali, o punti discontinui della sostanza”.
[6]     Decreto Interministeriale 211 del 7 ottobre 2010, “Regolamento recante indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui all’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, in relazione all’articolo 2, commi 1 e 3, del medesimo regolamento”. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2010, n. 291, S.O.
[7]     Abbiamo consultato diverse edizioni di corsi di storia della filosofia, fino a identificare nel classico di N. Abbagnano e G. Fornero “L’ideale e il reale, corso di storia della filosofia”, Milano, Pearson 2013, il testo che sintetizza gran parte gli approcci storiografici in materia.
[8]     Ci sembra utile inserire una nota chiarificatrice importante. In questo caso ci riferiamo al quarto grado di sviluppo, mentre in precedenza ci riferivamo al quinto. Ebbene, non si tratta di un errore: il riferimento a uno stadio precedente rispetto a quello analizzato obbedisce alle stesse indicazioni di Piaget, che più volte chiarisce come “ogni periodo di sviluppo giustifica in parte i successivi”. In altre parole, avremmo commesso un grave errore metodologico a occuparci solo di uno stadio trascurando i contributi che gli stadi precedenti hanno portato alla sua strutturazione. Quindi, elementi che hanno la loro massima fioritura nello stadio da noi preso in esame hanno la loro genesi in uno stadio precedente. Ecco come di giustifica questo riferimento al quarto stadio.
[9]     Ib. pag. 50.
[10]   Reale, G. a cura di, “I presocratici: prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e dei frammenti nella raccolta di Hermann Diels e Walther Kranz” (3. ed. riveduta e corretta, 2008). Milano, Bompiani. Anassimene, Frammento 16. Ma si legga anche il frammento 14: “Anassimene considerava le stelle di natura ignea, ma <riteneva> che questo fuoco interessi anche alcuni corpi di natura terrosa che sono trasportati insieme a esse, e che non sono visibili – Anassimene era convinto che gli astri fossero conflitti come chiodi <nel cielo> che è simile a ghiaccio. Altri, che fossero foglie somiglianti a pitture”.
[11]   David Ausubel, Educazione e processi cognitivi. Guida psicologica per gli insegnanti, Milano, Franco Angeli, pag. 147 e tabella a pag. 156. Significativo ed emblematico del senso di questo articolo è anche il celebre epigramma iniziale che accompagna la dedica: “Se dovessi condensare in un unico principio l’intera psicologia dell’educazione, direi che il singolo fattore più importante che influenza l’apprendimento sono le conoscenze che lo studente già possiede. Accertate e comportatevi nel vostro insegnamento in conformità a questo principio”.
[12]   Il monte ore settimanale attualmente è di due ore a settimana, quindi in questo caso il rischio potrebbe essere quello di spezzare eccessivamente l’argomento o di sbilanciare il programma verso un determinato tema sacrificando altri, altrettanto importanti. Si potrebbe tuttavia provare a ridurre alcuni passaggi per rientrare nel limite delle ore previste ma in questo caso non ci è sembrato opportuno “cronometrare” nei minimi dettagli la lezione quanto offrire una proposta di percorso didattico che possa poi essere gestita flessibilmente dall’insegnante secondo i tempi imposti caso per caso. D’altronde, ci sarebbero fondate ragioni per trasformare questa lezione in una UDA semplice, quindi ampliandola in un numero maggiore di ore rendendola interdisciplinare e coinvolgendo per esempio la disciplina di Scienze naturali.
[13]   “Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente”, documento tratto dal sito https://eur-lex.europa.eu/content/welcome/about.html
[14]   Oltre alle note citate, riteniamo sia il caso di riportare la seguente, presente a pagina 35 del testo di Piaget al quale ci siamo affidati in questo articolo: “Noi non crediamo d’altra parte che queste possibili somiglianze fra il pensiero del bambino e quello dei primitivi (e vedremo più tardi anche con la fisica greca) siano dovute a una qualsiasi eredità: la permanenza delle leggi dello sviluppo mentale basta a spiegare queste convergenze, e poiché tutti gli uomini, compresi i “primitivi” hanno cominciato con l’essere bambini, il pensiero del bambino precede quello dei nostri lontani avi, così come ha preceduto il nostro”.