Quanti femminicidi ancora…? Cosa possiamo fare?

A cura della Redazione

Da gennaio ad aprile 2025, già 11 sono stati i femminicidi: di questi, gli ultimi 5 sono avvenuti da marzo all’inizio di aprile, in poco più di tre settimane[1]. Nel 2024 erano stati 113[2], quasi tutti compiuti in ambito domestico o pseudo affettivo.

Uccise da compagni, mariti, ex partner, o pretendenti; strangolate o accoltellate: tutte queste donne sono state vittime di un’efferatezza che fa sempre più paura. Da dove nasce tale inarrestabile strazio? Visti i numeri, sembra trattarsi di una vera e propria pestilenza. Dobbiamo arrivare al punto di chiuderci in casa (e neanche questo evidentemente basta)? Dobbiamo dotarci di strumenti di difesa personale da portarci sempre addosso? Dobbiamo forse assumere investigatori privati che verifichino i comportamenti abituali delle persone che frequentiamo? O dobbiamo iscriverci a corsi accelerati di psicologia, per cercare di inquadrare clinicamente i nostri interlocutori?

Non solo. Perché neanche gli inasprimenti delle pene sembrano avere un effetto deterrente? Il 23 novembre 2023, 12 giorni dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, è stata adottata una nuova legge (n.923/2023) che ha potenziato le misure cautelari sui reati di violenza di genere, in particolare anticipando la soglia della tutela penale e assicurando i tempi dei procedimenti legali. Eppure, da allora, l’abisso non si è fermato. L’8 marzo 2025, appena prima degli ultimi 5 delitti che hanno listato a lutto la cronaca, è stato approvato un disegno di legge che introduce nel Codice Penale (all’articolo 577 bis) il femminicidio come reato autonomo (non più come aggravante) dichiarandolo punibile con l’ergastolo. Eppure, neanche questo ha intimidito gli assassini.

Serve ancora di più. Serve una svolta epocale. Serve un’educazione rivoluzionaria: capace di identificare e correggere, fin dalle sue prime manifestazioni, qualsiasi comportamento di possesso prepotente. Serve un’educazione – familiare, scolastica e sociale – che non sottovaluti niente: nessuna emozione detta o taciuta, nessuna reattività istintiva, nessun trauma, nessuna domanda esistenziale. Servono più luoghi, domestici o pubblici, in cui le ragazze e i ragazzi di oggi si sentano incoraggiati ad aprire cuore e mente; in cui possano ricevere esempi di vita, più che prediche morali. Serve inoltre che gli adulti – familiari ed educatori – abbiano più consapevolezza degli strumenti di comunicazione giovanile, così da usare anche quelli per esplorare (e proteggere se serve) il loro mondo.

Serve tanto tempo per fare tutto questo. Serve forse che tutte e tutti noi, da adesso, si decida di dedicare più tempo alle relazioni con i nostri giovani, fin da quando sono bambine e bambini. Un tempo certamente qualitativo, ma anche quantitativo. Il tempo, infatti, è la condizione di ogni trasformazione e di ogni mutamento, perfino di quelli più difficili. La magia, che migliora le cose con uno schiocco di dita, purtroppo non ci appartiene.

Come ha sottolineato lo psichiatra Paolo Crepet (intervistato sul Corriere della Sera il 3 aprile 2025 da Roberta Scorranese): «Chiediamoci tutti quanto è durata l’ultima cena che abbiamo fatto insieme a nostro figlio o a nostra figlia. Tredici minuti? E magari con lo smartphone acceso? Fare domande profonde richiede coraggio, anche quello di sentirsi rispondere con riluttanza, ma fa parte del gioco: saperli ascoltare vuol dire mettersi in gioco ogni giorno. Creare spazio affinché si stabilisca una connessione. Il non ascolto crea morte di per sé».

Dunque, diamoci da fare.

 

 

 

NOTE BIBLIOGRAFICHE
[1] 13 marzo, Chignolo Po (Pavia): Sabrina Baldini Paleni – 56 anni – operatrice sanitaria in una Rsa del Lodigiano, è stata strozzata in casa dal compagno Franco Pettineo, autista e fratello del precedente marito della donna.
21 marzo, Napoli: Ruslana Chornenka – 46 anni, originaria dell’Ucraina – è stata uccisa con un corpo contundente dal marito Ivan Chornenhyy, che poi si è tolto la vita impiccandosi nel bagno dell’abitazione.
26 marzo, Spoleto: Laura Papadia – 36 anni – è stata strangolata dal marito Nicola Gianluca Romita, agente di commercio di 47 anni. L’uomo è stato bloccato nei pressi del ponte delle Torri di Spoleto, da cui minacciava di gettarsi nel vuoto.
31 marzo, Misilmeri (Palermo): Sara Campanella – studentessa di 22 anni – è stata uccisa in strada da una coltellata alla giugulare sferrata dal pretendente Stefano Argentino, ventisettenne e anche lui studente universitario, che da due anni non si rassegnava ad essere respinto. La sua fuga dopo l’omicidio è durata poche ore.
2 aprile, RomaIlaria Sula – studentessa di 22 anni scomparsa il 25 marzo – viene ritrovata cadavere in fondo a un dirupo nei pressi di Poli. L’ex fidanzato Mark Samson (ventitreenne e neolaureato in architettura) l’ha accoltellata nella propria abitazione e, dopo averla chiusa in una valigia e gettata da un dirupo, si è costituito. La madre dell’assassino ha poi confessato di aver aiutato il figlio a pulire le tracce di sangue prima di sbarazzarsi del cadavere.

[2] https://www.interno.gov.it/it/stampa-e-comunicazione/dati-e-statistiche/omicidi-volontari-e-violenza-genere