25 APRILE: di tante liberazioni abbiamo ancora bisogno

A cura della Redazione

La Festa della Liberazione celebrata il 25 aprile – e nel 2025 giunta all’80° anniversario – continua a toccare le corde della sensibilità civile. Quanto più le circostanze storiche, come quelle attuali, sono minacciate dalla guerra, tanto più questo giorno diventa occasione di memoria. A partire dall’ideologia nazifascista all’origine della Seconda guerra mondiale, si tratta di non dimenticare la follia di ogni ideologia, cioè di ogni sistema concettuale che si traduca in una politica di violenza, di crudeltà e di persecuzione. E si tratta anche di festeggiare, di gioire insieme per il contesto democratico in cui abbiamo la fortuna di vivere.

È ciò che, tra le altre cose, il compianto Papa Francesco ha instancabilmente testimoniato nel suo ministero, toccando così il cuore di uomini e donne di ogni provenienza e convinzione.
Tutte le guerre, nel loro fondo, nascono da un’ideologia e per questo la Festa della Liberazione è ancora da celebrare: abbiamo bisogno di ricordarci che la libertà è il bene più grande e che qualcuno, sacrificando la vita per difenderla, ha salvato tutti. Come diceva don Chisciotte dalla penna di Cervantes: “I tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono eguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita, quando per lo contrario la schiavitù è il peggio male che possa arrivare agli uomini”.

Sulla carta, questa citazione trova l’assenso di tutti, ma i fatti dicono diversamente. I dati raccolti dal Conflict index 2025 – il rapporto annuale pubblicato dall’Acled (organizzazione non governativa che si occupa di monitorare i conflitti nel mondo) – registrano che attualmente nel mondo sono attivi 56 conflitti. Dalla Palestina all’Ucraina, dal Myanmar al Messico, le guerre nel 2024 hanno causato – ed è una cifra stimata al ribasso – oltre 230 mila vittime. Oltre 100 milioni di persone sarebbero state costrette a migrare, sia internamente sia all’estero, per sfuggire alle violenze. Una persona su sei, mentre scriviamo, vive in un’area in cui vi è un conflitto attivo.

Appunto, di tante “liberazioni” abbiamo urgente bisogno. Per non sottovalutare questa impellente necessità e per mobilitarci sempre contro ogni ideologia – di qualsiasi colore o multicolore – è utile far memoria dei fatti e celebrarli: farli cioè rimanere vivi, “parlanti” a ciascuno di noi. Ciò che accadde nel 1945 testimonia che solo una mobilitazione di popolo può vincere anche la più efferata delle ideologie.

Dopo lo sfondamento della Linea Gotica da parte delle forze alleate dei partigiani della Resistenza, il 25 aprile 1945 i soldati tedeschi e quelli della Repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e da Torino. La guerra non era ancora finita (terminerà un paio di settimane più tardi), ma l’inizio della ritirata dei nazifascisti fu considerata l’inizio della vittoria: l’avvio della liberazione da quell’ideologia folle che, dal 1938 al 1945, squartò di orrore il nostro Paese e l’Europa intera.
La guerra terminò qualche settimana più tardi: il 7 maggio, quando a Reims il generale nazista Alfred Jodl firmò l’atto di resa alla presenza del generale Eisenhower e, contestualmente, a tutte le forze tedesche fu inviato l’ordine di cessare il fuoco entro le 23:01 del giorno successivo. L’8 maggio, dunque, è la data che segna la capitolazione incondizionata del regime nazista e la fine della Seconda guerra mondiale. Un anno più tardi, il 22 aprile 1946 – su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi – Re Umberto II decretò che la Festa della Liberazione, ogni 25 aprile, fosse festa nazionale.
La liberazione dalle ideologie – e dalle guerre – è possibile finché ci sarà qualcuno disposto a rischiare tutto per difendere la libertà di tutti.