Se domani tocca a noi

A cura della Redazione

28 maggio 2025. Martina Carbonaro, una ragazza di 14 anni, viene trovata morta ad Afragola, in provincia di Napoli. Poco dopo si diffonde la notizia: Alessio Tucci, il fidanzato diciannovenne che aveva lasciato, l’ha uccisa.
26 maggio 2025, Vasilica Potincu, donna trentacinquenne di origine rumena, viene trovata morta nel suo appartamento a Legnano. Le condizioni del suo ritrovamento sono agghiaccianti, tant’è che ogni dettaglio ricorda una macabra scena di un film, ma fa molto più male perché non è finzione.
Solo in questa settimana sono due i crimini feroci commessi nei confronti di donne. E anche se il fenomeno è drammaticamente frequente, ogni volta ci travolge come la prima.
Ora, non sappiamo ancora se a compiere l’omicidio di Vasilica sia stato un uomo, ma le premesse della cronaca ci danno tutte le ragioni per pensarlo.
Qualche settimana fa è il cosiddetto “caso Garlasco”, relativo all’omicidio di Chiara Poggi del 2007, ad essere al centro di una nuova eco mediatica.
Quando si è riaperto il caso del delitto concluso con la sentenza contro Alberto Stasi, l’accaduto era sulla bocca di tutti, anche perché ciascuno ricordava molto bene cosa fosse successo. Guardando il telegiornale di fianco ad una signora in un bar, le ho sentito dire: «Mi ricordo esattamente dov’ero quando è successo. Ho pensato subito a quella povera ragazza, allora non eravamo così abituati».
Forse, è proprio questo il punto.
Anche se secondo un sondaggio ISTAT del 2023[1] gli omicidi in Italia sono progressivamente diminuiti, le notizie di uccisione di persone di genere femminile erano, una volta, meno frequenti. Oggi invece sappiamo che In Italia ogni due giorni (circa) viene uccisa una donna. Davanti a queste notizie dolorose e a dettagli così spiazzanti, ci si chiede: perché? Cosa possiamo fare ancora? Non ne stiamo parlando abbastanza?
Le risposte – per fortuna – provano a darcele attivisti, giornalisti, sociologi, scienziati, professori. Chi non è esperto di questi temi, invece, può provare a rispondersi guardandosi intorno. E se lo si fa per davvero, ci si accorge che parlare di “follia” è un puro – e comodo – rifugio intellettuale.
Il femminicidio è un fenomeno multifattoriale e complesso, studiato da psicologi e sociologi nel tentativo di comprenderne le radici e prevenirne l’insorgenza: proprio per questo, è essenziale non cadere in certe semplificazioni del racconto mediatico, ma indignarsi della brutalità di questi atti e di tutto il male insensato che sono.
Se domani tocca a noi, non limitiamoci a parlare – solo- di malattie psichiatriche[2] dei perpetratori, uomini “troppo fragili”, o donne “dipendenti”[3].
Parliamo invece di vite all’apparenza normali, di relazioni disfunzionali, di ambienti che normalizzano la violenza. Di un sistema che rende invisibili i segnali. Non parliamo di raptus violenti[4], o di perdita di lucidità. E soprattutto non parliamo di amore. Parliamo piuttosto del fatto che siamo stanche e stanchi di ascoltare storie di soprusi, paura e vite spezzate troppo presto.
Se si ha l’enorme fortuna di poter scegliere per la propria vita e viverla in sicurezza, il 2025 è un buon anno per partecipare a molti concerti. La Fondazione Una Nessuna Centomila, da tempo impegnata contro la violenza di genere, ha promosso un cortometraggio diretto da Anna Foglietta.
È intitolato “È come sembra”[5] e verrà proiettato in apertura di numerosi grandi eventi live estivi.
Il video si apre su un concerto: la folla canta, balla, si diverte. Ma tra la gente, un ragazzo molesta una ragazza. Lei si gira verso l’amica invitandola a spostarsi. Seguono immagini di donne e ragazze nei contesti più disparati: mentre lavorano, camminano, studiano, ridono. E poi, di colpo, si voltano all’improvviso come se si accorgessero di essere inseguite.
Lo sguardo in camera della protagonista è diretto, tagliente: «Non è la prima volta che succede… basta». A quel punto, a turno, tutti – ragazze e ragazzi – urlano: «Basta». Alla fine, una scritta:
«È come sembra, è violenza».

 

FOTO: iStock.com/SuppawatSubcharoensuk

NOTE BIBLIOGRAFICHE

[1] https://www.istat.it/comunicato-stampa/le-vittime-di-omicidio-anno-2023/#:~:text=Sono%20soprattutto%20gli%20omicidi%20degli,82%25%20degli%20omicidi%20di%20donne.[2]

[2] Gli uomini a rischio di comportamento maltrattante possono condividere alcune caratteristiche anche se difficilmente può essere ascritto a questi fattori il potere causale di scatenare la violenza:

  • Milani L., Grumi S., (2023). Psicologia della Violenza di Genere. Vita e Pensiero, Milano
  • Edleson, J. L., Eisikovits, Z., & Guttmann, E. (1985). Men who batter women: A critical review of the evidence. Journal of family issues6(2), 229-247.

[3] https://www.istat.it/it/files/2015/06/Violenze_contro_le_donne.pdf

[4] La Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere ha dichiarato come il raptus sia un concetto inesistente dal punto di vista psicopatologico, spesso utilizzato per giustificare o ridimensionare azioni violente con alti livelli di pianificazione.

[5] https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2025/05/26/e-come-sembra-il-video-contro-la-violenza-sulle-donne_9befc4a5-184c-446c-aec0-f449e2fbdfd6.html