Plasticità cerebrale e apprendimento (come cambia il cervello a ogni età)

Di Bruno Lorenzo Castrovinci
Pedagogista, scrittore, pubblicista e Dirigente Scolastico presso l’Istituto Tecnico Tecnologico “Ettore Majorana” di Milazzo

 

Il cervello umano: questo sconosciuto, o almeno in parte, fino ad oggi. Lo studio delle neuroscienze affascina e ci apre le porte di un universo sorprendente, permettendoci di comprendere meglio i processi esecutivi del nostro agire, del nostro pensare e, perché no, anche del nostro amare.
Viviamo in un mondo in cui ogni essere umano è unico, irripetibile. Un mondo in cui la relazione e l’interazione generano mutamenti infiniti, spesso impercettibili, ma sempre determinanti. Anche in un tempo dominato dall’individualismo, lo stare insieme ci arricchisce, ci trasforma, ci rende diversi da ciò che eravamo solo un istante prima. Perché ogni istante della nostra vita è, di fatto, diverso da quello precedente.
Eppure, nonostante questa continua metamorfosi, restiamo profondamente legati alle nostre routine, al bisogno rassicurante di una stabilità che, in fondo, non appartiene alla vita. L’esistenza, per sua natura, è movimento, cambiamento, evoluzione.
Immaginare il cervello, quindi, come una struttura rigida e immutabile significa ignorare una delle più affascinanti conquiste delle neuroscienze contemporanee. La mente umana non è una macchina programmata per ripetere schemi fissi, ma una rete viva, flessibile, in perenne dialogo con l’ambiente circostante e con il proprio mondo interiore. È capace di apprendere, dimenticare, ricostruire. Ogni esperienza vissuta, ogni informazione assimilata, ogni relazione intessuta lascia un’impronta, riplasma i circuiti neurali, crea nuove connessioni o ne riorganizza di esistenti.
Il cervello non è dunque un contenitore, ma un sistema dinamico e plastico, capace di modificarsi anche in assenza di stimoli esterni, grazie all’immaginazione, al pensiero, alla memoria. Questa straordinaria capacità prende il nome di plasticità cerebrale, ed è il fondamento stesso dell’apprendimento, della memoria, dell’adattamento e persino della guarigione.
Contrariamente a quanto si è creduto per molto tempo, la plasticità cerebrale non è un privilegio dell’infanzia, ma una risorsa che ci accompagna per tutta la vita. Si manifesta in forme diverse a seconda dell’età, delle esperienze, dello stato emotivo e fisico. Comprendere come il cervello si trasforma nelle varie fasi dell’esistenza significa riconoscere che identità, conoscenza e consapevolezza non sono dati definitivi, ma frutti dinamici di un processo in continua evoluzione.
Biologia, emozioni, relazioni e apprendimento si intrecciano in un tessuto profondo e irripetibile, che dà forma a una crescita autenticamente umana, mutevole, sorprendente, mai uguale a se stessa.

 

Un cervello che si trasforma
Il cervello umano è un organo dinamico, sorprendentemente capace di modificarsi in risposta agli stimoli dell’ambiente e di adattarsi a nuove condizioni, interne ed esterne. Questa caratteristica, nota come plasticità cerebrale, rappresenta il fondamento biologico dell’apprendimento, della memoria e della nostra capacità di affrontare il cambiamento. Le sinapsi, ovvero le connessioni tra neuroni, si rafforzano o si indeboliscono a seconda dell’uso, rendendo il cervello un sistema aperto e reattivo. Ogni nuova esperienza, ogni conoscenza acquisita, ogni emozione vissuta lascia una traccia nei circuiti neuronali, modificandone la struttura e l’efficienza. Non si tratta solo di accumulare informazioni, ma di trasformare la propria mente attraverso un dialogo costante con il mondo.
Le ricerche neuroscientifiche condotte negli ultimi decenni, da studiosi come Eric Kandel e Michael Merzenich, hanno dimostrato che la plasticità non è un fenomeno passeggero confinato all’infanzia, ma una proprietà permanente del cervello, anche se con modalità differenti a seconda delle fasi della vita. Durante l’infanzia la plasticità è massima, ma anche nell’età adulta e nella senilità il cervello conserva una sorprendente capacità di rimodellamento, soprattutto se stimolato da ambienti ricchi, da relazioni significative e da un apprendimento attivo e motivato. Comprendere questa flessibilità neuronale significa riscoprire la possibilità di cambiare, di crescere e di imparare a ogni età, in una prospettiva di sviluppo continuo e integrale dell’essere umano.


La plasticità dell’infanzia: potenzialità inespresse
Durante i primi anni di vita, la plasticità cerebrale raggiunge il suo apice in termini di rapidità ed efficacia. I neuroni, ancora in fase di maturazione, stabiliscono miliardi di connessioni sinaptiche in un processo chiamato sinaptogenesi, che avviene a una velocità vertiginosa rispetto a qualunque altra fase della vita. Questa espansione sinaptica consente ai bambini di apprendere con straordinaria facilità e naturalezza, assorbendo informazioni linguistiche, motorie, emotive e sociali con una rapidità che sfugge all’adulto.
Lo sviluppo del linguaggio, della coordinazione motoria, della percezione affettiva e dell’empatia dipende profondamente dall’interazione tra predisposizioni genetiche e stimoli ambientali, in una danza continua tra natura e cultura. È per questo che tale fase è definita periodo sensibile, un intervallo temporale durante il quale il cervello è particolarmente ricettivo a determinati apprendimenti, come l’acquisizione del linguaggio o lo sviluppo della vista binoculare. Tuttavia, questa ricettività comporta anche una maggiore vulnerabilità agli stimoli negativi. Situazioni di trascuratezza, stress cronico, carenza di affetto o relazioni impoverite possono compromettere il corretto sviluppo delle reti neurali, influenzando in modo duraturo il funzionamento cognitivo ed emotivo.
Numerosi studi, come quelli di Lise Eliot e dei ricercatori del Center on the Developing Child di Harvard, mostrano che un ambiente ricco di stimoli affettivi, cognitivi e sociali favorisce la costruzione di una solida architettura cerebrale. Per questo motivo, investire nell’educazione precoce e nella cura della prima infanzia rappresenta non solo una scelta etica ma anche strategica, poiché crea le basi neurologiche per l’apprendimento futuro, la salute mentale e la capacità di adattamento nella vita adulta.


L’adolescenza: riorganizzazione e identità
L’adolescenza è una seconda finestra di grande trasformazione cerebrale, un periodo critico in cui il cervello ristruttura se stesso per affrontare le sfide della maturazione e dell’autonomia. In questa fase si assiste a un processo chiamato potatura sinaptica, durante il quale le connessioni neuronali meno utilizzate vengono eliminate, mentre quelle più attive e funzionali vengono rafforzate. Questa selezione sinaptica, basata sul principio dell’uso e dell’efficienza, consente al cervello di ottimizzare le risorse e affinare le sue competenze cognitive, emotive e comportamentali.
Tale ristrutturazione avviene soprattutto nella corteccia prefrontale, una delle aree più tardivamente sviluppate, ma anche tra le più complesse. Qui risiedono le cosiddette funzioni esecutive, come la pianificazione, la capacità di valutare le conseguenze delle azioni, il controllo degli impulsi, la regolazione emotiva e il pensiero astratto. È anche il periodo in cui si sviluppa la consapevolezza del sé, la riflessione morale e la costruzione di un’identità autonoma, rendendo l’adolescenza cruciale per lo sviluppo del pensiero critico, della responsabilità e della capacità di prendere decisioni.
Numerosi studi, tra cui quelli del neuroscienziato Laurence Steinberg, mostrano che il cervello adolescente presenta una forte plasticità, che lo rende altamente reattivo agli stimoli ambientali e sociali, ma anche più vulnerabile alle influenze nocive. La fragilità emotiva, l’impulsività e la ricerca di gratificazioni immediate sono legate a uno squilibrio temporaneo tra l’amigdala, centro delle emozioni, e la corteccia prefrontale, ancora in via di maturazione. Questo spiega perché gli adolescenti possono oscillare tra comportamenti brillanti e decisioni impulsive.
Offrire ai giovani ambienti educativi stimolanti, relazioni significative, modelli di riferimento sani e occasioni per sperimentare responsabilità e autonomia, significa guidare il processo di modellamento cerebrale in direzione evolutiva. L’adolescenza, quindi, non è solo una fase turbolenta, ma anche una straordinaria opportunità di crescita e di scoperta delle proprie potenzialità.


L’età adulta, apprendere consapevolmente
Contrariamente a quanto si pensava in passato, la plasticità cerebrale non scompare in età adulta. Sebbene i ritmi di apprendimento possano subire un rallentamento fisiologico, la capacità di modificare i circuiti neuronali resta attiva grazie a processi come la neurogenesi, che si verifica soprattutto nell’ippocampo, e la continua riorganizzazione sinaptica legata all’esperienza. In questa fase della vita, l’apprendimento diventa più consapevole, selettivo e strategico poichè l’adulto tende a costruire significati a partire da ciò che già conosce, integrando le nuove informazioni in strutture cognitive più articolate.
Le esperienze pregresse fungono da base interpretativa per i nuovi apprendimenti, favorendo la costruzione di saperi complessi, interdisciplinari e orientati alla soluzione di problemi. Inoltre, la motivazione assume un ruolo cruciale poichè l’interesse personale, la curiosità, il senso di autoefficacia e la percezione di utilità dell’apprendimento incidono fortemente sulla qualità e sulla durata della memorizzazione. In quest’ottica, l’allenamento cognitivo può essere potenziato attraverso pratiche come la lettura critica, la scrittura riflessiva, la risoluzione di problemi reali, il pensiero laterale e la partecipazione attiva a contesti formativi.
Le neuroscienze dimostrano che anche le competenze emotive, metacognitive e relazionali contribuiscono a mantenere il cervello adulto flessibile e reattivo. Coltivare l’empatia, la consapevolezza di sé, la gestione dello stress e la capacità di riflettere sui propri processi mentali stimola aree cerebrali come la corteccia prefrontale e l’insula, rinforzando l’integrazione tra razionalità e affettività. L’età adulta rappresenta, quindi, non un periodo di declino, ma una fase in cui l’apprendimento può raggiungere livelli di profondità, consapevolezza e significato difficilmente accessibili nelle fasi precedenti della vita.


La terza età, tra memoria, resilienza e stimoli
Anche nella terza età il cervello conserva una certa flessibilità, sebbene più limitata rispetto alle fasi precedenti della vita. Alcune funzioni cognitive, come la memoria di lavoro, l’attenzione sostenuta o la velocità di elaborazione delle informazioni, tendono a indebolirsi a causa di un fisiologico rallentamento dei processi neurobiologici. Tuttavia, ciò non implica un inevitabile declino intellettivo, poiché la plasticità cerebrale continua a manifestarsi attraverso percorsi alternativi, strategie compensatorie e una maggiore efficienza delle connessioni residue. L’esperienza accumulata nel corso della vita diventa una risorsa preziosa che consente agli anziani di affrontare compiti cognitivi con una visione più globale, flessibile e riflessiva.
Diversi studi, tra cui quelli condotti dall’Università di Harvard e dall’INSERM in Francia, confermano che l’apprendimento in età avanzata non solo è possibile, ma può contribuire a migliorare l’umore, ridurre l’ansia, prevenire forme lievi di depressione e ritardare la comparsa di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. La stimolazione cognitiva costante, attraverso attività come la lettura, la scrittura, i giochi logici, le conversazioni, l’apprendimento di una nuova lingua o di uno strumento musicale, favorisce la neuroplasticità e può indurre addirittura nuove connessioni sinaptiche.
Inoltre, la socialità gioca un ruolo centrale poiché vivere relazioni significative, essere parte attiva della comunità, sentirsi utili e riconosciuti rafforza non solo il benessere emotivo ma anche la salute cerebrale. Il cervello anziano, se nutrito da stimoli mentali, affettivi e sensoriali adeguati, si mostra sorprendentemente resiliente e capace di apprendere. Riconoscere e valorizzare questa potenzialità rappresenta una sfida educativa e culturale importante in un’epoca in cui l’invecchiamento della popolazione è una realtà crescente.


L’importanza dell’ambiente e dell’educazione
La plasticità cerebrale è strettamente connessa al contesto in cui viviamo, poiché il cervello si sviluppa e si rimodella in costante interazione con l’ambiente. Le relazioni affettive, l’educazione ricevuta, le abitudini quotidiane, il grado di stimolazione cognitiva, emotiva e sensoriale, così come la qualità delle esperienze vissute, influenzano profondamente la struttura e il funzionamento dei circuiti neurali. Ogni parola ascoltata, ogni gesto accolto, ogni attività significativa diventa un’opportunità per rafforzare connessioni sinaptiche e stimolare nuove vie neuronali.
Un’educazione che valorizza l’apprendimento attivo, la riflessione metacognitiva, la creatività divergente, l’intelligenza emotiva e la cooperazione può favorire un potenziamento duraturo e armonico delle competenze. La plasticità, infatti, non riguarda solo le funzioni cognitive, ma anche quelle relazionali ed etiche, e può essere orientata in senso costruttivo grazie a contesti educativi consapevoli. L’ambiente scolastico, il clima familiare, i luoghi di lavoro e gli spazi sociali diventano veri e propri facilitatori o inibitori della crescita cerebrale.
Per questo motivo, è fondamentale ripensare la funzione educativa come una pratica relazionale, culturale e civile che tenga conto delle scoperte neuroscientifiche. La scuola, la famiglia, i contesti formativi e lavorativi dovrebbero considerare la plasticità cerebrale non come un concetto astratto, ma come una risorsa concreta da coltivare, un’opportunità per promuovere lo sviluppo integrale della persona, capace di apprendere per tutta la vita, adattarsi con flessibilità e contribuire attivamente al benessere collettivo.


Conclusione: apprendere per continuare a crescere
Il cervello umano non smette mai di cambiare, e questa consapevolezza ci invita a considerare l’apprendimento come una pratica continua di rinnovamento. Ogni età ha la sua forma di apprendimento, i suoi tempi, le sue potenzialità latenti, che possono emergere o svanire a seconda del contesto in cui la mente si trova immersa. Conoscere la plasticità cerebrale significa riscoprire la nostra capacità profonda di trasformarci, di riformulare ciò che crediamo di sapere, di costruire nuove traiettorie di senso e di azione.
In un mondo che cambia rapidamente, in cui le competenze richieste mutano di pari passo con la tecnologia, l’ambiente e le dinamiche sociali, coltivare la mente non è soltanto un atto di libertà, ma anche di responsabilità. È una dichiarazione di fiducia nel potenziale umano, nella possibilità di crescere nonostante le difficoltà, di evolversi anche quando il tempo sembra esiguo, di imparare a comprendere sé stessi e gli altri. Apprendere non è solo un diritto sancito, né un dovere imposto dalle istituzioni, ma un gesto di cura profonda verso di sé, verso la propria identità, la propria autonomia e il proprio benessere. Significa scegliere, giorno dopo giorno, di non rimanere immobili, ma di continuare a crescere come individui e come collettività.


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