Il cielo è di tutti (una riflessione educativa sull’interconnessione come valore pedagogico)

Di Sabina Galleri e Luisa Ferronato
(Pedagogiste, formatrici e insegnanti di Brescia)

 

 

Negli ultimi anni nei servizi scolastici si è dato particolare rilievo all’educazione all’aperto evidenziando i notevoli benefici psico-fisici che un tale tipo di approccio produce in bambini e adulti.
Tuttavia c’è forse un aspetto più profondo sul quale interrogarsi, un risvolto straordinario che ci spinge a pensare che madre Natura ci stia indicando la direzione da percorrere per rivoluzionare gli obiettivi insiti nell’attuale sistema educativo.

L’intelligenza del bosco
Le nostre riflessioni muovono dalla lettura degli studi della professoressa Suzanne Simard, biologa statunitense che nel 1997 pubblicò su «Nature» un articolo nel quale dimostrava come gli alberi comunicassero tra loro attraverso un’immensa rete di funghi sotterranei. Simard suggeriva che fossero la vicinanza e la collaborazione, la diversità e l’inclusione a garantire la vita, l’ecologia e il benessere dei grandi boschi; un’intuizione che le indagini condotte nei vent’anni successivi hanno ampiamente confermato.
Questa incredibile scoperta ha riscritto il paradigma competitivo nell’evoluzione delle piante. Le ricerche confermano come la foresta non sia la mera sommatoria di singoli alberi, ma un sistema ben più complesso costituito da milioni di interazioni in continua evoluzione. Carbonio, acqua, sostanze nutritive, segnali di allarme e ormoni possono passare da un albero all’altro attraverso circuiti sotterranei. Le risorse tendono a passare dagli alberi più vecchi e più grandi a quelli più giovani e più piccoli; i segnali di allarme chimici generati da un albero preparano gli alberi vicini al pericolo; e quando un albero è sull’orlo della morte, lascia in eredità una quota sostanziale del suo carbonio ai suoi vicini. Questo sistema è definito da Simard «intelligenza del bosco».
Anche Stefano Mancuso, botanico e accademico italiano ha compiuto innumerevoli ricerche sulla saggezza delle piante e le loro capacità di adattamento, rivoluzionando la comprensione del mondo vegetale.
Studiando le capacità di percezione, comunicazione e adattamento delle piante Mancuso ha messo in luce come esse rispondano agli stimoli ambientali, comunichino tra loro e abbiano una sorta di “intelligenza diffusa”. Con il suo concetto di “plant revolution”  per il quale nel 2018 vince il premio Galileo, il neurobiologo vegetale ha reso noto come gli alberi siano in grado di influenzare il comportamento di altri organismi, come insetti e animali, attraverso la produzione di sostanze chimiche, per favorire la loro sopravvivenza e riproduzione. Entrambi gli scienziati hanno contribuito a diffondere l’idea della “Wood Wide Web”, la rete sotterranea di funghi che collega le piante e permette loro di comunicare e scambiarsi nutrienti. I due biologi enfatizzano la complessità e l’ingegno del mondo vegetale che condivide risorse e informazioni. Questo ci suggerisce che la cooperazione, piuttosto che la competizione, è un motore più potente per la sopravvivenza e l’evoluzione.
“Finché la scuola non avrà questa intelligenza, userà solo la lingua dell’utile e dell’efficienza (rendimento, crediti, debiti, competenze…) e non della vita (crescita, maturazione, cooperazione, vocazione…) i suoi «virgulti» spesso appassiranno prima della «maturità»”[1].


Educazione all’aperto
Stare in natura rafforza la cooperazione e la collaborazione tra pari, aiuta a ridimensionare la posizione egocentrica e narcisista insita in ciascuno di noi, riduce le occasioni di scontro tra bambini perché non c’è un oggetto da contendere. Di chi è l’albero? Di chi sono i fiori? Di chi è il cielo? Non è né mio né tuo, il cielo è di tutti. La natura fa un lavoro molto generoso mettendoci in dialogo e consentendo di abbassare i comportamenti antisociali, ridimensionando l’idea di possesso e favorendo la condivisione. Si impara inoltre a tollerare la sana frustrazione che noi non possiamo decidere tutto. L’Outdoor Education aiuta a rallentare e a capire che nella vita non avviene tutto subito, ma ci vuole pazienza.
A questo proposito vale la pena fare una riflessione su quanto le riforme degli ultimi anni abbiano portato alla costruzione di un impianto che mira a formare persone che hanno delle competenze (scientifiche, linguistiche, informatiche…) ma viene a perdersi il senso di una scuola della comunità. “In questo tipo di prospettiva l’inserimento dei ragazzi e delle ragazze con disabilità risulta più faticoso, perché quel tipo di standard è difficile da raggiungere e rischia di far sentire loro – e con essi le loro famiglie – inadeguati. Si parla sempre di più di soft skills e di quelle capacità (empatia, capacità di lavoro di squadra, ecc.) che poi verranno richieste alle persone nel mondo del lavoro, ma quanto di questo trova poi spazio nella valutazione, compresa quella del docente o dell’istituto stesso?
Una percentuale di  genitori,  rilevata  anche dall’indagine svolta con Bva-Doxa, cita il tema del «rendere faticoso il clima in classe» o il «rallentare la didattica» legato alla presenza di bambini con disabilità. Mi verrebbe da dire che se mi muovo sul piano delle competenze didattiche può esserci anche una velocità ridotta, ma quanto si apprende rispetto alla capacità di stare in sistemi relazionali complicati?”[2].


La lumaca Ribelle
Viene alla mente la favola di Luis Sepulveda, la cui protagonista è una lumaca di nome Ribelle che decide di lasciare la sua comunità per intraprendere un viaggio solitario alla ricerca della sua unicità. L’incontro con vari animali la porterà a superare le sue paure e a denunciare isolamento e indifferenza. Scoprirà che le sue compagne sono in pericolo: l’uomo sta distruggendo i prati per costruire strade e case, ma Ribelle riuscirà a intervenire trasformando la lentezza in un vantaggio. Sepulveda fa una critica alla nostra vita frenetica, descrivendo un mondo lento e ricco di dettagli a cui prestare attenzione e cura.
Parlare di lentezza è una sfida anche nella scuola. Una sfida che Zavalloni affronta elaborando la Pedagogia della lumaca: un elogio della lentezza che giunge dalla consapevolezza che rallentare è necessario per goderci la vita ed è il segreto di un valido apprendimento. Le sue strategie didattiche di rallentamento hanno l’obiettivo di rispettare ed evidenziare l’unicità di ciascuno mettendo al centro l’ascolto e il dialogo. Tra i Diritti Naturali che dovrebbero essere garantiti a ciascun bambino/a, il primo è il diritto all’ozio, ovvero il diritto a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti e il diritto alla noia, tempo prezioso in cui non fare nulla.


Valorizzare le diversità
“Si  tratta  di  una  questione politica:  il  mondo reale è fatto di persone di origine straniera, di persone con disabilità e persone fragili. Puoi scegliere di frequentare una scuola «protetta», dove non fare esperienza di vita vera salvo poi confrontarti con il mondo successivamente, ma la scuola deve essere dalla parte dei fragili, con l’idea che la fragilità è una ricchezza e non un impoverimento. Per questo ci crediamo e ci crederemo, senza dire che è tutto bello o tutto facile, ma consapevoli che la valorizzazione della diversità considerata come un valore aggiunto e non come un ostacolo è fondamentale per creare un ambiente educativo che prepari gli studenti per essere cittadini di una società inclusiva e rispettosa di tutti coloro che vi abitano.”[3]
Don Milani parlando degli ultimi diceva: “Qualche volta viene voglia di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più la scuola. è un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile”[4] .
E allora è proprio il momento che la nostra società e la nostra scuola sappiano cogliere il cambio di rotta che madre/maestra natura ci sta indicando.
Tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 ritroviamo la volontà di “Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia, e creare istituzioni efficaci, responsabili ed inclusive a tutti i livelli”.
Pace è un modo di vivere insieme agli altri in armonia con la natura, gli animali e l’ambiente. La scuola deve sostenere la crescita di nuove generazioni di cittadini mossi da valori di giustizia, pace, solidarietà, inclusione e cooperazione, consapevoli che le loro azioni individuali e collettive hanno un impatto nel mondo, stimolando in loro il senso di responsabilità. Pace vuol dire imparare a vivere promuovendo il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di ogni persona, riconoscendo e valorizzando le diversità.
La scuola ha una responsabilità speciale, è il luogo di incontro e di crescita delle persone, un laboratorio di relazioni, una palestra di vita. L’educazione alla pace non è una nuova disciplina, ma dev’essere considerata come lo sfondo dell’intero processo formativo.

 

Gli occhi sul mondo
Quando nel 1960 Gianni Rodari scrisse “Il cielo è di tutti”, lo fece, probabilmente, con il suo consueto sguardo poetico e rivoluzionario. Con l’apparente semplicità di questi versi Rodari proclama una vera dichiarazione dei diritti dell’uomo: uguaglianza, libertà, condivisione della bellezza e delle risorse del pianeta. É una poesia potentissima, che parla di inclusione e ricorda quanto è importante alzare lo sguardo e meravigliarsi.
Il cielo come espressione di ciò che non può essere negato ad alcuno, perchè nessuno può possederlo veramente ed impedirne l’accesso ad altri. Il cielo, come la terra, la natura, l’amore e la pace dovrebbero essere un diritto di tutti.
Un testo sempre attuale, ciclicamente riproposto nelle scuole dei diversi ordini, nei laboratori teatrali, cantata da Bobo Rondelli nel 2009 e da Bungaro e Fiorella Mannoia nel 2021, illustrato da Nicoletta Costa ed edito da Emme edizioni nel 2016, fino all’ultimo evento musicale solidale, del progetto Arena young, svoltosi a Verona nel maggio 2025 che ha coinvolto bambini da tutta Italia, compresi lo Zecchino d’Oro e il Piccolo Coro dell’Antoniano. “Il cielo è di tutti” è un promemoria da ripassare costantemente, un invito a tenere aperti gli occhi sul mondo in senso fisico e sociale. Rodari, com’è noto, non era solo un autore per l’infanzia, le sue parole sono state un tramite per consentire l’attuazione di una pedagogia democratica.

 

Lo sguardo al cielo
Educare i bambini a orientare lo sguardo al cielo, significa educare alla scoperta e alla meraviglia, ma anche all’empatia, alla cooperazione e al senso del bene comune. Sostenitore della pedagogia attiva, Rodari credeva nel bambino come soggetto competente, dotato di pensiero critico e senso di giustizia.
Sono molte le teorie pedagogiche e gli approcci didattici che sostengono la necessità di non limitarsi alla trasmissione di nozioni ma di fornire strumenti per leggere e interpretare la realtà, per formare cittadini dotati di capacità critica del mondo. Nell’Agenda 2030 le Nazioni Unite parlano di attuare un’educazione che promuova la cittadinanza globale e il rispetto per la Terra.Ogni giorno possiamo aiutare i più piccoli a sentire di appartenere a un ecosistema relazionale, in cui le persone e la natura sono interconnesse, come primo passo verso comportamenti sostenibili e responsabili.
Parlare ai bambini del cielo significa parlare della natura, della sua bellezza fragile, e della necessità di prendercene cura, ognuno secondo le proprie possibilità.


Un cielo di pace
In questo momento storico e sociale in cui la guerra torna a occupare gli spazi delle notizie e delle nostre vite, il messaggio di Rodari si fa ancora più potente, poiché sotto lo stesso cielo crescono e sognano i bambini di ogni parte del mondo. Educare alla pace non significa solo parlare della guerra o della sua assenza, ma piuttosto coltivare il dialogo, l’empatia, la gentilezza e la gestione nonviolenta dei conflitti.
Significa immaginare scenari differenti.
La pace, infatti, come sosteneva Maria Montessori, si costruisce nei primi anni di vita, attraverso un’educazione che permetta ai bambini di sviluppare armonia interiore e rispetto per l’altro.
Guardare il cielo insieme ai bambini, soffermarsi sulla forma delle nuvole, sul volo degli uccelli o sulla luce che cambia nel corso della giornata, significa offrire loro esperienze estetiche e sensoriali, necessarie tra le tante, alla costruzione della loro identità e del loro posto nel mondo.
Tra i cento linguaggi di cui parlava Malaguzzi c’è anche lo stupore per ciò che è sopra o intorno a noi, che non possiamo toccare ma possiamo immaginare, cantare, disegnare, esplorare.

 

kalokagathia
Per i più piccoli l’invito a stare all’aperto si traduce nel cogliere il valore dell’inaspettato, di ciò che ci viene donato ogni giorno dalla natura e che l’adulto non può programmare: una pozzanghera, il ritrovamento di un nido, la scoperta di un formicaio… Esperienze che fanno nascere pensieri, riflessioni, domande: i bambini, come piccoli scienziati, indagano, s’interrogano e cercano risposte che condividono con i compagni, in un processo di co-costruzione della conoscenza.
Mentre i bambini sperimentano il pensiero critico e quello divergente, noi adulti restiamogli accanto in modo responsabile, centrati su di loro, lontani dai nostri bisogni, con rispetto, senza giudizio.
Osserviamoli, supportiamoli, prepariamo gli spazi e i materiali che possano gestire in modo autonomo. Insieme a loro esercitiamoci a vedere l’universo nel suo splendore, da punti di vista diversi, superando gli stereotipi, abituando i nostri occhi a meravigliarsi e individuare il potenziale in ogni cosa, a riconoscere il valore intrinseco e apprezzarne l’essenza.
A condividere gratuitamente. Ad andare oltre le convenzioni. A cercare “il bello e il buono in ogni cosa e in ogni persona”, come insegnava Platone, in molti dei suoi dialoghi dedicati alla politica e all’educazione, con il concetto di “kalokagathia”, dove il bello coincide con il bene.
Aiutiamoli, quindi, a trovare l’eccellenza in ogni dettaglio della natura, abbracciando la bellezza imperfetta che è in ognuno di noi.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Cappuccilli M. (a cura di), Platone: tutte le opere, Feltrinelli, Milano 2003.
  • Mancuso S., Revolution plant, Giunti, Firenze, 2017.
  • Rodari G., Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi, Torino 1960.
  • Sepulveda L., Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, Guanda, Milano, 2013.
  • Simard S., L’albero madre, Mondadori, Milano, 2022.

[1] A. D’Avenia, L’intelligenza del bosco, Corriere della Sera, 11 marzo 2024.
[2] F. Serra, L’inclusione scolastica è un mito o un valore?, in ANIMAZIONE SOCIALE N.9-2023 pag. 35.
[3]  F. Serra, Ivi pag. 36
[4] Don Milani L., Lettera a una professoressa, Mondadori, Milano 2017, p. 15.


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