Il lavoro educativo (Sergio Tramma)

Sergio Tramma
Il lavoro educativo. Prassi, prospettive e criticità
Carocci Editore, Studi Superiori, Roma 2024
pp. 171, € 19

Perché scrivere e riflettere sul lavoro educativo nella contemporaneità? Una possibile (e semplice) risposta a tale quesito potrebbe essere che si tratta un’attività necessaria, al fine di continuare a proporre delle riflessioni sul pensiero e sulle prassi connesse a quest’ambito professionale. Fin qui, si potrebbe ritenere di non incontrare particolari ostacoli. Tuttavia, a un occhio attento, le asserzioni formulate sin dalla domanda contengono alcuni elementi affatto scontati. Ed è questa ricerca – sostenuta da uno sguardo critico, non contemplativo ma trasformativo – che anima l’ultimo testo di Sergio Tramma. Un volume non manualistico e neppure esortativo, come ricorda l’autore nell’introduzione, perché si ritiene l’educare come qualcosa di non lineare, sfaccettato e contraddittorio, che necessita dunque di un corpusriflessivo complesso e composito.

Una prima questione, rispetto a quanto scritto in apertura, consta nella necessità, mai acquisita definitivamente, di continuare a collocare qualsiasi processo di formazione all’interno della realtà sociale in cui prende forma. Si tratta, come ricorda l’autore, di osservare il lavoro e i processi educativi nel tempo e nel luogo in cui prendono forma, sortendo da una dimensione micro per osservare – per quanto scomodo possa essere – quello che Antonio Gramsci ebbe a definire in una delle sue lettere il «mondo grande e terribile». Questo ampliamento di vedute, inevitabilmente, porta a confrontarsi primariamente (benché non esclusivamente) con i compiti attuali dell’educazione: con i contenuti, più che con le metodologie; con le finalità, più che con le tecniche didattiche. Nel quadro contemporaneo è il telos, infatti, a distinguere le culture educative più o meno marcatamente neoliberiste da quelle democratiche e progressiste. Posizionarsi in quest’ultima categoria, infatti, significa dover fare i conti con l’annoso tema delle disuguaglianze – in costante aumento dall’inizio della restaurazione neoliberale degli ultimi decenni del secolo scorso – tentando di comprendere i fattori che contribuiscono a definire le biografie e le forme di discriminazione in esse presenti (tra cui, in stretta connessione con il lavoro educativo, lo smantellamento e la privatizzazione del Welfare State). Le discriminazioni e le disuguaglianze, in questo senso, sollecitano la dimensione politica dell’educazione, affrontata nel testo senza nascondimenti né voli pindarici, sulle possibilità dell’educare come principale leva per cambiare il mondo. La riflessione spazia così sulla complessa dialettica tra la riproduzione sociale e l’emancipazione, tra la socializzazione e la messa in discussione dell’esistente.

Un secondo elemento, ancora oggi non scontato, è rintracciabile nella dichiarazione di una connessione tra il pensiero e le prassi educative e un ambito professionale. Il lavoro educativo, oggi, si trova confrontato con una crisi relativa alla presenza e disponibilità di educatori e educatrici, con spinte contraddittorie legate al riconoscimento professionale da un lato e al ripiego su personale non formato dall’altro. Continuare a tenere aperta la riflessione sulla complessa definizione del lavoro educativo e sul suo rapporto con il senso comune, allora, significa interrogarsi criticamente sulle sue origini (sulla storia sociale dell’educazione, per citare Santoni Rugiu), sulle sue prassi e sulle sue prospettive. Ed è il pensiero critico poc’anzi richiamato, forse, a rappresentare un ultimo quanto centrale elemento non pacifico rispetto al lavoro educativo e a chi lo svolge: sui saperi da cui attingere, sulla postura conoscitiva e riflessiva, sulle culture attraversate. Continuare a coltivarlo, fuori dalla nomea di soft skill entro cui spesso viene svilito, rappresenta l’innesco di quella tensione – richiamata nella conclusione del testo – che permette all’educazione di pensare tanto ai grandi orizzonti, quanto all’infinitamente piccolo del quotidiano.

Simone Romeo


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