Figli impermeabili (riflessioni di fine estate in tempi di guerra)
Un consiglio estivo, leggero come una brezza che può diventare uragano: non proteggete i vostri figli dalle tempeste. Lasciateli bagnare. Lasciateli inciampare. Lasciateli vivere.
La loro felicità non è un progetto da gestire con Excel, né una curva di crescita da monitorare con grafici. Calvino, nelle sue Lezioni americane, ci avverte che la leggerezza non è superficialità, ma profondità capace di volare: così dovrebbe essere l’educazione, non un recinto, ma un trampolino.
Sgomberare le nuvole prima che diventino minacciose è il modo più elegante per crescere adulti incapaci di affrontare anche una pioggia leggera. Ian McEwan, in Espiazione, ci mostra come il dolore e gli errori precoci diventino terreno fertile per la coscienza morale: non si cresce evitando le fratture, ma imparando a guardarle in faccia.
Le frustrazioni – quelle piccole e quelle che fanno male sul serio – non si evitano. Si attraversano. Rousseau già ammoniva che l’abitudine a non incontrare mai contrarietà è la radice dell’infelicità. Sally Rooney, nelle sue relazioni fragili e spezzate, racconta con voce vicinissima ai ragazzi di oggi che non esiste crescita senza conflitto, senza silenzi, senza fraintendimenti che costringono a ridefinire se stessi.
Philip Roth, con la sua crudezza in Pastorale americana, ci mette davanti a un’altra verità: i figli non incarnano i sogni dei genitori. Si ribellano, si sporcano, si smarriscono. Non sono impermeabili al mondo – e proprio lì imparano a diventarlo.
La sottile differenza tra iperprotezione e svalutazione? Andrebbe stampata sul retro delle confezioni di latte in polvere, tra le istruzioni per l’uso. Appena arrivi a casa col piccolo te la leggi e poi la attacchi sul frigorifero, così non dimentichi.
Perché crescere un figlio non è costruire un bunker intorno a lui. È insegnargli a leggere il meteo, anche quando il cielo è nero. Come scrive Hesse in Siddharta, la saggezza non si trasmette: si scopre. Il nostro compito non è asciugarli dopo ogni pioggia, ma lasciarli diventare impermeabili senza smettere di sentire il vento sulla pelle.