Il bullismo si combatte PRIMA (Ciao Paolo. Che il tuo nome diventi impegno)
Un ragazzo di 14 anni si è tolto la vita per il bullismo professato come un mantra dai suoi compagni attraverso indicibili nomignoli.
Basta parole di circostanza, basta prediche.
Il bullismo non si combatte con i comunicati stampa o con le commemorazioni, ma prima ( il giorno prima, l’anno prima o il minuto prima … comunque PRIMA perché dopo e’ sempre troppo tardi); si combatte nelle classi, nei corridoi, nelle chat, nelle battute che tutti fingono di non sentire.
Alla scuola, paralizzata dal dolore, mi vien da dire smettete di minimizzare al momento giusto ( PRIMA) . Non sono “ragazzate”. Ogni risata che isola, ogni insulto non fermato, ogni segnalazione ignorata diventa responsabilità.
Ai ragazzi dico con passione : siete voi la vera forza. Non ridete con i bulli, non voltatevi dall’altra parte. Fate gruppo con chi è escluso, difendete chi è fragile. È lì che nasce il cambiamento. Quello di cui un giorno sarete davvero orgogliosi .
Il futuro è semplice: classi accoglienti, differenze riconosciute come ricchezza, gruppi che non giudicano ma includono.
Cosa serve allora ? Servono procedure collaborative, servono Peer education e Patti di corresponsabilità che non si limitino ad ingrossare il paradiso della carta firmata, ma siano davvero strumenti di lavoro comunitario.
Tutto il resto sono alibi.
“Sii tu il cambiamento che desideri vedere nel mondo”, si dice spesso.
Ma Thoreau ci ricorda qualcosa di ancora più radicale:
“Ogni uomo ha il diritto di seguire la propria coscienza, anche se questo significa opporsi alla maggioranza”.
E ancora: “Se ingiustizia c’è, il posto dell’uomo giusto non è in silenzio, ma accanto a chi la subisce”.
Questa è la vera educazione, ragazzi, non seguire il gregge.
Formare coscienze libere, capaci di scegliere il giusto anche quando è scomodo, anche quando è minoranza.
Ciao Paolo.
Che il tuo nome diventi impegno.
POST SCRIPTUM
In queste giornate prestiamo attenzione ai progetti accoglienza delle classi. Vediamo quanta parte c’è nell’esperienza scolastica (così come è stata pensata la scuola) per l’espressione della diversità come “varietà” e non come concetto penalizzante.
La scuola deve diventare il luogo dove, come Thoreau nel suo rifugio a Walden, ogni persona possa sentirsi libera di essere se stessa, senza paura, senza vergogna, senza esclusione.