Formazione e sport. Per passare dal dire al fare

Formazione è una parola magica; la si pronuncia e già ci si sente meglio; non c’è un dibattito, un confronto o un intervento negli organismi dirigenti che non la contenga.

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Non sembrano esserci dubbi sul fatto che la formazione è sempre meno erogazione unidirezionale di conoscenze volta a favorire lo sviluppo di competenze personali e che sta diventando un processo di accumulazione e valorizzazione di conoscenze e saperi condivisi nell’organizzazione. Oggi l’obiettivo della formazione, rinnovata nei contenuti e nelle metodologie, è di affermarsi come capacità di far apprendere, non solo ai soggetti, ma più complessivamente al “soggetto organizzazione”.
In effetti la formazione opera nello sviluppo delle aziende, delle associazioni, degli enti come ?una possibilità per realizzare il possibile?. Una formazione a cui sottoporre dirigenti, tecnici e operatori al fine di dar loro maggiori strumenti per realizzare la mission, oppure per accrescere lo spessore e la qualità del sapere; un sapere da coniugare, da trasformare in ?saper far fare?.
Fino ad oggi la formazione nella Uisp si è affermata più come attività di aggiornamento che non come ?processo di formazione?, cioè come quel processo professionale tendente a garantire standard di qualità il più vicino possibile agli obiettivi aziendali (o associativi come nel nostro caso) attraverso la definizione di alti profili professionali.
Senza dubbio nella Uisp si ?prendono? professionalità già formate e le si sottopongono ad aggiornamento. Soltanto negli ultimi anni si sta affermando l’idea di formazione come percorso, come cultura del sapere distribuito su professionalità diverse e su livelli diversi.
In tale ottica il processo innovativo non può essere gestito altro che tramite iniziative formative permanenti e progettualmente orientate finalmente alla trasmissione di conoscenze, alla definizione di professionalità. Solo così essa assume caratteristiche di qualità che, se mantenute nel tempo, producono un forte avvicinamento fra quelli che in gergo tecnico vengono definiti il profilo in ruolo teorico e il profilo in ruolo pratico.
Ciò che si ha si avvicina a ciò che si dovrebbe avere.
Ma questa logica, per essere realizzata, presuppone alcune condizioni irrinunciabili:

  • i riferimenti
  • la chiarezza sui livelli formativi
  • l’omogeneità dei progetti, delle attività, nonché della formazione come elemento unificante e qualificante
  • la valutazione delle capacità fondamentali previste dai profili in ruolo: tecniche, organizzative e dei valori
  • il coordinamento, o la regia, degli interventi
  • la definizione di obiettivi e di assi di sviluppo su cui la formazione interviene
  • la definizione dei centri di costo economici.

Con queste basi la formazione diviene strumento per realizzare obiettivi associativi, garanzia di qualità, condizione per realizzare lo sviluppo e la crescita anche nella Uisp. Essa assume il valore di “portatrice di innovazione” sia nelle nostre attività tradizionali sia in quelle ancora in fase di progetto, introducendo quell’idea di agente di cambiamento che per affermarsi dovrà portare quel tanto di disagio e di disorientamento, tale da non produrre comunque perdita dei punti di riferimento, perché in tal caso non si affermerà come agente di cambiamento.
Diventa così possibile promuovere innovazione, sopportando le specificità e diffondendo le opportunità.
l’obiettivo diviene quindi quello di sviluppare il massimo delle qualità sia sul piano organizzativo sia su quello dei contenuti. un’azione formativa appoggiata sulla strategia, non ha caratteristiche di neutralità, ma si coniuga con gli obiettivi attesi che vanno verificati con gli obiettivi raggiunti.

I riferimenti della formazione

La formazione si afferma come un processo di apprendimento che tende a modificare il comportamento, come uno sviluppo culturale ed un rafforzamento delle motivazioni all’apprendimento. Detto processo può essere specifico e quindi limitato nel tempo, oppure progressivo e continuo. E’ ovvio che, nell’affermare il concetto della strategia formativa, si pensa ad un percorso lineare e duraturo che si sviluppi nel lungo periodo, individuando elementi di specificità che vengono verificati durante la loro attuazione.
In questo percorso, la centralità della formazione viene intesa come strumento in grado di supportare con i propri meccanismi e con le proprie modalità le linee di sviluppo che la Uisp ha individuato e che intende perseguire.

Si tratta, quindi, di pensare alla politica formativa verso due direzioni:

  • l’organizzazione di formazione per lo sviluppo delle attività
  • l’attività di formazione per lo sviluppo dell’organizzazione.

Nel primo caso, si pensa alla formazione tecnica, nel secondo a quella per i dirigenti.
Con questa impostazione risulta difficile pensare ad una strategia formativa realizzata quasi esclusivamente attraverso l’organizzazione di corsi. I corsi sono solo l’ultimo anello della sequenza. Diventa difficile pensare alla formazione come strumento per risolvere problemi organizzativi, di struttura o di rapporti; può essere un elemento che prepara l’organizzazione ad individuarli o ad affrontarli. La formazione è, infatti, solo uno degli elementi che concorrono al raggiungimento degli obiettivi associativi, così come è solo uno degli elementi attraverso i quali può passare l’affermazione e la diffusione, per esempio, dei progetti.
I materiali prodotti dai convegni Uisp possono essere assunti come livelli teorici di riferimento perché contengono tutte le riflessioni, le intuizioni, gli schemi operativi che ci consentono di passare oggi alle importanti fasi operative.
Essi costituiscono anche stimoli per continuare la riflessione e (per rimanere nell’area del possibile) per trovare nuovi riferimenti da trasformare in linee operative per i prossimi anni, partendo dalla considerazione che non ci si trova di fronte ad una carenza di elaborazioni, ma ad una difficoltà di acquisizione dell’aspetto più prettamente culturale proiettato sulla fase operativa.
In sostanza quindi, non solo corsi, ma percorsi.
l’attività di formazione può diventare, se la si adatta sul piano culturale, non solo
un’abitudine costante ed una pratica consueta, ma anche una pianificazione strategica, attuando una seria analisi della situazione attraverso una grande capacità d’ascolto.
Alcuni anni fa la formazione regionale si trovava di fronte a dislivelli organizzativi, progettuali e di contenuto notevoli.
Dal 1994 sono state gettate le basi per una reale inversione di tendenza nei ruoli dei livelli regionali e provinciali, affermando cosi il concetto di regia.
I comitati regionali definiscono, coordinano e realizzano i piani per la formazione sul loro territorio, individuandone gli organismi preposti e costruendo e aggiornando le banche dati.
Se in funzione della progettazione e dell’organizzazione di un corso è possibile pensare ad una forte elasticità programmatica legate alle esigenze dei territori, anche nell’ambito della stessa attività, progettando percorsi, occorre assumere come parola chiave il termine omogeneità. Questo termine va inteso nel suo significato letterale di “rendere similare, della stessa categoria”.

Omogeneità del prodotto

L’omogeneità del percorso è necessaria non solo per rendere uniformità formativa nelle figure formate, ma anche per chiudere ovunque l’apertura di un divario tra mission e vision. Ad esempio, da più parti vi è univocità di pareri sull’importanza dell’educazione scientifica in funzione dello sviluppo della personalità individuale e della sua ricaduta in un’organizzazione che apprende. Vi è però una notevole discordanza sui termini di educazione scientifica, sui mezzi più idonei per pensarla, per realizzarla, per acquisirla.
un’idea di formazione basata sull’omogeneità delle tematiche, delle motivazioni, degli obiettivi, delle politiche e quindi impostata strategicamente contribuisce a ridurre questa discordanza.
Tale idea di formazione è nei fatti al servizio della Uisp e dei suoi obiettivi, perché lo sviluppo di un’associazione è legata anche al suo piano formativo.
Solo così la formazione diviene asse centrale, assume spessore culturale, sviluppa apprendimento e concorre a realizzare gli obiettivi individuati.

Le capacità fondamentali

Ovviamente, tutto ciò deve partire dalle esperienze reali. Come si legge in un documento sulle attività regionali, è infatti necessario che l’elaborazione dei programmi di formazione dei tecnici e dei dirigenti sia basata sulla situazione di fatto esistente nel corpo sociale dell’Uisp, senza voli di fantasia né programmazioni di retroguardia. Le grandi differenze esistenti tra una regione e l’altra nell’esperienza dell’associazione, nel suo radicamento sociale, nel tipo di sviluppo affermatosi, nella sua proposta, fanno sì che il comitato regionale rappresenti la sede più idonea ad una programmazione funzionale allo sviluppo. Una formazione fine a se stessa, magari basata su riferimenti di avanguardia, che nella Uisp esistono e che vanno ulteriormente incoraggiati, rischierebbe di non essere funzionale all’associazione reale, di non rispondere alle sue esigenze. l’elaborazione dei programmi di formazione deve partire da dove sono fermi i comitati e le leghe territoriali.
E’ necessario che i programmi formativi siano redatti in modo da essere fruibili ai soggetti che nella Uisp hanno la titolarità dell’organizzazione e della gestione delle attività. Quando non si opera in questo senso si aprono contraddizioni difficilmente comprensibili. La sperimentazione avanzata è un vanto dell’associazione, ma essa ha una ragion d’essere se costituisce un’avanguardia verso la quale indirizzare il lavoro in tutta l’associazione.
Partire dall’esistente, oltre che risultare necessario, è l’unica possibilità per sviluppare “le tendenze”, le aspirazioni, il possibile. Tuttavia, partire da quello che si ha non significa non ipotizzare ciò che si vorrebbe avere.
II profilo teorico non si sovrappone al profilo pratico: lo scarto costituisce per quella situazione un possibile piano di sviluppo da realizzare con la formazione.
Partire da quello che si ha, individuare obiettivi e attraverso la formazione, tendere a ciò che si vorrebbe avere, cioè al profilo teorico, eliminando lo scarto esistente, sono il percorso e il fine della formazione.
Ciò è possibile, ma non sempre semplice, operando sulle tre capacità fondamentali individuate come tecniche, organizzative e dei valori.
Alla luce di questo partire dalla situazione esistente nel corpo sociale della Uisp, significa conoscerlo e, attraverso percorsi formativi omogenei, ritornare al territorio, aumentandone le capacità d’ascolto, di reazione, di organizzazione, di qualità tecnica.
Fondamentale è la definizione di percorsi, realizzati dall’organizzazione attraverso corsi, ma non slegati fra loro e fini a se stessi, perché la conseguenza sarebbe il cattivo utilizzo di risorse e riduzione del valore culturale degli obiettivi.

La regìa

Bisogna, dunque, partire dall’esistente e non negare che ci si trova ancora di fronte ad una formazione basata su di un consistente numero di corsi, ma che stenta a decollare come logica di percorsi. Ciò malgrado siano stati condotti nella Uisp regionale utili ed interessanti sperimentazioni.
Da questa consapevolezza parte un’idea di formazione che si pone da una parte il problema di favorire una maturazione culturale diffusa e, dall’altra, quello di valorizzare le situazioni avanzate (laboratori sul territorio). La cosa che sembra più opportuna è adottare la parola “fare” e la dimensione del fare, come simbolo di una prassi quotidiana.
La parola “regìa” è la parola chiave di questo lavoro anche all’interno di un mandato istituzionale ricevuto.
Regìa, perché si è detto che se il progetto formativo è sostegno culturale, per la realizzazione di un obiettivo associativo, l’organizzazione di corsi di formazione è lo strumento per affermare il progetto formativo, comunque.
La realizzazione di una politica sulla formazione non contempla solo la realizzazione di corsi programmati, ma si incrocia con i contenuti delle nostre attività, con la rete Uisp, con la sensibilità dei nostri quadri ai vari livelli.
Ecco che il ruolo della formazione e di chi ne ha la responsabilità primaria contempla l’impostazione di politiche formative sugli obiettivi associativi, il coordinamento delle iniziative, la progettazione e il raccordo tra esperienze, la consulenza e il sostegno alla formazione nei livelli periferici. Insomma, un ruolo di regia.
In questa logica assumono particolare importanza non solo gli organizzatori, ma anche il “perché” dell’organizzare e il percorso entro il quale organizzare.
Il settore regionale ha sviluppato formazione su tre livelli: dirigenti provinciali, dirigenti regionali, presidenti provinciali, indicando per ciascun livello, percorsi, contenuti, possibilità, costi, formatori e possibili prospettive.
E’ questa la metodologia da diffondere, come parte determinante di un processo di apprendimento nel “fare” che è, anzitutto, culturale; ritengo che in questo processo, ottimo sia il senso della misura.
un’ultima riflessione sull’esperienza dei dirigenti va fatta intorno ai costi. Forse eccessivi per qualcuno, forse recuperabili per qualcun’altro, forse addirittura inutili per una parte dell’organizzazione. Anche in questo caso va cambiato il paradigma di riferimento. Scrive Anita Roddik: “Se pensate che la formazione sia costosa, provate con l’ignoranza”. Al di là di questa provocazione credo che sia giunto il momento di convincersi che il costo maggiore per l’organizzazione è il suo non raggiungere gli obiettivi. Quindi, se la formazione è uno strumento per raggiungere gli obiettivi, essa non può essere considerata un costo, ma un investimento il cui ritorno va misurato in termini di maggiori capacità dell’organizzazione nel conseguire i propri obiettivi.

Considerazioni finali

Se la formazione dovrà essere in qualche modo “strabica”, con un’occhio sull’esistente, con l’altro al possibile futuro là dove l’organizzazione stessa un giorno sarà, occorre pianificare, ma soprattutto progettare e agire all’interno
di un modello perennemente in discussione.
Senza questo non c’è azione vera e propria, ma solo attivismo.
Progettare significa ideare qualcosa e studiare i modi più appropriati per la sua implementazione.
l’accento, dunque, deve porsi sull’agire strategico, nell’equilibrio fra tutti i fattori che determinano più complessivamente l’azione della formazione. E quindi obiettivi associativi, azioni, contenuti, competenze professionali, risorse, ruoli, funzioni e responsabilità, organizzazioni, back – home.
l’attivazione di un processo fondato sull’organizzazione che apprende, in ultima analisi, consente sia di poter continuare a contare sul sistema di routine in atto (che non può e non deve azzerarsi), sia l’implementazione di un sistema parallelo fatto di flussi informali, di gruppi di progetto e team temporanei, quand’anche di ruoli-persona, sulla base, ai diversi livelli, delle parole d’ordine di autonomia e responsabilità.
Sistema, questo, maggiormente centrato sull’impegno collettivo e su una tensione diffusa verso il miglioramento generale dell’organizzazione.

* responsabile regionale Uisp dell’Emilia Romagna per la formazione