I bambini possono cambiare le città?
Le città sono sempre meno a misura d’uomo. Men che meno a misura di bambino. C’è una soluzione? La proposta della “città dei bambini”
Negli ultimi decenni le città sono cresciute enormemente e rapidamente, seguendo programmi capaci di prendere in considerazione soprattutto il valore economico dello spazio. In pochi anni, senza un progetto complessivo e senza nessuna preoccupazione per l’arte, la storia e l’ambiente naturale, sono nate le periferie, luoghi di emarginazione e di abbandono. I centri storici, sono diventati luoghi per uffici, fast-food, sedi di rappresentanza, alloggi ricchi e sofisticati.
Lo sviluppo della città è stato guidato dalla filosofia della separazione e della specializzazione degli spazi, delle funzioni, delle competenze. Nelle periferie si dorme e per questo non serve il verde; il verde è nei parchi. Il divertimento ha sede nella zona dei cinema e dei teatri. Poi c’è l’ospedale, il luogo della malattia; l’ipermercato, il luogo delle compere; l’asilo nido, per i bambini… La specializzazione è diventa una forma di giustificazione e di compensazione del malessere che la separazione produce: ai bambini, ai vecchi, che vivono separati dai loro familiari, perché le caratteristiche delle abitazioni, gli orari di lavoro, le distanze, non permettono diversamente, si offrono le risorse e le soluzioni della psicologia, pedagogia, pediatria e geriatria moderne.
La separazione ha prodotto un malessere in tutti coloro che vivono nella città e molti amministratori per lenire questo disagio hanno sviluppato la politica dei servizi. Si vive lontani dal centro, ma ci sono mezzi di comunicazione sempre più rapidi; si hanno i bambini e non si sa dove lasciarli, però ci sono i nidi di infanzia, le scuole materne, le ludoteche. Una politica di sensibilità e di attenzione ai bisogni delle persone, ma che nasconde una grande rassegnazione perché non si pensa di cambiare la città, ma di attivare solo le strategie più utili per gestire il disagio prodotto dalle caratteristiche negative dell’ambiente.
La soluzione privata, individuale
Per trovare una soluzione a questa condizione di malessere, non risolto dallo sviluppo della politica dei servizi, apparentemente si possano attuare due diverse strategie: una privata, personale, e una sociale, politica, cooperativa.
La prima, sponsorizzata dalla nostra società, dai suoi mezzi di comunicazione, dai suoi tecnici e dalla produzione commerciale è quella che giustifica la situazione attuale come conseguenza inevitabile del progresso. Le case permettono di visualizzare in modo efficace la strategia della difesa attuata in risposta alla pericolosità dell’ambiente. Le abitazioni sono organizzate come se fossero delle fortezze e dei rifugi: fuori c’è il pericolo, il traffico, la droga, la violenza; dentro la sicurezza, l’autonomia, la tranquillità. Le porte vengono blindate, si mettono videocitofoni, norme condominiali impediscono l’entrata agli estranei. Dentro le abitazioni c’è tutto quello che serve a stare bene, da soli, anche per molto tempo. Il bambino non ha più un suo tempo libero e per non farlo restare sempre a casa, si iscrive al corso di nuoto, di chitarra, di inglese.
La soluzione sociale: ripensare la città assumendo il bambino come parametro
La qualità della vita nelle città è un problema sociale e politico che richiede una soluzione complessa che non può essere affidata solo alle scelte individuali.
Il progetto “La città dei bambini”(1) si rivolge come interlocutori privilegiati agli amministratori delle città ed ha come obiettivo quello di promuovere un progressivo cambiamento dell’ambiente urbano per prevenire, e annullare il disagio sociale.
Finora la città è stata pensata, progettata e valutata assumendo come parametro un cittadino medio, che si identifica con un adulto, maschio e lavoratore. In questo modo lo sviluppo della città non ha tenuto conto delle esigenze e delle aspettative di tutti i cittadini non adulti, non maschi e non lavoratori.
Il progetto propone di assumere il bambino come parametro per lo sviluppo dell’ambiente urbano. Non si suggerisce di realizzare più interventi assistenziali in favore dell’infanzia, ma di abbassare l’ottica della amministrazione fino all’altezza del bambino, per non perdere nessuno. Di accettare la diversità dei bambini quale garanzia di tutte le diversità di imparare ad ascoltare e a comprendere i bambini, per essere capace di capire tutti. Si ritiene che una città adatta ai bambini offra una migliore qualità di vita a tutti i suoi abitanti.
Un Laboratorio “La città dei bambini”
Lo sviluppo de “La città dei bambini” necessita di un gruppo di lavoro locale, che assuma il compito di progettare gli interventi e di promuoverne la realizzazione coinvolgendo il sindaco e gli amministratori. Il progetto, infatti, non deve essere percepito come un impegno specifico di chi tradizionalmente si occupa dei bambini, ma di tutte le competenze della città, da quelle urbanistiche e del traffico a quelle culturali e dei servizi sociali. Il progetto ha bisogno anche di una sede che sia “luogo” di incontro e di scambio per i vari soggetti che in quel territorio si occupano di infanzia, per i cittadini e naturalmente per i bambini. Il Laboratorio è il luogo in cui si incontrano i bambini per discutere e progettare ed è il luogo in cui vengono raccolte, valorizzate, e difese le loro proposte.
La parola ai bambini
Se si adotta il bambino come parametro per ripensare e cambiare alla città, la più importante scelta da farsi è quella di permettere ai bambini di esprimere le loro opinioni, le loro esigenze, le loro aspettative. Perché il contributo dei bambini sia significativo occorrono alcune condizioni: che l’adulto senta il bisogno di avere il contributo dei bambini e che di conseguenza, sappia mettersi in atteggiamento di ascolto e di corretta interpretazione di quello che i bambini dicono; che i bambini possano esprimersi sulla città, partendo da quello che conoscono per esperienza personale; che si voglia tenere conto delle proposte infantili.
l’attivazione di un Consiglio dei bambini e la realizzazione di esperienze di progettazione partecipata consentono ai bambini di svolgere un ruolo attivo nella trasformazione della città. Non si tratta di offrire ai bambini l’opportunità di imitare i comportamenti degli adulti in un Consiglio comunale in miniatura o di delegare ai bambini il compito di progettare parti della città, ma di garantirsi il loro punto di vista, attivando forme adeguate e reali di partecipazione.
“A scuola ci andiamo da soli”: una prima esperienza concreta di autonomia
Un esempio delle modalità con cui la scelta del bambino come parametro può produrre un cambiamento delle caratteristiche della città è offerto dall’esperienza “A scuola ci andiamo da soli”, che ha l’obiettivo di consentire ai bambini delle elementari di andare a scuola e di tornare a casa a piedi, insieme ai loro compagni, senza l’accompagnamento degli adulti. E’ un’esperienza piccola rispetto all’esigenza di autonomia dei bambini, ma è un modo per aprire un varco negli atteggiamenti iperprotettivi delle famiglie e nella sfiducia sociale generalizzata.
l’iniziativa è stata realizzata in alcune delle città che hanno aderito al progetto “La città dei bambini” e per avviarla, sono stati coinvolti i diversi protagonisti della vita del quartiere. Naturalmente sono stati coinvolti i genitori e con loro si è discusso dell’esigenza di autonomia dei bambini e del pericolo creato dalle auto loro quando accompagnano i figli a scuola. Si sono ascoltate le loro preoccupazioni e avviati vari confronti con diversi soggetti sociali per poter ridurre i loro timori. Si sono coinvolti gli insegnanti perché valorizzassero il significato di questa iniziativa sia come proposta di educazione ambientale finalizzata ad una conoscenza diretta dell’ambiente di vita, sia come attività di educazione stradale, mirata alle competenze reali da mettere in atto per muoversi nella città con sicurezza. Una preoccupazione dei genitori era legata alla consapevolezza della scomparsa del vicinato. Si doveva, quindi, attivare una rete di attenzione e solidarietà sociale e per raggiungere questo obiettivo si sono
coinvolti i vigili urbani, gli anziani, i commercianti chiedendo loro di diventare dei punti di riferimento per i bambini. Il principale timore dei genitori riguardava la pericolosità legata al traffico. Il Comune di Fano, la prima città che ha realizzato questa esperienza, ha prodotto una segnaletica sperimentale, ha attuato degli interventi sui punti di maggiore pericolo e ha stipulato una convenzione con un’associazione di anziani per garantirsi la presenza di un adulto in alcuni incroci pericolosi.
l’esperienza, valutata positivamente dai bambini e dagli adulti, ha prodotto un forte aumento degli alunni che vanno a scuola da soli e ha innescato un cambiamento, anche se limitato, delle caratteristiche fisiche e sociali della città.
Un gruppo di ricerca nazionale
Il progetto “La città dei bambini”, nato nel 1991 a Fano, è stato adottato da circa trenta Comuni italiani, da alcuni municipi della provincia di Barcellona in Spagna e da alcune città argentine come Buenos Aires e Rosario. Per supportare lo sviluppo del progetto, mettendo a disposizione delle città aderenti consulenti, strumenti di coordinamento e di comunicazione e per studiare gli effetti del progetto sulla trasformazione delle città, si è costituito il Gruppo di ricerca “La città dei bamini”(2).
Ripensare la città
Ripensare la città, per renderla adatta a tutti, anche ai bambini, è una necessità urgente, non per tornare indietro, ad esperienze di una infanzia vissuta in una città che non c’è più, ma per prepararsi ad un futuro diverso, progettato, non controllato esclusivamente dalla produzione commerciale, né dominato dalle automobili o dallo sviluppo di servizi assistenziali.
Lo sviluppo del progetto “La città dei bambini” richiede un cambiamento radicale dell’ambiente urbano e per questo può essere considerato utopistico. Ma la vera utopia non è forse quella di credere che sia ancora possibile il percorso senza futuro che le città hanno intrapreso?
*Gruppo di ricerca “La città dei bambini”,
Istituto di Psicologia del CNR, Roma
Note
1 Per una descrizione dettagliata del progetto si può consultare: F.Tonucci, La città dei bambini, Laterza, Bari, 1996.
2 Gruppo di ricerca “La città dei Bambini”,
Istituto di Psicologia del CNR, via U.Adovrandi, 18 – 00197 Roma, telefono: 06/3221198; fax: 06/3217090;
e-mail: cittbamb@irmkant.kant.rm.cnr.it