Il buio, i mostri e altri timori

Il presente contributo deriva da esperienze di laboratori condotti da Hamelin Associazione Culturale in varie città d’Italia nel corso del 1999 e di questo inizio 2000. Tali laboratori, indirizzati ai bambini delle scuole elementari, sono l’espressione operativa della guida bibliografica “La prima volta che” “Buffe, strane, imprevedibili emozioni nei libri per bambini”. Tra le varie “emozioni” in cui è suddiviso quello strumento, in questa occasione verrà analizzata la paura attraverso la descrizione fattane dai bambini.

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“La paura è una cosa difficile da combattere tant’è vero che non si vede ma si sente”. E’ una bimba di nove anni a scrivere questa frase, una frase profonda ed estremamente inquietante se interpretata tenendo ben presente lo sguardo della piccola allieva di una scuola elementare di provincia. La paura è qualcosa di penetrante, di ostile, di indecifrabile che sale addosso, avvinghia facendo accapponare la pelle e penetrando nelle ossa. E’ un’emozione, se così possiamo definirla, infida e subdola perché, invisibile agli occhi, aggredisce di soppiatto e si rivela nel più profondo della propria esistenza, scuotendola e, a volte, devastandola. Forse è proprio per questo motivo che i bambini, ma anche gli adolescenti, sono attratti dalle storie di paura e dall’horror che di quelle è un potente derivato. Chi opera nel mondo dell’infanzia e dell’adolescenza sa che, quando viene il momento di narrare una storia, attraverso uno qualsiasi dei media, la richiesta da parte dei ragazzi è quasi sempre la stessa: “vogliamo un racconto da brivido, un racconto di paura”. Spesso si tratta di una provocazione, quasi di una sfida che si spera, ma si dubita, venga accolta. I bambini sanno che “i grandi” non amano parlare di paura e per darsi una spiegazione del perché questo accada formulano ipotesi bizzarre. un’idea ricorrente è quella che la paura sia una dimensione infantile destinata a scomparire quando si diventa adulti. La realtà, noi sappiamo, è molto diversa e spesso è proprio quell’emozione così oscura e indecifrabile a non permettere al genitore, all’insegnante o all’adulto in genere un dialogo con i più piccoli.
Quando, però, si riesce a rompere la barriera e a mettersi in gioco, si creano situazioni magiche e irripetibili. Le storie, quelle contenute nei libri, nei film, nei fumetti, nei videogiochi, ma anche nel proprio vissuto, sono il vero e forse l’unico viatico verso la scoperta, la rivelazione e, talvolta, il superamento delle proprie paure. Paure che, per i bambini, sono reali, concrete, onnipresenti. Ogni cosa, anche quella apparentemente più innocua, può essere fonte di terrore: alla richiesta di portare un oggetto che simboleggi la propria paura molto spesso i bambini del secondo ciclo delle scuole elementari recano innocui peluche che di notte si trasformano in esseri mostruosi e seminatori di morte. Ma se già orsacchiotti, tenere paperelle e innocui Bambi possono scatenare terrori improvvisi, mostriciattoli, Godzilla di tutte le dimensioni e dinosauri di ogni forma provocano, qualche volta reazioni stravolgenti. Questi oggetti, tanto esibiti e ostentati di giorno, sono fonte inesauribile di incubi la notte. Un particolare significativo che emerge dai laboratori è che spesso tali mostri sono regali non esplicitamente richiesti dai bambini, ma doni improvvisati dagli adulti.
Qui non si sta parlando di censura, di evitare di acquistare e regalare mostri e alieni, ma semplicemente si cerca di dare un suggerimento, quello di dialogare di più con i piccoli, di farsi partecipi delle loro emozioni, delle loro paure e inquietudini magari usando come catalizzatore proprio la lettura o la narrazione di una storia. Solo così, infatti, gli adulti possono ricordare una cosa che i bimbi sanno benissimo: “le vere, terribili, fascinose storie non accadono nell’Altrove, ma nel Qui. L’orrore, l’angoscia, la paura, non abitano in contrade remote dai nomi fascinosi, si trovano subito, in fondo alla strada, sono dietro all’armadio, oltre il giardino, nel boschetto, fin troppo curato, dei vicini2”. E, potremmo aggiungere, ogni singolo luogo frequentato dai bambini può diventare horrorifico.
Per comprenderlo meglio si può lasciare la parola ad una bimba di dieci anni che, in un breve testo, spiega: “Ogni giorno, finito il compito, ho un terrore: io voglio giocare e i giochi sono in terrazza che è abitata da centinaia di insetti. Io ho il TERRORE degli insetti. Sono così viscidi, sporchi e quando spiccano il volo sono davvero TERRIBILI – Un giorno avevo alzato un gioco per metterlo a posto quando, ecco che un terribile mostro alato spicca il volo: io mi sono messa a strillare come una che ha visto una dozzina di fantasmi”. Un’altra bambina, di nove anni questa volta, spiega e approfondisce: “Quando ero più piccola avevo paura che esistessero i fantasmi e i mostri; avevo una gran paura di stare al buio, appena scendevo dal letto mi mettevo a correre verso la cucina dove la luce è quasi sempre accesa. Avevo paura che sotto al letto ci fosse un mostro invisibile che se non uscivo in fretta dalla camera, mi prendeva il piede e mi faceva cadere. Quando diventai un po’ più grande, mi piaceva guardare in televisione un programma dove facevano vedere storie di paura. Una sera hanno trasmesso la storia di uno spaventapasseri che di giorno restava impalato nell’orto, mentre di notte, se desideravi che facesse qualche cosa lui obbediva, ma se non gli ordinavi niente, lui andava in giro a cercare la gente da uccidere. Mi faceva un po’ paura quello spaventapasseri. Una sera tirava un venticello freddo come nel telefilm all’inizio del programma. Avevo una gran paura, credevo che da un momento all’altro arrivasse lo spaventapasseri”.
La piccola Giada, forse inconsapevolmente, ci conduce in una zona dell’immaginario infantile piena di stimoli, ma anche di incognite, dubbi, misteri e terrori: la televisione. Il mondo della televisione è il vero e proprio regno dell’immaginario dei bambini. Benché sia spesso diluita dal raffronto con gli adulti e con le esperienze della vita quotidiana, le immagini televisive regnano incontrastate non solo sulle paure ma, quasi, su tutta l’esistenza del bambino. La televisione è un canale privilegiato attraverso il quale passano molte delle sue esperienze e un filtro potentissimo che qualche volta permette e spesso, purtroppo, ostacola, il riconoscimento della finzione dalla realtà. Mi torna in mente, a questo proposito, un bambino di quarta elementare che dichiarava di avere paura dei lupi mannari. Il bambino, che probabilmente aveva visto un episodio di X-file perché raccontava di un film nel quale due agenti dovevano risolvere un caso di licantropia, continuava a sostenere che i protagonisti avevano dimostrato scientificamente l’esistenza dei licantropi. “Sono casi rari – diceva il bambino soddisfatto – ma una volta su un milione è possibile che un uomo possa trasformarsi in lupo”. A nulla sono servite le rimostranze dei compagni di classe diventati estremamente lucidi e razionali, dal momento che si trattava della paura di Stefano, il bambino solitamente più informato, che parla come un libro stampato e trascorre il tempo libero a leggere enciclopedie. Il bambino li guardava con superiorità come se fosse l’unico essere in grado di comprendere la verità delle proprie affermazioni. In fondo, sembrava dire quello sguardo autoritario, se l’avevano detto due agenti in televisione, nessun dubbio poteva essere sollevato. Lo schermo televisivo rappresenta oggi, come i racconti popolari un tempo, una fucina di immagini da cogliere, rielaborare, interpretare a seconda del momento e della propria disposizione ad acquisire stimoli.
Sarebbe assolutamente sconsiderato e totalmente inutile proibire le storie di paura per “salvaguardare” la serenità dei piccoli perché “in fondo l’orrore è proprio quella presenza indispensabile, quel momento essenziale della conoscenza, quell’ottica con cui guardare il mondo che, dalla storia della letteratura per l’infanzia, è giunta fino a Stephen King”3 il grande “Raccontafiabe dell’Occidente”, come lo definisce Antonio Faeti.

Note bibliografiche

1Hamelin
Associazione Culturale a cura di, “La prima volta che – Buffe, strane, imprevedibili emozioni nei libri per bambini”, Cesena, Società Editrice Il Ponte Vecchio, 1999
2Antonio Faeti, La casa sull’albero. Orrore, paura, mistero, infanzie in Stephen King, Trieste, Einaudi Ragazzi, 1998, pp. 12-13
3Antonio Faeti, Op. cit., Trieste, Einaudi Ragazzi, 1998, pp. 154-155