Un approccio precoce alla seconda lingua

Un approccio precoce alla seconda lingua trova la sua principale motivazione nella curiosità che i bambini mostrano per la comunicazione attraverso il linguaggio.

Osservando un bambino in età prescolare nei momenti di gioco spontaneo, si nota come spesso si diverta a caratterizzare i personaggi nei quali si identifica utilizzando variazioni del tono, del timbro della voce e con modalità linguistiche ed espressioni apprese dagli adulti o dai mass-media. Un’ulteriore motivazione è legata alla molteplicità delle situazioni con cui i bambini vengono a contatto utilizzando la nuova lingua.
Poiché il bambino ha un codice linguistico non completamente strutturato, è pronto ad accogliere qualsiasi variazione con estrema flessibilità e naturalezza, facendola propria e utilizzandola come appartenente al suo ambito di comunicazione verbale. Il bambino risulta infatti più condizionato dall’aspetto pragmatico e comunicativo del linguaggio che da quello fonologico e sintattico.
Tutte le insegnanti che hanno sperimentato un approccio alla seconda lingua, sia durante la scuola materna che nel primo ciclo di scuola elementare, sono rimaste sorprese dall’estrema duttilità e disponibilità dei loro alunni a sperimentare linguaggi nuovi e ad esprimersi secondo moduli ed espressioni frasali diverse dal consueto.
Negli anni Sessanta, con la diffusione della televisione e dei mass-media, la lingua italiana ha subito l’influsso di vocaboli stranieri che si sono ormai amalgamati al linguaggio comune e fanno parte dell’ambito linguistico quotidiano del bambino: il linguaggio del computer, quello sportivo, la pubblicità, i cartoni animati… sono alcuni degli esempi più evidenti.
Essere a pieno titolo cittadini europei esige una confidenza con la lingua straniera che permetta di non sentirsi estranei nei paesi della Comunità. La padronanza di un’altra lingua ci apre al cosmopolitismo culturale fornendoci più strumenti per sviluppare la comunicazione.
Conoscere una lingua significa comprendere che esistono altre storie, altri contesti, altri bambini che con parole diverse manifestano esigenze e significati uguali.
I bambini intuiscono così l’esistenza di realtà parallele, diverse dalle loro e nelle quali, una volta appresa la chiave, possono inserirsi a creare così magicamente una dimensione alla quale potersi avvicinare e partecipare.
Molti sono gli strumenti cui possiamo attingere in modo che i bambini si avvicinino a questa realtà fisicamente lontana e tuttavia familiare: video, fiabe, canzoni, rhymes e brevi storie in lingua originale opportunamente illustrate
e di facile comprensione. Il bambino è così guidato a inserire la seconda lingua nel proprio immaginario creando in lui il desiderio di conoscerla sempre meglio e a farla diventare una parte di sé. A tale proposito riteniamo utile riprendere Winnicott secondo il quale vi è un’area intermedia del vissuto a cui contribuiscono sia il mondo interno che esterno, uno stato intermedio in cui si colloca l’illusione. In questo contesto si inserisce il concetto di rappresentazione del gioco nei bambini che l’autore vede come una riduzione dello spazio potenziale tra il sé e l’ambiente, per lo sviluppo della partecipazione al mondo e della sua capacità culturale. E’ questo uno sviluppo che passa direttamente dai fenomeni transizionali al gioco, dal gioco individuale al gioco in comune e da questo alle esperienze culturali. Ciò significa che vi è un diretto legame tra il gioco e l’acquisizione di concetti e atteggiamenti culturali appresi anche in una lingua differente da quella materna. Nel momento in cui il bambino impara a strutturare autonomamente brevi frasi e a comprenderne il significato, è in grado di interagire e comunicare in situazioni e contesti linguistici diversi: da un approccio prettamente ludico passa ad uno linguistico, dando particolare significato al valore comunicativo e semantico della seconda lingua.

*insegnante elementare 2° lingua, aggiornatrice IRRSAE
*dirigente Pubblica Istruzione Comune di Pavia