Canterò

Paolo Jannacci

Canterò

Ala Bianca, 2019

Pur essendo il suo primo album da cantautore, non si tratta di certo di un esordiente in campo musicale. Paolo Jannacci, infatti, è un musicista a tutto tondo. Oltre ad aver vissuto sulla propria pelle, e forse averlo in qualche modo ereditato, il talento cantautorale del padre Enzo (e ad aver contribuito ai suoi arrangiamenti dal 1994 al 2013), il milanese polistrumentista (pianoforte, fisarmonica e basso) ha pubblicato sei album jazz ed ha collaborato a vari progetti in ambito televisivo, cinematografico, pubblicitario e teatrale. Alcune di queste collabora- zioni si ripresentano nel primo disco da cantautore di Jannacci, Canterò, grazie al rapporto di amicizia instaurato dall’autore stesso. Ecco come, per esempio, nasce il brano iniziale, nonché title-track, Canterò, scritto a quattro mani con il giornalista Michele Serra. In Troppo Vintage il rap di J-Ax fa da contraltare a sonorità anni 80’. Si apprezza poi in Mi Piace, la voce del comico Claudio Bisio, con il quale il pianista aveva condiviso il palco nella trasmissione televisiva Zelig. Un tocco di nuovo lo si nota con L’Unica Cosa Che So Fare, brano registrato con il duo rap Two Fingerz, Danti (Daniele Lazzarin) e Roofio (Riccardo Garifo). Un tocco di vecchio, invece, è inevitabile andando a riprendere le canzoni di suo padre Enzo, E Allora… Concerto e Fotoricordo… Il Mare, e una di Luigi Tenco, Com’è Difficile. Paolo ha così motiva- to questa scelta: “Ho scelto questi pezzi per il semplice piacere di cantarli, il brano di Tenco lo avevo già provato con il papà per un disco che poi non è mai uscito. Un brano che mi ha sempre stregato e che mi ha dato la possibilità di partire, perché è il primo che ho cantato davanti ad un pubblico importante in occasione della trasmissione in suo onore condotta da Fabio Fazio. Le altre 2 sono canzoni che ho visto nascere e con cui sono cresciuto, assimilando quell’energia. Per me era importante non finissero nell’oblio, perché sono i cosiddetti brani minori, a cui sono legato perché nel bene e nel male mi hanno forma- to”. A completare l’opera, il lento ed intimo jazz di Cose Semplici, la sonata al pianoforte di Alla Ricerca Di Qualcosa e l’ironico ed allegro rock & roll all’italiana di Pizza. A detta dell’autore, Canterò è un disco che mette in sintonia tre generazioni diverse che lo coinvolgono in qualche modo: “La prima generazione che inevitabilmente mi ha influenzato è stata quella del papà e dei suoi colleghi, da Giorgio Gaber a Umberto Bindi, passando per Sergio Endrigo, personalità talmente importanti dal punto di vi- sta creativo che mi hanno segnato. Poi ci sono stati miei ascolti, la seconda fase, quella con cui mi sono formato, un suo- no molto americano tipico della West Coast, un certo tipo di rock con i suoni ben definiti. Infine la terza generazione, quella attuale, espressa dalla contemporaneità e che può essere riassunta dal mio rapporto con Danti o con J-Ax, con i quali ci si cimenta in esperimenti sia sonori che linguistici, tipo il cambio di accenti, la destrutturazione delle frasi e delle parole tipica del rap”. Immancabilmente, un lavoro così variamente ispirato a livello generazionale non può che comprendere molteplici categorie di pubblico a cui rivolgersi: “Mi piacerebbe arrivare a chiunque abbia voglia di ascoltare e di trascorrere una quarantina di minuti insieme a me, ad un certo tipo di musica fatta di qualità e di cuore”, dice lui stesso, “Il mio pubblico è veramente eterogeneo, suono con piacere per la signora che seguiva mio papà sia per l’adolescente che mi ha visto sul palco con J-Ax. Entrambi per me sono identici, meritano lo stesso impegno e la stessa professionalità”. Un album realizzato con il cuore, sen- za doverci meditare su eccessivamente. Canterò nasce non da una necessità compositiva, bensì da una volontà di raccontare storie di vita esprimendosi tramite la musica ed un velo d’ironia. Questa è l’unica cosa che accomuna il lavoro del figlio a quello del padre. Per il resto, le differenze ci sono ed è giusto che ci siano. In definitiva, per essere la sua prima raccolta di canzoni, si tratta certamente di un’opera variegata e cu- rata, “un inizio di cui vado molto fiero”, come ammette lo stesso Paolo.